Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Per la diversità e l'unità delle correnti di pensiero alternative sulla crisi: una piattaforma

Per la diversità e l'unità delle correnti di pensiero alternative sulla crisi: una piattaforma

di Claudio Moffa - 15/07/2014

Fonte: Claudio Moffa




Da una parte un dibattito parlamentare e giornalistico sulla crisi che è tornato a girare a vuoto, dopo il barlume di speranza delle prime misure e esternazioni del governo Renzi (gli 80 euro, la dichiarata ma inattuata filosofia “colpire le rendite finanziarie per rilanciare l’industria e l’occupazione”): uno stallo dovuto probabilmente a una molteplicità di fattori: le trame della BCE, il rischio aventinismo dei grillini, le contraddizioni interne, e gli alleati-nemici, chi per grazia ricevibile, chi perché fan delle privatizzazioni degli ultimi residui di patrimonio pubblico e di industria di stato. 

Dall’altra l’effervescenza di quella che impropriamente Giovanni Galloni ha chiamato ‘parrocchiette’ e che invece – come ha corretto giustamente Quagliarotto – sono correnti di pensiero alternative sulla crisi: una comunità di pensiero varia, con alti e bassi, ciarlatani e gente seria, non dissimile in questo anche dalle comunità di pensiero ufficiali dove trovi di tutto e il contrario di tutto.
Ma paradossalmente – ecco il punto - anche in questa “corrente di pensiero” soggettivamente alternativa prevale alla fin dei conti la stessa identica ambiguità e difettosità del dibattito politico-giornalistico “in”. Stretti tra il boicottaggio della Politica ufficiale e il desiderio di cambiare qualcosa ‘subito’, auritiani di vario tipo, cultori della MMT, singoli pensatori e studiosi, altri sovranisti, tutti denunciano le truffe del Debito, della Moneta a Debito, del Signoraggio, ma poi si perdono in mille rivoli più o meno inconcludenti: le monete complementari (di paese, a assurda memoria di Auriti; di Regione, Lombardia e Sicilia; a-territoriali, come i certificati fiscali di Galloni, che sono una misura assolutamente parziale e tutta interna al Sistema); la monetazione a debito per rilanciare l’economia, che rischia senza ulteriori specificazioni e riforme – a cominciare da un no netto alle privatizzazioni - di essere molto simile al progetto di Passera dei 400 miliardi per supportare la sfera della produzione; e poi ancora, le idee più strampalate sulla “moneta dell’utopia”, ciarlatani in libertà che teorizzano una Banca centrale presentata come di Stato o pubblica, ma con “azioni” nelle mani di tutti i cittadini, una vera e propria patacca che pretende di mescolare il carattere pubblico e ‘popolare’ della monetazione con un istituto giuridico-finanziario, l’azione appunto, tipicamente privatistico, e come tale vendibile dal singolo cittadino: cosicché la Banca ‘di stato’ diverrebbe nel giro di un paio di generazioni di nuovo privata, nelle mani dei pescecani della finanza.
Se ci pensate bene, è proprio così: nessuno o quasi, né a livello parlamentare e connesso giornalismo, né a livello ‘alternativo’, propone – a parte la sacrosanta rivendicazione di un azzeramento o revisione radicale dei Trattati europei - le uniche vere soluzioni alla crisi: aggredire lungo una via credibile che non può essere quella dell’annullamento totale, il Debito da anatocismo, immorale, staticida e impresicida; e, secondo punto, statizzare tutta l’emissione monetaria: non solo quella cartacea e metallica, ma anche e soprattutto quella elettronica. Come diceva il grande Maurice Allais, premio Nobel dell’Economia, ma mai citato nei dibattiti ufficiali (men che mai da Barnard, teorizzatore, nel suo manifesto programmatico, di una Banca centrale che deve ‘collaborare’ con il governo, e dunque riconosciuta come soggetto separato dallo Stato): forse perché Allais non ha fortuna nella rete dei signori di internet, ed è ad esempio lavorato ai fianchi e al ribasso – come Mattei – dalla solita Wikipedia, che lo presenta come ingegnere mentre la quasi totalità della sua carriera è da economista.
Si potrebbe dire che i tempi non sono maturi per un simile passo - statizzazione dell'emissione monetaria e rinegoziazione del Debito - ma a parte che in questo caso non si ha più diritto di parlare come ‘alternativi’ al pensiero economico-monetario dominante, in realtà alcuni indizi più o meno rilevanti inducono a pensare che questa strada, sicuramente difficile e irta di pericoli, è percorribile: "basta" avere coraggio, quello che non hanno né i finti alternativi interni di cui sopra, né - eccezioni a parte - il ceto politico nazionale e locale:
- il primo indizio è il già citato articolo del Financial Times del 27 aprile 2014, a firma Martin Wolf, in cui si indica come misura auspicabile per uscire dalla crisi, una potenziale statizzazione dell’emissione monetaria, con una Banca di Stato monopolista della monetazione anche se diretta da un “istituto indipendente”. Non è poco, è una apertura che potrebbe mostrare che il mondo della finanza e delle banche è articolato: una proposta che potrebbe essere frutto di un colpo di testa di un singolo collaboratore della testata della City, ma anche avere alle spalle strategie di ampio respiro, sia di natura geopolitica – il cementare una solidarietà occidentale attorno alla prospettiva di una guerra contro il nemico euroasiatico, la Russia di Putin, la Cina e i loro alleati – sia relativa alle contraddizioni tra i Poteri bancari – ad esempio la possibile crescita di poteri nuovi grazie alla monetazione elettronica dell’ultimo quarto di secolo, tale da mettere in crisi il tradizionale dominio delle grandi banche private sviluppatesi in Europa, sull’onda delle Rivoluzioni inglese e francese, nel XVIII e soprattutto nel XIX e XX secolo. Una proposta che comunque - nonostante i pericoli testé citati - resta una novità utile e potenzialmente percorribile.
- un secondo consistente indizio, anzi più che indizio, fattore, è rappresentato dalla storia del nostro paese dall’Unità ad oggi: spesso si dimentica che l’Italia ha già avuto una sua sovranità monetaria usurpata definitivamente, prima ancora che dall’euro, dalla privatizzazione della Banca d’Italia a seguito del decreto dell’11 luglio 1992 del governo Amato. Dalla fase monarchica al fascismo alla Repubblica, le monetazioni della lira sono state di due tipi: o quella diretta da parte dello Stato, attraverso la Zecca (i biglietti di Stato a corso legale, dei quali l’ultima serie furono le 500 lire di Aldo Moro); o la monetazione attraverso le banche, in quattro fasi. 

In una prima fase una pluralità di banche private (residuo delle banche preunitarie), interrotta da Mussolini nel 1926, anno in cui l’emissione monetaria passò in forma monopolistica - è la seconda fase - alla allora privata Banca d’Italia. Una terza fase iniziata quando ancora Mussolini, nel 1936, trasformò la Bd’I in un ente di diritto pubblico di nome e di fatto grazie all’immissione di capitale pubblico nelle casse di palazzo Koch. Una svolta decisiva, questa, che avviata in epoca monarchico-fascista sarebbe terminata – oltre la transizione alla Repubblica - nel 1992, l’anno appunto della riprivatizzazione della Banca centrale e dell'inizio della quarta e ultima fase. Il 1992 – l’anno del Panfilo Britannia e della svalutazione della lira da parte di Soros - è distante un quarto di secolo, ma non è così lontano da non poterlo evocare nella memoria collettiva del Popolo italiano come il punto di svolta cruciale da azzerare, per tornare al vecchio modello di emissione, quello la cui fine (già anticipata dalla lettera di Andreatta del 1981) ha segnato l’inizio della tragedia del Debito.
La storia nazionale è dunque dalla nostra parte, una sequela di fatti corposi che potrebbero cementare un’alleanza trasversale tra veri fascisti, veri sostenitori della Repubblica “nata dalla Resistenza”, nonché veri laici e veri cattolici. Sì anche i cattolici, da non confondere col Papa di turno, quale che sia: infatti senza la DC di De Gasperi, Vanoni e Mattei, difficilmente la Banca d’Italia riformata da Mussolini avrebbe avuto una vita così lunga, quasi mezzo secolo.
- Ma anche la storia delle relazioni internazionali è dalla nostra parte, sulla questione della lotta all’anatocismo che è l’unica via percorribile per ridurre drasticamente l’altrimenti inestinguibile Debito di 2166 miliardi di lire, gravato da un debito di soli interessi di ben 3100 miliardi dal 1980 ad oggi. Negli anni Ottanta i paesi in via di sviluppo furono infatti protagonisti di un confronto – a conti fatti, per nulla vincente – che rivendicava appunto una rinegoziazione del debito, e al loro fianco si schierarono leaders terzomondisti come Fidel Castro e Thomas Sankarà, e religiosi come Giovanni Paolo II.
Ripartire da questi fatti recenti della Storia del secolo passato, darebbe forza a un movimento che può anche restare variegato, ma che deve contemplare nel suo programma tre punti comuni per avere più potere di condizionamento sul dibattito parlamentare ufficiale: primo obbiettivo, la revisione radicale dei Trattati europei (o in alternativa l’uscita dall’Europa); secondo punto – a completamento ineludibile del percorso di ripristino della sovranità monetaria ed economica - la statizzazione dell’emissione monetaria; terzo, la rinegoziazione del Debito sulla base della critica all’immoralità dell’anatocismo, rinegoziazione che puo’ arrivare anche all’eliminazione del 90 per cento dei 3000 euro, quelli prodotti dagli interessi sugli interessi. 

Che ciascun gruppo o testa coltivi, insomma, le azioni parziali che preferisce: i certificati fiscali, le monetine di paese, le monete regionali (se possibili dal punto di vista legale); le querele e i ricorsi contro gli abusi bancari e le leggi inique che li permettono; il reddito da cittadinanza, la denuncia teorica della Moneta a Debito e della truffa del Signoraggio, e insomma tutto quel che si preferisce. Ma tutti questi rivoli alternativi, se vogliono essere veramente tali non possono che confluire nel grande fiume della piattaforma in tre punti appena citata: altrimenti tutti restano parole al vento, confortate al massimo da misure assolutamente parziali, destinate a lasciare immutato il sistema privatistisco bancario che presiede l'emissione monetaria e che con la sua anarchia sta schiacciando gli Stati europei e il Bene Comune di ciascun Popolo membro dell’Unione.

PS. Ecco qui di seguito i primi articoli di un ipotetico progetto di legge tanto rivoluzionario, quanto conservatore, perché basato sull’ esperienza storica dell’Italia fascista e repubblicana, mezzo secolo di storia azzerato dal governo Amato con il più criminale dei colpi di Stato dell’ultimo quarto di secolo, quello della notte dell'11 luglio 1992 (raccontato da Giavazzi in una Intervista al Corsera del 31 dicembre 2005 o 2006), . 

Art. 1. La sovranità monetaria appartiene al Popolo, che la esercita attraverso lo Stato
Art. 2. Lo Stato ha il monopolio esclusivo di tutta l’emissione monetaria, cartacea, metallica, elettronica sul territorio nazionale e rispetto a tutte le banche con sede legale in Italia
Art. 3. L’oro custodito nelle casse della Banca d’Italia appartiene al Popolo italiano. Qualsiasi tentativo di sua avocazione da parte di privati costituirebbe un furto ai danni del Popolo italiano, i cui responsabili saranno puniti in termini di legge.
Art. 4. L’emissione monetaria è garantita da null’altro che dal Lavoro della Nazione, composta dalla totalità dei cittadini italiani. Una apposita legge stabilirà se e in che misura l’ammontare del PIL annuale è l’espressione vera della quantità di Lavoro della Nazione, e in che misura massima l’emissione monetaria possa tracimare tale stabilita quantità, a soli fini di ulteriore sviluppo economico della Nazione, per il Bene Comune e il miglioramento del benessere del Popolo.

Dopo di che si continua con un trivio: o la rinazionalizzazione della Banca d’Italia – una opzione che darebbe il via a una lunghissima trattativa con gli azionisti privati della Bd’I - o la creazione di una nuova Banca centrale di stato, o via ogni Banca e al suo posto, un art. 4 siffatto: “E’ ricostituito il Ministero del Tesoro. All’interno del Ministero del Tesoro è costituito un Dipartimento per l’Emissione Monetaria incaricata di gestirla e controllarla attraverso la Zecca, su direttiva del Governo e controllo del Parlamento . 

Poi … questo è un inizio: o si parte da qui, o il resto sono tutte chiacchere a vuoto.