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Impronte digitali dalla nascita?

di Florian Rötzer - 24/08/2006

 
 
   

Il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea vorrebbe introdurre l’obbligo della registrazione dei dati biometrici a partire dai 12 anni. Gli Stati membri possono però anticipare di parecchio.

L’organizzazione britannica per il rispetto dei diritti civili Statewatch riferisce che all’interno dell’Unione Europea si sta riflettendo sull’introduzione della registrazione delle impronte digitali anche dei bambini per i passaporti UE. Il progetto di legge viene discusso a porte chiuse da un comitato previsto dall’articolo 6 dell’ordinanza EG Nr. 1683/95, che in un primo momento decideva gli standard tecnici per i visti, ed ora anche per le carte d’identità. Al momento si tratta di fissare un’età minima a partire dalla quale nel chip di un passaporto devono essere memorizzate una foto digitale e due impronte digitali.



Secondo la
relazione del Consiglio del 26 giugno, ricevuta da Statewatch, nell’Unione Europea si mira ad introdurre l’obbligo di deporre e registrare le impronte digitali a partire dai 12 anni. Fino a quest’età gli stati membri possono richiedere le impronte digitali qualora abbiano una regolamentazione a livello nazionale, questo verrà anche nel caso delle fotografie digitali. Le impronte digitali e le foto registrate in un chip RFID, inserito nel passaporto, dovrebbero rendere più difficile la contraffazione del documento, inoltre la registrazione delle caratteristiche biometriche è diventata necessaria per il rilascio di un visto di entrata negli Stati Uniti.

Nel documento dell’Unione Europea si dice che la ICAO (International Civil Aviation Organisation) ha posto le direttive sui requisiti delle foto digitali. I bimbi piccoli però, non sembrano essere adatti ad un riconoscimento biometrico attraverso una foto. Secondo uno studio del Ministero degli Interni olandese, fino ai 12 anni il viso cambierebbe così tanto che renderebbe il riconoscimento oltremodo costoso e sarebbe necessario un software sofisticato. Lo studio prosegue spiegando che i bimbi con più di 6 anni hanno sì impronte digitali misurabili, ma che queste continuano a cambiare, richiedendo necessario perlomeno l’impiego di programmi particolari. I bambini ancora più piccoli avrebbero impronte digitali non ancora formate per un’identificazione. Tuttavia non si deve evidentemente fissare un’età minima diversa dalla regolamentazione a livello dell’UE, a partire dalla quale negli stati membri si possono esigere dai bambini foto e impronte digitali.

La Gran Bretagna che raccoglie le impronte digitali dei figli di chi richiede asilo politico a partire già dai 5 anni, assicura comunque che la cosa non genera problemi rilevanti. Secondo un’altra
notizia, il governo di Berlino sembra deciso a fissare per i tedeschi un’età minima di 14 anni per la registrazione dei dati biometrici, invece per coloro che richiedono un visto, ai quali verrebbero prese le impronte non di due ma di tutte le dieci dita, queste dovrebbero essere registrate già all’età di 6 anni. L’Olanda non è interessata alle impronte digitali di bambini con meno di 6 anni e la Svezia “potrebbe approvare un’età minima di sei anni per i passaporti”.

Statewatch critica il fatto che con la possibilità di prendere le impronte digitali dei bambini praticamente dalla nascita, significherebbe oltrepassare dei limiti importanti: “Si passa, senza averne discusso veramente, dal prendere le impronte digitali dei criminali, ad una registrazione generale. Le impronte digitali di tutti verranno poi memorizzate in una banca dati centrale”.

Un portavoce della Commissione Europea ha
spiegato all’Observer che, in un primo tempo, saranno solamente i singoli stati membri ad aver accesso alle impronte digitali dei propri cittadini. Dopo gli attentati a Madrid, la Commissione avrebbe intenzione di convogliare le informazioni in una banca dati centrale, alla quale ogni stato membro avrebbe accesso. Non si è ancora deciso se permettere anche a paesi terzi l’accesso ai dati biometrici. Per ragioni di sicurezza però, si è già provveduto ai sistemi interoperativi necessari. A quel punto il tutto potrebbe precipitare ancor più nel caos, se i servizi segreti di altri paesi potessero identificare presunti sospetti. Gli USA hanno dimostrato come, anche in stati di diritto democratici, si possa velocemente essere sequestrati e sparire solo perché sospettati. Shami Chakrabarti, il direttore del gruppo per i diritti civili britannico Liberty, dice che i passaporti sicuri hanno un senso, “ma solo finché non si registrano più informazioni di quelle necessarie e non vengono rese accessibili ad altri paesi”.

Florian Rötzer
Fonte: http://www.heise.de/tp/
Link: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/23/23223/1.html
31.07.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VEDA2012