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Il potere economico del calcio

di Lucio Garofalo - 16/08/2006




Il calcio è da diverso tempo un fenomeno non più solo e semplicemente sportivo, ma rappresenta qualcosa di più complesso, un valore sacro ed inviolabile.

Il calcio, non solo in Italia ma nel resto del mondo, è ormai diventato una grande, ricca e imponente industria, dominata dalla dittatura di sponsor economici di dimensioni multinazionali e da alcune potenti società per azioni quotate in borsa.

Nel nostro paese il calcio appare tra le prime tre o quattro voci più rilevanti e determinanti dell’economia nazionale, ed è così anche in altre nazioni del mondo.

Il potere economico-finanziario del calcio ha ormai assunto dimensioni colossali e smisurate non solo in Italia ma su scala planetaria. In particolare in Italia esso è diventato un incontrollato e incontrollabile fenomeno di corruzione economico-affaristica e politica, come si evince chiaramente dallo scandalo di “calciopoli” e, ancor più, dall’inversione di rotta dei mass-media e della magistratura sportiva, che ha mitigato le pene previste dalle sentenze al fine di arginare e ridurre i rischi di un tracollo finanziario delle società sportive quotate in borsa.

Sempre a proposito dell’importanza economica del calcio, riporto un altro dato significativo.

Secondo autorevoli esperti internazionali di economia, la vittoria della nazionale italiana di calcio potrebbe favorire e generare un incremento, in termini percentuali, di almeno lo 0,7% del P.I.L., cioè della ricchezza economica complessivamente prodotta dai lavoratori del nostro Paese. Tradotta direttamente in soldi, tale crescita ammonterebbe ad almeno 7 miliardi di euro, vale a dire la stessa cifra che il governo Prodi prevede di incassare attraverso la manovrina finanziaria varata dal ministro dell’economia Padoa-Schioppa.

Allora, mi domando, perché non ci risparmiano i duri effetti di tale provvedimento governativo?

Si afferma che il “trionfo berlinese” procurerà una vera iniezione di fiducia e di ottimismo in tutta la nazione e verso il nostro Paese, incentivando i flussi turistici, le esportazioni dei prodotti made in Italy, ecc., ma a me pare che questa sia stata soprattutto una mega-iniezione di morfina o di eroina spirituale, una colossale “pera” metaforica in grado di stordire e narcotizzare la coscienza collettiva di un’intera nazione.

Il fenomeno non è soltanto italiano, ma di proporzioni planetarie.

Ad esempio, nel 1950 in Brasile, dopo la finale persa contro l’Uruguay di Schiaffino, si registrarono numerosi suicidi e casi di depressione. Cito questo dato assai estremo per evidenziare in modo emblematico i comportamenti di isteria e patologia collettiva che sono connessi al calcio, non solo in Italia o in Brasile ma nel mondo intero.

E’ un’enorme ingenuità pensare che il calcio sia soltanto uno sport. Se così fosse, non assisteremmo alle esasperazioni morbose, alle forme di isterismo e teppismo collettivo, alle violenze di massa cui ormai siamo assuefatti e che nulla hanno a che spartire con lo sport, mentre appartengono ad un fenomeno alienante e ad un business di portata mondiale.

Il calcio appassiona, travolge, emoziona, coinvolge, trascina e mobilita vaste moltitudini popolari come, anzi più delle religioni e delle guerre medesime. Basti pensare che la finale del campionato mondiale di calcio è stata seguita in televisione anche nei territori arabo-palestinesi che sono teatro di un vero e proprio massacro completamente ignorato e dimenticato dai mass-media e dall’opinione pubblica internazionale.