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Libano: La trappola di Cheney e Rohatyn

di movisol - 25/07/2006

 
E’ fuorviante attribuire le responsabilità della guerra in Libano ad Israele, o agli stessi Stati Uniti, ha dichiarato Lyndon LaRouche. In più occasioni LaRouche ha spiegato che non si possono attribuire ad uno stato nazionale le responsabilità di questa spinta verso la guerra mondiale, che è attualmente generata nel focolaio strategico del Sud-Ovest Asiatico. Piuttosto, ha puntualizzato lo statista americano, questa è opera dei potentati finanziari oligarchici, che attualmente hanno come espressione di punta Felix Rohatyn, diventato il decisore in seno al Partito Democratico USA. Lo scopo generale di quest’avventura è quello di ridurre gli stati nazionali e i rispettivi governi al rango di subalterni e faccendieri dei potentati finanziari.

Mentre diventa sempre più probabile uno sfascio generalizzato del sistema finanziario ad autunno, i vertici sinarchisti transatlantici, che operano tramite i loro burattini nei governi, come Dick Cheney, hanno ordito l’attuale conflitto tra Israele e Hezbollah come una trappola strategica per gli stessi israeliani.

Dopo quasi due settimane di bombardamenti aerei senza precedenti che hanno distrutto le infrastrutture libanesi, le Forze di Difesa Israeliane hanno mancato di distruggere le infrastrutture politiche e militari di Hezbollah. In particolare non sono riuscite a neutralizzare le batterie dei missili a breve raggio che raggiungono il nord di Israele. Le truppe di terra sono state costrette ad entrare nel Libano meridionale per distruggere gli avamposti di Hezbollah e i relativi arsenali missilistici. Anche se le Forze di Difesa hanno dichiarato di non effettuare una riedizione dell’invasione del 1982, a cui presero parte quattro divisioni complete, sicuramente i battaglioni ora impegnati nell’invasione riceveranno forti rincalzi. L’intera regione settentrionale di Israele, in cui risiedono 2 milioni di abitanti, è paralizzata, anche se i danni provocati dai Katiuscia sono limitati. Già il 50% della popolazione che vive nei venti chilometri dal confine ha abbandonato le proprie abitazioni.

Almeno pubblicamente per il momento gli ambienti di vertice in Israele non parlano di espandere il conflitto alla Siria e all’Iran. Nondimeno, Benjamin Nethanyahu, il personaggio più vicino a Cheney che ha venduto al primo ministro Ehud Olmert l’idea di sfruttare il rapimento di due soldati israeliani come pretesto per “riaffermare il deterrente israeliano”, ha gli occhi puntati su Siria ed Iran.

In una recente visita nelle regioni settentrionali, Nethanyahu ha dichiarato che Israele “dovrebbe agire come fecero gli USA nella crisi missilistica di Cuba … Il nostro obiettivo dev’essere l’eliminazione del focolaio dell’incendio … Dobbiamo procedere nell’operazione persino senza il sostegno internazionale”. Nethanyahu sa bene ciò che dice: la crisi di Cuba fu un braccio di ferro nucleare, e così il riferimento all’Iran è ovvio, perché secondo Nethanyahu questo paese rappresenterebbe una “minaccia esistenziale” per Israele.

“Ci rifiutiamo di sottostare ancora a tutto questo” ha detto Nethanyahu alla Knesset. “Ci rifiutiamo di accettare in silenzio l’assassinio dei nostri cittadini. Israele vincerà perché la nazione è unita dietro le forze armate e di sicurezza. Guardiamo dritto negli occhi di chi comanda gli assassini, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, e gli diciamo: hai seminato il vento ed ora raccogli tempesta … Teheran è la fonte ispiratrice e il principale motore del terrorismo islamico internazionale, Hezbollah è il suo satellite, e la Siria è la sua stazione intermedia.”