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Bahrein: la rivolta dimenticata e repressa nel sangue, nel silenzio del mondo "democratico"

di Salvatore Santoru - 20/01/2015

Fonte: Informazioneconsapevole






Si è parlato molto delle cosiddette "primavere arabe" e della voglia di cambiamento presente nel mondo arabo, eppure non di esse sappiamo ben poco.
Per diverso tempo i media hanno parlato dell'Egitto (nella foto) e della Tunisia e in misura minore dello Yemen, per non dire della Libia o della Siria, anche se in questi due ultimi casi difficilmente si potrebbe parlare di "rivoluzioni" in quanto si è trattato perlopiù di rivolte pesantemente manovrate, che sono sfociate in vere e proprie guerre.




Ma "stranamente" delle rivolte in Arabia Saudita, Quatar, Bahrein e le altre monarchie del Golfo nulla o quasi, visto che tali paesi, retti da regimi sanguinari e tirannici, sono fondamentali per gli affari delle oligarchie "occidentali" che muovono la politica estera degli States.



Infatti, la tanto sbandierata difesa dei diritti umani, quando ci sono di mezzo affari petroliferi, sportivi e più in generale commerciali com'è questo il caso, per gli autoproclamati leader "democratici" non ha nessun valore, semmai si può usare come mezzo di propaganda quando sono da colpire paesi che geopoliticamente danno molto fastidio, come è stato per la Libia o è per la Siria.



Parlando dello specifico del Bahrein, paese assai famoso mondialmente per le gare di Formula 1, esso è un paese retto dalla dinastia degli Al Khalifa, basato sulla monarchia assoluta e un'interpretazione dell'Islam decisamente radicale.



Rispetto ai cugini sauditi, c'è comunque da notare che nell'ambito dei diritti civili sono leggermente più avanti, in quanto le donne possono addirittura guidare dal 2003 e c'è in generale più "libertà".



C'è da segnalare che mentre il paese è a maggioranza sciita, il potere è tutto nelle mani della potente minoranza sunnita, che utilizza tali privilegi per praticare continuamente discriminazioni interconfessionali, situazione intollerabile per la popolazione e che è stata una delle cause delle proteste iniziate il 14 febbraio 2011.



Sin da subito queste pacifiche proteste sono state represse anche con l'utilizzo dei carri armati per volere della tirannia dominante, che in seguito ha ricorso anche all'aiuto dei "fratelli sauditi" e dei loro tanks per massacrare in modo più "efficiente" la popolazione.



Nell'indifferenza del mondo le forze armate del regime hanno massacrato perlopiù inermi civili "colpevoli" di chiedere maggiori riforme e libertà, eliminando donne, ragazzini, tra cui il 16enne Hussain al-Jaziri e anche neonati, mentre tra i manifestanti arrestati è diventata relativamente nota la vicenda dell'11enne Ali Hasan.



Simbolo della protesta è diventata la poetessa 20enne Ayat al-Ghermezi, arrestata per aver recitato una poesia critica nei confronti del regime, e in seguito torturata nelle carceri dello stesso.