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Senza olisti, siamo finiti

di Danilo D'Antonio - 26/08/2006

Fonte: hyperlinker



Il modo privilegiato con il quale l'umanità è riuscita a raggiungere l'elevato progresso scientifico e tecnologico oggi in suo possesso è l'approccio alla realtà di tipo specialistico.

Da un certo punto della nostra storia lo scibile umano è divenuto troppo vasto per poter essere contenuto nella mente di una sola persona, e per potersi questa contemporaneamente spingere in avanti nello sviluppo della conoscenza di un dato argomento.

E così il ricercatore ha iniziato per necessità a limitare il campo cui rivolgere le proprie attenzioni, suddividendo la realtà in parti minori e considerandole ognuna a sé stante, distaccata dall'altra, senza interazioni, accorgendosi subito che quanto più restringeva l'oggetto del suo studio, e quanto più si focalizzava su di esso, tanto più grandi segreti gli venivano svelati.

Proprio i continui, evidenti successi dell'approccio particolarizzato, specialistico, hanno fatto sì che esso divenisse il modo di conoscenza riconosciuto principe, estendendosi velocemente a tutti i campi di ricerca, al punto da apparire, come oggi appare, l'unica possibilità a disposizione dell'essere umano per conoscere ed interagire con la realtà.


Il fatto è che viviamo in una realtà duale, e l'approccio specialistico non è che uno dei due modi fondamentali per conoscerla ed interagire con essa. L'altro modo di considerare le cose, complementare al primo, è quello olistico, organico, in cui la realtà viene considerata come un tutt'uno, un insieme di parti strettamente interallacciate, interconnesse, dove ogni cosa ha sempre un pur minimo effetto sulle altre.

Ed infatti l'approccio olistico è proprio quello che fornisce la visione reale, effettiva, della realtà, in quanto non esiste alcuna sua parte, pur trovandosi a distanze enormi dalle altre, perfino nell'apparente vuoto dello Spazio profondo, che sia completamente distaccata e priva di un qualche minimo effetto su tutte le altre.


Consapevoli di ciò, diviene evidente che l'approccio di tipo specialistico è in realtà artificioso, trattandosi di uno strumento di servizio molto utile, sì, ad approfondire la conoscenza dei singoli fenomeni, ma certo non a mostrare, risultando perfino di ostacolo in questo, come essi interagiscono tra loro.


Ciònondimeno, i continui progressi tecnologici ottenuti con l'approccio specialistico hanno condotto questo in tutto il mondo non solo a divenire predominante sull'altro ma perfino a farne dimenticare l'esistenza. Nonostante l'approccio olistico sia anch'esso indispensabile al buon andamento della vita, essendo metodo ideale quando si tratta di analizzare le dinamiche di un sistema complesso, esso ha visto ingiustamente seppellita la sua dignità, utilità e valore, tanto che oggi nella pratica non vi è più alcuno in grado di comprendere, indicare o percorrere questa via.


Ed a questo punto possiamo capire il perché le cose vadano così male sul pianeta Terra. Non essendovi consapevolezza e riconoscimento dell'utilità dell'approccio olistico, non essendovi più olisti, anche quei compiti, quelle mansioni, quei ruoli, che richiederebbero persone dotate di un bagaglio di conoscenze e di un metodo organico vengono invariabilmente assegnati, per mancanza di alternative, a persone con una conoscenza specialistica, particolare, limitata ad un ristretto, confinato settore di studi.

E qui naturalmente sta il problema, in quanto questo approccio parziale e sconnesso non può non esser causa di una visione, e di conseguenti interpretazioni ed interventi, altrettanto parziali e sconnessi. Lo specialista infatti è in grado di vedere, e quindi cerca di risolvere, solo gli elementi, ed i problemi, del suo campetto, non avendo propriamente i mezzi intellettuali per distinguere quelli del più grande terreno che lo comprende.

Lo specialista, esecutore per eccellenza, posto lì dove non dovrebbe essere, in ruoli decisionali, compie le sue scelte privo della consapevolezza degli ampi, vari e contrastanti effetti di ciò che mette in moto, creando una realtà di soluzioni parziali ognuna delle quali va a generare a sua volta una nuova serie di problemi tanto nella vita degli individui che delle società e dell'ambiente in cui queste si trovano.


Ecco perché non riusciamo mai a venire a capo di nulla!

Perché è vero che l'olista non può vivere senza lo specialista, altrimenti soccomberebbe, ma è esattamente vero anche il contrario!



Anche quando vi sono questioni più grandi ed importanti, l'assenza di una visione olistica, ed il confinamento in una qualche specializzazione di chi è chiamato ad occuparsene, conduce inevitabilmente a provvedimenti tesi a risolvere esigenze limitate, in ambiti ristretti, provvedimenti che spesso sono quindi in contrasto tra loro, mentre le esigenze fondamentali, prioritarie, perché provenienti dalle più ampie situazioni alla base delle altre, vengono puntualmente dimenticate perché al di fuori della portata ottica degli specialisti.

Di fatto, lo specialista è uno strumento utilissimo se usato correttamente, dove sono specificatamente richieste le sue competenze, ma che va riposto senza indugio, chiuso in un cassetto, quando si tratta di decidere di questioni relative la sorte di un popolo, dell'umanità o di un intero pianeta.

Perché, così come una persona necessita di un lungo percorso di studi per eccellere in una specializzazione, allo stesso modo una persona necessita di un lungo percorso di studi per eccellere in un approccio ed in una visione organici. Senza tale percorso la persona è non solo inutile ma perfino pericolosa se le si affida un compito di una qualche rilevanza decisionale.


Occorre quindi prendere coscienza di questo stato di cose, al contempo iniziando a porvi rimedio, riscoprendo, e concependo ex novo, un corpus pedagogico di conoscenze e metodi olistici, al fine di generare olisti di buona qualità che vadano a colmare questa terribile lacuna che affligge il panorama di competenze della nostra società.

Lo stesso nostro apparato educativo oggi conosce e segue, infatti, solo l'approccio specialistico. All'inizio del percorso scolastico troviamo, è vero, dei corsi di studio su materie diverse tese a fornirci una visione complessiva. Ma esse rimangono sempre e comunque un insieme di oggetti di studio separati tra loro, che si aggiungono, si sommano, ma non interagiscono, e tantomeno si amalgamano in un corpo unico. In seguito la persona ed i suoi studi prenderanno una direzione specifica che continuerà inevitabilmente per tutta la vita, conducendola ad essere un punto di riferimento pure importante nella sua materia ma sicuramente pericolosa se usata al di fuori di essa.


In verità, c'è stato un tempo, molto tempo fa, uno studio, un percorso di conoscenza, di ricerca, che cercava di condurre le persone ad avere una visione non parcellizzata bensì completa ed integra, olistica appunto, dell'intera realtà. Questa conoscenza era quella che si poteva ottenere in certi ambienti filosofico/religiosi, e non a caso notiamo che, se la parola filosofia dichiara un forte desiderio di conoscenza, la parola religione ha giusto il significato di unire, in un certo modo intendendosi unire non solo le persone in una unica comunità ma anche i vari oggetti e fenomeni del mondo in una unica visione organica.

Purtroppo la sorte del pensiero filosofico e di quello religioso è sotto gli occhi di tutti, illuminata senza ombre dalla vivida luce di quel sole allo zenit che è l'osservazione obiettiva. Se in un tempo lontano quegli studi raggiunsero in alcuni casi dei livelli elevati, in seguito la loro evoluzione si è bloccata, in genere regredendo pure, mentre le altre conoscenze avanzavano veloci. La filosofia essendo da tempo divenuta sinonimo di attività inconcludente e di semplice pratica di accettazione di una inevitabile realtà spiacevole. La religione essendo oggi ridotta molto più a mera recita, ad un insieme di protocolli tesi al mantenimento di una struttura sociale e di potere, e di una idea fissa, immobile, morta, piuttosto che alla ricerca di conoscenze e condotte obiettive, giuste, corrette.

Eppure alcune pratiche della via olistica (il sentimento religioso nasce proprio dal senso di unione profonda che s'incontra lungo questi sentieri) e della via mistica (naturalmente per misticismo intendendo il suo significato più genuino ed originale di "amore per il mistero"), che è l'espressione più d'avanguardia, d'avanscoperta, d'esplorazione, dell'olismo, conservano ancor oggi immutato il loro valore. Anzi in questo periodo storico esse riacquistano una importanza enorme perché ciò di cui necessitiamo è proprio un criterio che ci faccia badare all'insieme delle cose, che unisca invece di separare, che includa invece di escludere, che completi e reintegri il sistema con tutte le sue parti, invece di disgregarlo tralasciandone pure una buona metà.

Mentre lo specialista, per aver successo nel suo lavoro, è costretto ad isolare l'oggetto delle sue attenzioni, a dimenticare che esso è connesso col resto dell'universo ed interagisce in qualche modo e misura col tutto, al contrario l'olista è costretto, ed anzi consiste propriamente in questo il suo lavoro, a ricordare le connessioni che esistono tra oggetti culturali, materiali, sociali, economici, politici, etc. cioè tra fenomeni anche molto vari e distanti idealmente tra loro.

Inoltre, mentre lo specialista si focalizza su ordini di tempo minimi, ed infatti quanto più la specializzazione avanza tanto più diminuiscono i tempi che questa prende in considerazione essendole utili per le proprie tecnologie, l'olista è chiamato a recuperare anche una ampia visione temporale, a vedere le cose nel lungo e lunghissimo periodo, il suo lavoro consistendo proprio nel vedere gli effetti di eventi e situazioni a distanza di tempo, con questo reintegrando in un continuum anche epoche e periodi diversi.



Beninteso, questo non significa affatto ridursi a favoleggiare, ad immaginare cose inesistenti, a trarre conclusioni pazze. L'approccio olistico, per sua stessa proiezione verso la completezza ed il vero in genere, deve per prima cosa fondarsi su un sistema di consapevolezze quanto più obiettivo sia possibile, scientifico appunto, senza però esserne prigioniero, essendo chiamato ad intervenire proprio lì dove la scienza cede.

La scienza, proprio quella scienza capace magari di scagliarsi contro la limitata minaccia di un sedicente mago ma ancora muta di fronte alla presente globale incongruità delle istituzioni superstiziose, deve ritrovare una sua funzione morale, cominciando col lasciar giusto spazio all'olismo e, onestamente e premurosamente, confrontandosi ed integrandosi con esso. La scienza avendo non solo diritto, ma essendo propriamente tenuta, non ad esprimersi in merito alla giustezza delle scelte fatte, la qual cosa è appunto di competenza dell'olismo, bensì a fornire un suo nulla osta riguardo tali scelte nel caso queste non infrangano alcuna sua legge.



C'è bisogno di ristabilire un equilibrio tra l'approccio specialistico e l'approccio olistico, tra l'approccio scientifico e l'approccio mistico, tra quello che disunisce e separa le cose e quello che le pone in relazione, tra quello che inventa nuovi strumenti da mettere a disposizione del genere umano e quello che mostra l'uso che è più opportuno farne, tra chi ballonzola alla ricerca di prove matematiche ed empiriche e chi in situazioni incerte, oscure cerca e segue sempre un buon senso.

Per questo occorre sia concedere spazio ad una cultura che contempli e benefici del metodo olistico, sia far sì che possano comparire olisti e mistici di alto livello, ricercatori ed insegnanti, che possano aiutarci a comprendere le ragioni profonde dei nostri mali ed a trovare le giuste rotte per uscir fuori dalle secche in cui ci hanno condotti specialisti e dogmatici e riguadagnare quelle acque profonde dove è un vero piacere, una gioia infinita, una felicità unica, navigare a vele spiegate.