In una video intervista* il filosofo Emanuele Severino fa questa considerazione che ho di seguito trascritta:
“È interessante vedere come Nell’Unione Sovietica l’espulsione del marxismo sia stata determinata dalla coscienza che questa forza ideologica (da mettere insieme alla democrazia al capitalismo ecc.) che gestiva la frazione di potenza tecnologica sovietica, (è saltata perché) ci si è accorti che la presenza del marxismo ostacolava l’efficacia, l’efficienza di questa frazione. In Russia il marxismo è saltato per aria non perché si è fatto un atto di devozione rispetto al capitalismo o un atto di devozione ancora più improbabile verso il cristianesimo, ma è saltato per aria perché ostacolava quella frazione tecnologica che è rimasta competitiva rispetto alla frazione tecnologica gestita dagli Stati Uniti. Perché anche oggi pensiamo alla Siria ai problemi del Medio Oriente ma non teniamo presente che il pericolo con la P maiuscola rimane pur sempre la contrapposizione nucleare delle uniche due superpotenze che hanno la capacità di distruggersi a vicenda e di distruggere il mondo. Questo è una conseguenza di una situazione in cui la tecnica ha imposto nell’Unione Sovietica il tramonto di quella ideologia che là era il marxismo a cui corrisponde nel mondo occidentale la democrazia il capitalismo ecc.”
Severino sostiene (ormai da anni) che non è il capitale che domina la tecnica ma, viceversa, essendo la società in se espressione della tecnica, usa il capitale per il proprio sviluppo tecnologico. Anzi ci ricorda che la stessa scienza economica è una espressione della tecnica che è cosa ben più vasta, complessa e organica dell’economia. Conseguentemente è convinto che nel momento in cui il capitale non fosse più funzionale allo sviluppo tecnico, sarebbe abbandonato o eliminato come uno strumento fattosi inutile o obsoleto.
Apro una non marginale parentesi, ricordando la domanda che il coro fece nel Prometeo di Eschilo: “Pensi tu che la tecnica possa liberare l’uomo dal destino?” cui Prometeo rispose: “No la tecnica è enormemente più debole del destino (ananke)” , l’eroe fu per questo condannato dagli Dei, avendo illusi gli uomini con il dono della tecnica che nulla poteva nei confronti del destino umano.
Tutta la storia dell’uomo è racchiusa nell’illusione che tramite la tecnica si possa risolvere qualsiasi problema fino a farsi dio nei confronti della natura, questa illusione di potenza e dominio è trasversale a tutte le ideologie e le epoche ed è insita in tutta la cultura giudaica-cristiana.
Tornando alla fine del marxismo in Russia e alla considerazioni di Severino, è evidente che nonostante tutte le dichiarazione di facciata, la potenza militare e nucleare sovietica non è mai crollate e oggi si ripresenta rinnovata e potenziata. Questo significa tre cose:
che il vero potere sovietico rappresentato dall’apparato militare e scientifico non ha mai perso il suo potere
che in realtà la guerra fredda tra l’Unione Sovietica-Russia e Stati Uniti non è mai terminata ma si è trasformata ed evoluta
che la riforma liberale era necessaria all’apparato scientifico militare per mantenere la sua competitività con gli Stati Uniti.
Secondo questo ragionamento, il crollo dell’URSS sarebbe stato in qualche modo guidato o quantomeno limitato da alcuni poteri interni, d’altronde all’interno di certi ambiti come le forze armate, la polizia e i servizi segreti non era possibile compiere rivoluzioni copernicane come nella politica; i nuovi quadri militari dovevano essere comunque scelti tra gli appartenenti a tali forze che avevano certamente in comune il senso dello stato che nell’Unione Sovietica era sempre e comunque la Grande Madre Russia. Per questo se il colpo di stato militare del 1991 fallì, non vuol dire che le forze armate non rappresentassero un potere con cui scendere a patti.
Ricordiamoci che Boris Eltsin nel 1993, contro i dettami costituzionali, sciolse il parlamento, ordinò le elezioni e un referendum per una nuova costituzione. Deposto dal Parlamento, ebbe l’appoggio delle forze armate e bombardò il parlamento “La Casa Bianca”(i parlamentari presenti furono arrestati e imprigionati, quel bombardamento costò 187 vittime e 437 feriti, per quei fatti Eltsin non fu mai processato), mentre anche la piazza era contro di lui e la sua politica. Strano che nel 1991 il colpo di stato organizzato dal vice di Gorbaciov, Gennadij Janaev, il primo ministro Valentin Pavlov, il ministro della Difesa Dmitry Yazov, il ministro dell’Interno Boris Pugo, il capo del KGB Vladimir Kryuchkov, fallì miseramente senza aver neanche arrestato Boris Eltsin o sparato un colpo.
Alla voce “Storia della Federazione russa” di Wikipedia si trova questo passo
La terapia shock
La conversione della più grande economia controllata dallo Stato in economia di mercato sarebbe stata enormemente difficoltosa senza riforme politiche. Gli obiettivi da perseguire al fine di affrontare tale transizione furono individuati in liberalizzazione, stabilizzazione e privatizzazione. Tali politiche erano basate sul neoliberista “Washington Consensus” di IMF, Banca Mondiale e Dipartimento del Tesoro statunitense.
I programmi relativi alla liberalizzazione e alla stabilizzazione dell’economia russa furono gestiti dal Primo Ministro nominato da El’cin, Egor Gajdar, un economista liberale trentacinquenne, sostenitore della “terapia shock”. Questa iniziò alcuni giorni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica quando, il 2 gennaio 1992, il Presidente russo sancì la liberalizzazione dei commerci con l’estero, dei prezzi e della concorrenza. Lo scopo prefissato dall’eliminazione dei prezzi calmierati era quello di far convergere le merci nei negozi russi (in crisi di approvvigionamento), rimuovere le barriere all’economia e all’impresa privata e tagliare gli aiuti a fabbriche e fattorie statali. Con l’eliminazione di dazi e barriere esterne si voleva invece far convergere nuovo capitale nel mercato russo e, nel contempo, eliminare il potere dei monopoli statali.
I risultati della liberalizzazione, abbassando i controlli sui prezzi, portarono tuttavia a un’inflazione incontrollabile (aggravata dal fatto che la Banca Centrale, organo sotto il controllo del Parlamento russo, scettica di fronte a tali riforme, decise di stampare nuova cartamoneta per finanziare il debito accumulato) e la prossima bancarotta di molte imprese russe, il cui modello di produzione era inadeguato a confrontarsi con il libero mercato globale.
Il processo di liberalizzazione comportò vincitori e perdenti, la cui sorte era condizionata da un insieme di variabili quali classe sociale, età, gruppo etnico e regione geografica in cui il singolo individuo si collocava. Alcuni trassero dei benefici dall’aprirsi del paese alla concorrenza, per altri fu la rovina. Tra i vincitori c’era la nuova classe di imprenditori (alcuni dei quali dediti al mercato nero) che si erano formati durante la perestrojka. Ma la liberalizzazione dei prezzi comportò per gli anziani e per coloro che avevano uno stipendio fisso un drastico calo dello stile e della qualità di vita.
Mentre ogni mese si verificava un’inflazione a doppia cifra, fu avviata una stabilizzazione macroeconomica per porre freno a tale tendenza. La stabilizzazione, anche chiamata aggiustamento strutturale, si concretizzava in un duro regime di austerity (una severa e inflessibile politica monetaria e fiscale). Nel seguire il programma di stabilizzazione, il governo lasciò lievitare gran parte dei prezzi al consumo, alzò sensibilmente i tassi di interesse, elevò drasticamente il carico fiscale dei contribuenti e tagliò recisamente sia ogni sussidio alle industrie e alle imprese statali che la spesa sociale. A causa delle draconiane politiche di austerità messe in campo, si verifico un crollo delle commesse(e di ordini di produzione) e molte imprese russe furono costrette alla chiusura, trascinando nella depressione economica il territorio loro circostante.
La spiegazione razionale del programma era rappresentata dal tentativo di comprimere la pressione inflazionistica incorporata dall’economia in modo che i produttori cominciassero a prendere decisioni economicamente ragionevoli circa produzione e investimenti e in tal modo cessasse lo spreco di risorse che aveva provocato le scarsità delle merci negli anni ottanta. Permettendo al mercato, piuttosto che ai piani governativi, di determinare prezzi, quantità di prodotti e livelli di output, i riformatori intendevano creare un sistema economico basato su incentivi all’efficienza, dove lo spreco e la noncuranza erano puniti dal mercato stesso. La rimozione delle cause della cronica inflazione sarebbe stata, secondo Gajdar, la base per tutte le altre riforme: l’iperinflazione, a parere dei riformatori, impediva democrazia e progresso economico e solo stabilizzando il tesoro statale sarebbe stato possibile smantellare l’economia pianificata sovietica e creare la nuova Russia capitalistica.
Dopo aver realizzato liberalizzazione, stabilizzazione e privatizzazione Boris Eltsin lasciò il potere (su sua indicazione) a Vladimir Putin che dal 1975 al 1991 fu agente del KGB da cui si dimise col grado di colonnello per intraprendere la carriera politica e imprenditoriale, è d’altronde normale suppone che un colonnello dei servizi rimanga sempre un uomo dell’apparato militare.
Da qui la Russia superato il marxismo che ormai impediva lo sviluppo tecnologico militare, riprende una politica di statalizzazione delle attività strategiche e di nuova centralizzazione dello stato. Rinforzata può oggi tornare a confrontarsi con gli Stati Uniti che nel frattempo hanno si consolidato la loro presenza lungo i confini Russi ma sono stati consumati da oltre venti anni di egemonia mondiale e di deregolamentazione economica che ha fatto emergere la nuova potenza cinese.
Ci accorgiamo oggi che l’impossibilità per la Russia di coniugare sviluppo tecnologico (in senso di potenza) e marxismo negli anni novanta del secolo scorso, corrisponde, all’impossibilità odierna per gli Stati Uniti di coniugare l’iperliberismo finanziario con lo sviluppo tecnologico (in senso di potenza) dello stato. Infatti tutto l’apparato tecnico militare americano è funzionale principalmente agli interessi dell’industria bellica privata e in secondo luogo alla difesa dello stato. Di conseguenza si producono armamenti tecnologicamente molto sofisticati e costosi che necessitano di una complessa e onerosa manutenzione, molto vantaggiosi per gli interessi dell’industria bellica ma poco efficaci sul piano militare e strategico. La stessa cosa avviene in politica estera che anche qui mira a portar profitto agli interessi privati e finanziari anche quando risulta evidentemente controproducente per gli interessi della nazione. Oggi gli Stati Uniti come nazione è resa inefficiente sia da uno sviluppo eccessivo della finanza e quindi della sua sempre maggiore centralità negli interessi dello stato che da un ipertecnicismo degli apparati militari che finiscono per perdere operatività bellica.
La teoria che prevede uno stato leggero che si limiti a soli ai tre ambiti di giustizia, difesa e ordine pubblico (liberismo americano) per sua stessa natura si dimostra incapace di impedire ingerenze private anche in questi ambiti.
Questo problema esattamente opposto a quello del socialismo reale in Unione Sovietica, porta allo stesso risultato, una perdita di concorrenzialità in ambito tecnico militare che si sta dimostrando mortale per la politica egemonica Americana.
Questa condizione è per gli Stati Uniti senza via d’uscita, perché contrariamente all’Unione Sovietica non può compiere cambiamenti di rotta per una serie di motivi spesso antitetici tra cui:
gli Stati Uniti hanno vinto lo scontro con l’Unione Sovietica e sono quindi l’unica superpotenza mondiale e non possono arrendersi senza combattere
l’America detiene ancora una predominanza tecnologica anche se costantemente erosa
una decisione del genere sarebbe disastrosa per una nazione in cui un largo strato di popolazione e classe dirigente è convinta che gli Stati Uniti sono portatori di una missione, un “Destino manifesto” (Manifest destiny) nei confronti del mondo e dell’umanità
la popolazione americana è diffusamente armata e composta da gruppi razziali poco integrati, una implosione come quella russa con crisi economica e vuoto di potere sarebbe in questo caso catastrofica
l’America è oggi una entità economica essenzialmente virtuale dove predomina la finanza mentre l’industria è stata praticamente smantellata a favore della delocalizzazione, la nazione vive sull’enorme quantità di dollari usati per lo scambio internazionale che non è in grado di riacquistare
un passo indietro in questa contesto storico e politico farebbe dell’America una nazione tra le nazione che comunque per la sua passata posizione e volontà di predominio sarà sempre guardata con sospetto e se possibile isolata
in un tale contesto la Russia e la Cina rivestirebbero sicuramente ruoli politici ed economici ben più importanti, la prima per aver voluto la politica vincente di integrazioni paritetica tra le nazioni in contrapposizione all’egemonia di un unica superpotenza, la secondo perché a brevissimo tempo sarà la vera superpotenza economica e scientifica del mondo
gli Stati Uniti hanno ancora infinita fiducia nella loro potenza finanziaria e nella manipolazione e gestione dell’informazione con cui sono convinti di poter controllare e dominare il mondo
gli Stati Uniti sono a ragione convinti di controllare tutta l’Europa, grazie alla quale sperano di poter fronteggiare l’alleanza Russo-Cinese
Per questo non occorre essere un profeta per prevedere anni difficili in cui l’America cercherà in tutti i modi di mantenere il proprio predominio e lo farà in primo luogo utilizzando l’Europa come fronte di uno scontro per ora economico ma domani probabilmente militare, uno scontro che permetta all’elite di giustificare un cambiamento radicale della politica e dello stile di vita statunitense. L’America pensa che la propria salvezza possa passare per la distruzione dell’Europa, si tratta di una scommessa rischiosa, ma è l’unica possibilità rimasta all’elite neoliberista.
Sta all’Europa decidere se aderire a un’integrazione paritetica tra le nazioni ed abbandonare la NATO fermando così sul nascere ogni ulteriore ambizione degli Stati Uniti o restare nell’organizzazione difensiva unendosi ancor più agli Stati Uniti firmando il TTIP, subendo le conseguenze terribili che tale scelta porterà prima all’economia europea e poi molto probabilmente ai suoi territori e abitanti.
Un altra possibilità di pace si intravede nell’atteggiamento costantemente critico che gli alti comandi militari hanno manifestato verso le azioni militari volute dalla politica americana. Da ciò si intuire un forte scontro all’interno dell’elite statunitense, se la fazione delle forse armate (cosciente della reale potenza NATO) dovesse prendere il sopravvento su la fazione finanziaria (visionaria e iperliberista), l’attuale politica americana cambierebbe rapidamente a tutto vantaggio (paradossalmente) per le prospettive di pace e di convivenza tra le nazioni.
Per concludere spero che tra qualche anno qualche filosofo potrà ripresentare le parole del Prof. Severino in questo modo:
“È interessante vedere come negli Stati Uniti l’espulsione dell’iperliberismo sia stata determinata dalla coscienza che questa forza ideologica (da mettere insieme alla democrazia al capitalismo al marxismo ecc.) che gestiva la frazione di potenza tecnologica americana, (è saltata perché) ci si è accorti che la presenza dell’iperliberismo ostacolava l’efficacia, l’efficienza di questa frazione. In America l’iperliberismo è saltato per aria non perché si è fatto un atto di devozione rispetto al socialismo o un atto di devozione ancora più improbabile verso il cristianesimo, ma è saltato per aria perché ostacolava quella frazione tecnologica che è rimasta competitiva rispetto alla frazione tecnologica gestita dai Russi. Perché anche oggi pensiamo alla (X nazione) ai problemi della (Y regione) ma non teniamo presente che il pericolo con la P maiuscola rimane pur sempre la contrapposizione nucleare delle uniche due superpotenze che hanno la capacità di distruggersi a vicenda e di distruggere il mondo. Questo è una conseguenza di una situazione in cui la tecnica ha imposto agli Stati Uniti il tramonto di quella ideologia che là era l’iperliberismo a cui corrisponde nel mondo orientale il capitalismo, il socialismo, ecc.”