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Il petrolio, l’arma più potente

di Luca Pinasco - 18/12/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Da sei mesi ad oggi il prezzo del petrolio si è quasi dimezzato, con un acuirsi di tale tendenza negli ultimi 10 giorni. Il motivo ufficiale è il calo della domanda causato dal rallentamento dell’economia cinese e dalla stagnazione di quella giapponese ed europea. Se però si osserva il fatto che l’offerta globale di greggio anziché adeguarsi alla domanda è rimasta stabile se non aumentata, e lo si inserisce nello scorrere degli ultimi eventi globali, risulta chiaro che la diminuzione di prezzo deriva da manipolazioni volute e mirate a raggiungere fini geopolitici. Ecco i fatti:

Sanzioni sempre più aspre nei confronti della Russia unite al crollo del greggio hanno spinto la banca centrale russa a reagire stampando svariati miliardi di dollari in rubli, causa della svalutazione di questi ultimi di quasi il 50% ed del crollo della borsa del 19%. La svalutazione ha inevitabilmente diminuito il valore dei principali assets e la fiducia degli investitori, causando la chiusura anticipata dell’ ultima asta di titoli di debito russi a causa di carenza di offerte, cosa al quale la banca centrale ha risposto aumentando gli interessi sui titoli di debito dal 10.5 al 17%, a mio parere un esagerazione, un errore, poichè devierà i capitali delle banche dall’ erogazione di prestiti ai titoli di stato aggravando ulteriormente l’ economia, ma Putin lo sa bene, e, a differenza di ciò che si dice, il “dittatore” non controlla direttamente la banca centrale. La svalutazione potrebbe essere un fattore positivo per il bilancio statale, traducendosi in un aumento delle esportazioni, se non fosse che il 75% delle esportazioni russe si compone di petrolio e gas commerciato in dollari, in un mercato degli idrocarburi in continua evoluzione dove, gli USA giocano un ruolo nuovo, da produttore ingombrante grazie allo shale oil di conseguenza diminuendo la richiesta verso l’esterno, l’Unione Europea si fa complice nell’isolamento russo con l’appoggio al “governo degli stranieri” di Kiev, e facilita il blocco del progetto South Stream (ai danni della povera ingenua Italia che vi partecipava al 20% e che continuerà a pagare la benzina ed il gas più di chiunque altro) ed infine i Sauditi che, nonostante il calo di domanda, continuano ad aumentare la produzione di greggio. Tutto ciò ha messo in evidenza la debolezza dell’economia russa, eccessivamente dipendente dal commercio di combustibili in valuta estera, incidenti per il 50% nel bilancio statale. In ogni caso, qualsiasi cosa dica l’esperto di geopolitica americano Edward Luttwak, che vede Putin al capolinea e la Russia pronta ad un “regime change”, è innegabile che questa situazione presenti un rovescio della medaglia, in specie nel lungo termine in quanto si fortificano gli accordi sia con gli stati orientali bisognosi di risorse energetiche che con gli stati sud americani i quali, stroncati anch’essi dal calo del prezzo del greggio hanno sempre maggiori difficoltà a pagare gli interessi sugli enormi debiti contratti in dollari, e avranno sempre più bisogno di esportare enormi quantità di risorse alimentari alla Russia che, dal lato suo, vittima del rincaro dei prezzi alimentari, causato dalle sanzioni occidentali, necessita di grandi stati produttori alleati da cui importare. Oltretutto un giorno potrebbe essere l’occidente a trovarsi isolato se si continua a spingere la Federazione Russa a non commerciare più risorse in dollari, seguendo l’esempio dell’Iran.

Quest’ultimo, pur avendo smesso di commerciare idrocarburi in dollari, è un altro bersaglio della strategia Statunitense e Saudita poichè, dipendendo la sua economia dal commercio di petrolio e gas, calando il prezzo dell’offerta internazionale, deve adeguarsi, subendo notevoli danni al bilancio statale. Altro obbiettivo risulta essere la Siria di Assad la quale, ormai stremata, colpita ancora oggi indirettamente nei suoi territori dalle truppe anti-Isis della coalizione occidentale, e direttamente dagli stessi terroristi islamici e dallo stato di Israele, vede diminuire le capacità d’aiuto dei suoi due indispensabili alleati, Russia ed Iran, i quali potranno destinare sempre meno risorse alla sua eroica resistenza. Ma attenzione perché anche gli aggressori subiscono perdite, il petrostato Arabia Saudita, dipendendo anch’esso dal commercio di greggio subisce forti perdite, e gli Stati Uniti d’America, nuovo petrostato nello scenario mondiale grazie alle tecniche di estrazione di scisto bituminoso dalla distruzione delle rocce, il cosiddetto “fraking”, oltre a subire perdite, seppur inferiori agli altri stati non dipendendo la sua economia dal commercio di petrolio, vede messa in evidenza un’altra debolezza delle sue nuove tecniche di estrazione, oltre alla scarsa durata delle riserve e agli ingenti danni ambientali, gli elevatissimi costi che renderanno quasi antieconomico produrne, avvicinando i tempi per l’esplosione della nuova bolla economica “fraking”. Come l’ultimo round di un incontro di pugilato dove gli avversari, ormai stremati, si danno un pugno ciascuno, sarà il più resistente a spuntarla, in questa petroguerra che, nel frattempo vede arricchirsi gli speculatori finanziari e lascia dietro di se una lunga scia di vittime innocenti. Se cadrà Putin perderanno le nazioni e trionferà la legge del mercato, se cadrà l’occidente perderemo noi, rinunciando a quel poco che ci resta. Dov’è l’unica che potrebbe giocare il ruolo di arbitro e fermare subito l’incontro? Dove sei Europa? purtroppo sappiamo dov’è…