Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Decerebrati d’Italia, Uniti

Decerebrati d’Italia, Uniti

di Ernesto Ferrante - 01/05/2013




 
Di respirare la stessa aria dei secondini del potere non ci va, perciò abbiamo deciso di rinunciare alla nostra ora di libertà. Si può vivere agiatamente di pedopornografia mediatica, mandando in onda il dolore di una famiglia straziata dalla crisi o annaspare fino all’ultima stilla di sudore ed energia, come orgogliosamente preferiamo fare noi, per dar voce al paese profondo, quello che rifiuta di farsi lobotomizzare nella clinica del pensiero unico e non ha paura di chiamare le cose con il loro nome.
Non è più tempo di luci soffuse e parole ovattate. Lo schifo è schifo e tale rimane anche se lo si chiama candore di segno diverso.
Un milione di italiani senza redditi da lavoro, quattro milioni di poveri, un suicidio ogni due giorni, una pressione fiscale al 44 per cento e c’è chi ancora continua a fingere lo stesso stupore di una verginella nel bel mezzo di un’orgia. Tra l’Italia e il Bahrain, vi sono pochissime differenze, piaccia o non piaccia.
Se i petrodollari permettono di conculcare le libertà tra lingue umide e gemiti servili, le petofiches, tanto care al politicume di casa nostra, non si prestano certo ad utilizzi più nobili. E per di più sono anche maleodoranti. Roba da rendere profumata come un Arbre Magique anche la celeberrima centesima venalium di Vespasiano. Però almeno dall’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati, veniva ricavata l’ammoniaca necessaria alla concia delle pelli; i profluvi di questi giorni, invece, oltre ad ammorbare l’aria, causano anche l’insorgenza di prolassi urogenitali in chi ha l’ardire di prestarvi orecchio.
Il doppio cordone di sicurezza intorno ai palazzi del potere e le scorte generosamente rimpolpate a protezione di parlamentari e ministri, dopo l’austerità e la sobrietà strombazzate nei giorni scorsi, aiutano a collocare meglio, nel tempo e nello spazio, la sparatoria fuori Palazzo Chigi e ad ipotizzarne i legami con quella “Provvidenza” laica che aiuta sempre i regimi nei momenti di maggiore difficoltà. In attesa dell’entrata in azione dell’Eurogendfor, casermisti e specchiettisti lustrano manganelli e catene, d’acciaio e di carta.
Si grida “al lupo al lupo” e intanto si istiga chi è disperato per indurlo prima a schiumare di rabbia e poi ad aggredire alla cieca. Mentre al carnevale di Roma sfilano i soliti noti, nella nostra mente risuonano ancora le parole di una vecchia, meravigliosa canzone di Faber: “Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza, però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”. Ma guai a dirlo al popolo bue: c’è il concertone del 1 maggio alle porte!