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I neonati del Perù usati come cavia

di Marina Zenobio - 25/08/2006

 
Per Ventria Bioscience, azienda biotech statunitense, l'importante è sperimentare. Poi che lo si faccia persino sui neonati - purché del terzo mondo - non fa molta differenza, l'importante è il risultato. In Perù però nel solo mese di luglio almeno 10 bebè sono morti in ospedali pubblici peruviani: facevano parte di un gruppo di 140 neonati peruviani utilizzati su cui l'azienda americana aveva sperimentato un prodotto contro la diarrea derivato da riso geneticamente manipolato e ricombinato con geni umani. Non sono chiare le cause dei decessi, tutti casi «molto confusi» secondo medici e autorità locali, ma è difficile pensare a coincidenze.
La sperimentazione del prodotto, i cui risultati sono stati resi noti negli Usa lo scorso maggio, è stata realizzata in due ospedali di Lima, l'Istituto specializzato per la salute dell'infanzia e quello della Ricerca nutrizionale. E' probabile che Ventria Bioscience sia andata a fare i suoi test nel paese andino perché le regole in materia di sperimentazione farmacologica là sono facilmente aggirabili e sembra sia più facile trovare istituzioni carenti di finanziamenti, e anche di etica. L'azienda statunitense sta sperimentando la produzione di due proteine ricombinanti umane, la lactoferrina e il lisozima, presenti in forma naturale nel latte materno, nella saliva, nello sperma e in altri fluidi umani. Il prodotto finale, ottenuto innestando nel riso sequenze sintetizzate di geni umani che producono lactoferrina e lisozima, è definito da Ventria Bioscience «alimento medicato contro la diarrea», nella speranza di eludere le rigide norme sull'approvazione dei farmaci. Ora, questo riso «speciale» è stato somministrato a 140 bambini peruviani di età compresa tra cinque mesi e 3 anni, ricoverati nei due ospedali per crisi acute di diarrea.
Le modalità della sperimentazione sono il primo «scandalo», stando all'indagine di Silvia Ribeiro, ricercatrice della ong canadese Action Group on Erosion, Technology and Concentration: risulta che il test è durato 48 ore direttamente in ospedale, più due visite ambulatoriali nei 15 giorni successivi. I bambini sono stati suddivisi in tre gruppi; il primo è stato trattato con un siero reidratante orale (Sro) a base di glucosio, il secondo con Sro a base di riso, il terzo con lo stesso siero di riso con aggiunta di lactoferrina e lisozima ricombinanti. Secondo una breve nota informativa di Ventria Bioscience, i bambini del gruppo trattato con siero addizionato con proteine ricombinanti sono guariti in meno di quattro giorni, contro i sei giorni che necessari al gruppo trattato con semplice siero di riso. Non si capisce bene che fine abbia fatto il gruppo di bambini a cui è stato somministrato Sro di glucosio, ma per Jim Diamond, pediatra statunitense - che comunque non entra nel merito etico dell'esperimento - è inaccettabile che bambini con crisi acute di diarrea siano curati solo con glucosio. In altre parole, l'azienda statunitense, con la complicità degli istituti peruviani, ha da un lato usato intenzionalmente una terapia meno efficace per ottenere risultati artificialmente positivi; dall'altro ha esposto bambini e neonati a prodotti transgenici non approvati. In passato Ventria aveva richiesto l'autorizzazione al test negli Usa, bloccato dopo l'intervento di alcune organizzazioni - tra cui il Center for food safety e Friends of the Earth - che avevano presentato un documento, suffragato da importanti referenze scientifiche, sui danni che lactoferrina e lisozima ricombinanti di Ventria Bioscience possono provocare alla salute umana. Spiegando che le proteine ricombinanti non sono identiche a quelle naturali ed esiste quindi la possibilità che provochino disordini immunologici e allergie, oltre a favorire lo sviluppo di agenti patogeni come l'helicobacter pyloris, portatore di gastriti e cancro allo stomaco.

Ora, mentre le autorità peruviane dicono di indagare sulle «confuse cause» della morte di 10 bambini, alcune mamme delle 140 piccole cavia, rintracciate dall'Associazione di consumatori e dall'Associazione medica peruviana, hanno dichiarato di non essere state messe al corrente che i loro figli sarebbero stati oggetti di un test. Un anno fa si erano rivolte a quegli ospedali perché i bambini avevano la diarrea, si sono fidate dei medici che hanno fatto firmare loro una «liberatoria» senza però spiegare le eventuali conseguenze. Molti di quei bambini, come Fabrizio e Jordano, figli della ventiquattrenne Diana Garay (notizia riportata su La Republica del 20 luglio scorso), ora soffrono di gravi allergie alimentari. Le mamme non sapevano, Ventria Bioscience sì, e non sappiamo come abbia comprato la criminale complicità delle istituzioni peruviane.