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Thailandia: un colpo di Stato dal vivo

di Manuel Zanarini - 09/06/2014


 


 

Per motivi di lavoro, mi trovavo a Bangkok (Thailandia) proprio nei giorni in cui avveniva il 19 (!!!!!) colpo di Stato nell'ultima trentina di anni. Bisogna dire che, vista la frequenza ciclica, i golpe nell'antico Siam sono cosa ben diversa da quelli dell'America Latina degli anni '70. Quest'ultimo, in particolar modo, è stato davvero incruento e le restrizioni hanno riguardo una zona molto ristretta del Paese. Il motivo è presto detto: rispetto all'ultimo golpe del novembre 2008, le “magliette rosse” non hanno a Bangkok una base politica che consenta loro un'opposizione in strada per mesi; inoltre, e forse cosa ancora più importante, la loro capacità “militare” di opporsi all'esercito è venuta meno, anche in seguito all'uccisione di  Khattiya Sawasdipol, megio conosciuto come Seh Daeng (il “Generale Rosso), ex capo delle forze speciali e organizzatore del servizio di sicurezza delle “magliette rosse”.

La situazione politica che ha dato lo spunto per il ritorno al potere dei militari è la stessa da anni ormai. Il gruppo politico facente capo alla famiglia Shinawatra, il cui fondatore politico Thaksin si trova ancora in esilio, continua immancabilmente, nonostante arresti e cancellazioni di partiti politici, a vincere le elezioni. Nonostante il governo delle magliette rosse, con a capo fino a pochi giorni fa la sorella di Thaksin, Yingluck, sia stato regolarmente eletto, e abbia stravinto (anche per il boicottaggio delle opposizioni) le elezioni anticipate dello scorso Gennaio, non vede riconosciuto il proprio diritto di governare il Paese. Il problema è tutto qua: due Thailandia si scontrano da anni, e all'orizzonte non si vede come si possa uscire dall'impasse.

Da un lato vi è la Thailandia senza stato sociale, che comprende operai, contadini, disoccupati, ecc, che vivono nei sobborghi di Bangkok e specialmente nelle zone rurali del Nord del Paese, che si riconosce nei tentativi del gruppo dei Shinawatra, di attuare riforme sociali a suo favore. Dall'altro, i gruppi dell'alta borghesia commerciale, finanziaria, militare e, in buona parte, vicini alla famiglia reale, che non vedono di buon occhio alcun tentativo “sociale” che possa indebolire le casse dello Stato, con la paura di indebolire l'appeal da parte degli investitori stranieri e il proprio stato sociale, con conseguente tenore di vita all'occidentale.

Ovviamente, alle urne, vince regolarmente, anche per un fatto numerico, il blocco delle magliette rosse, il quale però, non è in grado “militarmente” di gestire il potere, dato che le cosiddette “magliette gialle” vengono ciclicamente mandate in piazza dai “poteri forti” allo scopo di creare disordini e violenze, dando così la giustificazione ai militari per intervenire.

Se all'inizio delle ostilità contro i Shinawatra i motivi del contendere erano misure sociali, come un inizio di sanità pubblica (a tutt'oggi inesistente nel Paese) e i prestiti di villaggio per i contadini, oggi a una scontro di visioni statali (sociali contro liberali) si aggiunge anche un attacco alle istituzioni in senso democratico da parte dei “rossi”. Infatti, l'ultimo governo legittimo in carica, aveva approvato un provvedimento col quale si sarebbe pagato il riso ai contadini a un prezzo concordato col governo, a prescindere da quello del mercato (notoriamente fissato dalle grandi multinazionali produttrici e che costringe da sempre i contadini alla miseria). Per fare ciò si era chiesto un prestito alla Bank of Agriculture per pagare i contadini, col risultato che i depositari dei fondi presso l'istituto di credito, il cui status sociale è facile immaginare, hanno minacciato di ritirare tutti i soldi in caso che tale operazione fosse andata in porto. A tutto ciò, si aggiunga la proposta di legge di rendere completamente elettivo il Senato, che al momento vede il 50% dei suoi componenti nominato dal Re, cosa che avrebbe quasi certamente dato anche la sua maggioranza ai “rossi”, indebolendo anche istituzionalmente le opposizioni. Tutto ciò deve essere stato troppo per l'elite e così, dopo le solite proteste dei “gialli”, si è arrivato al colpo di Stato da parte dei militari, che hanno dato vita alla giunta denominata Consiglio Nazionale per il Mantenimento della Pace e dell'Ordine. Dopo la destituzione del governo in carica, il 22 Maggio,  è stata dichiarata la legge marziale, nominato a capo del “governo provvisorio” il generale Prayut Chan-Ocha, arrestati un centinaio di membri del governo, del partito di maggioranza Puea Thai (Partito per i Thailandesi), tra cui la ex presidentessa Yingluck e delle magliette rosse. Nel pomeriggio seguente, circa verso le 16:00 ora locale, è stato dichiarato il coprifuoco dalle ore 22:00 alle 06:00 della mattina seguente. Allo scoccare delle 22:00, il centro di Bangkok veniva “chiuso”, con le camionette dell'esercito, con tanto di mitragliatrici sui tetti, a bloccare il traffico delle arterie principali della città. Nel frattempo tutte le emittenti televisive e radiofoniche venivano oscurate (era visibile solo il messaggio nell'immagine all'inizio dell'articolo accompagnato da marcette militari) e Internet subiva forti limitazioni. Fortunatamente, non si sono registrati scontri significativi e la stragrande maggioranza dei manifestanti ha abbandonato i presidi fissi.

La giunta militare ha dichiarato che “i thailandesi devono capire che prima viene il Paese e poi la democrazia”. Tutto questo è sintetizzabile da una scritta che campeggia davanti a una delle principali caserme: Per la Nazione, la Religione, la Monarchia e il Popolo. Ciò spiega sinteticamente i valori che contano per la giunta al potere in questo momento. A conferma delle ragioni che sottostanno al golpe, si è promesso che la “quota per il riso” verrà pagata (per calmare le masse popolari) e il Senato è rimasto l'unico ente rimasto in vigore, anche se non si sa con quali poteri, dato che la Costituzione è stata abrogata, a parte gli articoli che stabiliscono il carattere monarchico dello Stato. Al momento, Prayut ha dichiarato che lo scopo del governo provvisorio è riportare il la concordia nel Paese (gli incidenti al momento del golpe erano molto inferiori a quelli che si registrano in Italia o in Grecia), portare al termine alcune riforme istituzionali come la legge elettorale (verranno nuovamente dichiarati fuori legge i partiti vicini ai “rossi” e specialmente impedito ai Shinawatra di candidarsi), riscrivere la Costituzione, e poi, non prima di un anno, si potrà tornare a votare. Come paradossalmente scrive sul quotidiano finanziario (da sempre vicino ai gialli), un docente universitario della Chulalungkorn University (dove si forma da sempre la classe dirigente Thai), tutto ciò non è importante, quello che si deve fare è “ridare libertà alle TV e ai social network, se no, i thailandesi difficilmente capirebbero che vivono ancora in una democrazia! Il tutto corredato da interviste a mamme di Bangkok che raccontavano come evitare il trauma dei propri figli che non sono riusciti a guardare il proprio cartone animato quotidiano. Ovviamente senza fare cenno ai figli degli operai e dei contadini che in quel momento non sapevano come trovare cibo o acqua corrente!!!

Gli esiti di questo colpo di Stato sono ancora incerti, perché prima o poi si dovrà tornare alle urne e da lì, come sempre, dovrebbero essere i “rossi” a prendere la maggioranza, con annesso prossimo golpe a breve.

Il vero punto di svolta della situazione thailandese si avrà alla morte dell'over 80enne Re Bhumipol, unico collante, seppur ormai indebolito e privo di vero potere politico, nazionale. A quel punto, come si dice in Thailandia, nulla fermerà più la guerra civile, e gli investitori stranieri sono già pronti ad abbandonare il Paese. Fino ad allora, la fragile democrazia locale appare bloccata tra lo scontro tra le due anime della Thailandia.