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nulla di più ingiusto e non di rado di più dannoso della forzata uguaglianza dei diseguali

di Francesco Mario Agnoli - 01/07/2013

   Il 26 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti,  dichiarando incostituzionale il Defense of Marriage Act, che definisce il matrimonio l'unione tra un uomo e una donna, ha dato  via libera al matrimonio fra persone dello stesso sesso. Trionfante, il presidente Obama ha dichiarato che “si tratta di una vittoria  collettiva, la vittoria della libertà di tutti”.

    Toni trionfalistici  anche in Italia da parte  delle lobby omo-progressiste e al tempo stesso  rammarico perché l'Italia è rimasta indietro, tarda ad adeguarsi all'esempio della Francia, degli Usa e di molti  altri paesi dell'Occidente. E' la posizione della filosofessa e deputata PD   Michela Marzano, che in un  articolo pubblicato da Repubblica definisce l'Italia “ultima della classe in Occidente in tema di diritti e libertà individuali” per l'assenza “di una legge non solo sui matrimoni gay ma anche sui reati di omofobia e  transfobia”. Per la Marzano “il problema dell'Italia, in cui alcuni diritti non sono ancora accessibili a tutti, è proprio quello della mancanza di .libertà e di uguaglianza”.

      Al contrario totalmente critica sulla sentenza la Conferenza Episcopale Statunitense,  che in un comunicato ha scritto: “Oggi è un giorno tragico per il matrimonio nella nostra nazione. Respingendo il Defense of Marriage Act, la Corte suprema ha sancito una profonda ingiustizia per il popolo americano”. Il contrasto con Obama (e la Marzano) è radicale perché per i vescovi americani  è proprio “la salvaguardia della libertà e della giustizia” a richiedere che tutte le leggi “rispettino la verità sul matrimonio”. Il matrimonio, infatti,  “è l'unica istituzione che mette insieme un uomo e una donna e li impegna nell'originare, promuovere e difendere la vita. La famiglia naturale garantisce ad ogni bambino il diritto e la certezza di avere un padre ed una madre”.

    Allora chi ha ragione, Obama  (e la Marzano) o i vescovi americani che (detto per inciso) evidentemente non considerano l'Italia l'ultimo paese dell'Occidente?

     Il grande argomento dei sostenitori del  matrimonio omosex e  della  totale equiparazione delle unioni omo a quelle etero  è  quello dell'eguaglianza di tutti di fronte alla legge. In realtà l'argomento fa presa, ma è utilizzato a torto. Si parla di diritti individuali, quindi dei diritti di ogni singolo  cittadino (o più in generale di ogni singolo essere umano) e, dal momento che anche gli omosessuali sono uomini e donne  anche a loro la legge riconosce il diritto  di contrarre  matrimonio con una persona dell'altro sesso. Quindi perfetta uguaglianza davanti alla legge. Il fatto è che gli omosessuali vogliono invece che venga riconosciuto un nuovo diritto,  il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso. Possono aver torto o ragione, ma l'uguaglianza non c'entra nulla.

    Il punto decisivo per decidere  se i sostenitori di questo nuovo diritto abbiano ragione o torto, se il nuovo diritto vada introdotto oppure no non è affatto l'uguaglianza, ma l'istituto matrimoniale considerato nella sua essenza e nei suoi fini.  Si tratta, in altri termini, di accertare se le ragioni per le quali  la legge riconosce il matrimonio e la famiglia, distinguendoli   non solo dalle unioni più o meno occasionali, ma anche dalla semplici convivenze di un uomo con una donna, valgano anche  per le unioni fra due persone dello stesso sesso. Hanno, quindi, perfettamente ragione i vescovi  nel richiedere che tutte le leggi  “rispettino la verità sul matrimonio”.   Volendo, si può discutere quale sia la verità sul matrimonio, ma in base alle  funzioni e ai compiti del matrimonio e, quindi, della famiglia, che su di esso si fonda ed   è la vera ragione per cui l'ordinamento giuridico può e deve interessarsi dell'unione  fra due esseri umani (che altrimenti avrebbero tutto il diritto di pretendere che lo Stato non si occupi dei fatti loro). Funzioni e compiti che i  vescovi americani individuano nell'impegno  a “originare, promuovere e difendere la vita” e nel garantire “ad ogni bambino il diritto e la certezza di avere un padre ed una madre”. Chi non condivide è su questo piano che deve affrontarli dimostrando che hanno torto.  L'uguaglianza all'Obama  (e alla Marzano) non c'entra assolutamente nulla.

    Per dirla tutta, l'argomento dell'uguaglianza, anche se fosse utilizzabile (e non lo è), non porterebbe affatto  al risultato voluto. Difatti  non vi è nulla di più ingiusto e non di rado di più dannoso della forzata uguaglianza dei diseguali. I paladini del matrimonio omosex,  quasi tutti sostenitori della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, sono i primi a saperlo, tanto che hanno preteso (da questo punto di vista con qualche ragione – la legge resta infame perché nega il diritto alla vita del concepito -) che la decisione sia riservata esclusivamente  alla madre, tagliando fuori il padre proprio perché nel caso  la posizione dell'uomo non è identica, per una evidente questione di genere, a quella della donna.