Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Vladimir Putin e la proposta di una "politica aperta"

Vladimir Putin e la proposta di una "politica aperta"

di Franco Cardini - 16/06/2015

Fonte: Franco Cardini


Ha fatto ovviamente grande rumore, l’intervista concessa da Vladimir Putin a Paolo Valentino e pubblicata su “Il Corriere della Sera” del 6 giugno scorso. Non si può certo dire che il leader russo non sia stato chiaro, né lo si può accusare di reticenza. Eppure, al di là delle domande e delle risposte, serrata entrambe, colpiscono la contraddittorietà e il sottinteso pregiudizio del rapporto tra un titolo che può sembrare conciliante e suona come excusatio non petita (Putin: “Non sono aggressore: patto con l’Europa e parità con gli USA”) e il sottotitolo che sembra smentirlo e mascherare invece nella linea dell’ospite del Cremlino una pericolosa e unilaterale volontà aggressiva (Il presidente russo al Corriere: “Svilupperemo il nostro potenziale aggressivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica degli USA”). Ora, dal momento che troppi sono i lettori che non vanno oltre i titoli e i sottotitoli, l’intento ingannatore è chiaro: rispetto alle parole di Putin la sostanza del problema viene ribaltata, e la denunzia dello scudo spaziale statunitense – pensato per impedire che un eventuale obiettivo dei missili USA possa rispondere al fuoco, e quindi squisitamente offensivo – è stravolta in una dichiarazione intenzionalmente aggressiva. L’inversione degli aggettivi lascia, nel suo cinismo lessicale specchio di ben altro cinismo, senza parole. La denunzia del premier russo, che sa bene di trovarsi sotto tiro – e dalla Georgia all’Ucraina gli USA e la NATO non fanno che puntare sulla Russia nuove armi offensive – viene rovesciata e stravolta in un ordine di discorso contrario, che fa dei possibili aggressori dei probabili aggrediti e viceversa.

Ma il punto non è ancora questo. Il problema è che ormai da parecchi anni la presidenza degli Stati Uniti e il Pentagono sembrano aver di nuovo orientato il loro dispositivo tattico-strategico sulla Russia e su tutti i suoi effettivi o probabili partners. Tra 2018 e 2014 l’Occidente – e in ciò come in altre cose l’Unione Europea ha regolarmente spalleggiato gli statunitensi, andando spesso anche contro i suoi interessi economici e commerciali – ha successivamente provocato in Georgia prima, in Ucraina poi, colpi di mano antirussi più o meno abilmente truccati da sollevazioni “popolari” che avevano come scopo il “rovesciamento delle alleanze”, il passaggio di quei paesi dall’amicizia con la Russia al legame con la NATO e l’avvicinamento di basi fornite anche di testate nucleari al confine russo. Era ovvio che Putin rispondesse come poteva: le secessioni dell’Ossezia meridionale dalla Georgia e della Crimea dall’Ucraina sono state la conseguenza di quelle aggressioni. In seguito, mentre la politica statunitense si faceva meno chiara a causa dei dissensi fra il presidente Obama e il congresso egemonizzato dalla destra repubblicana, era la volta della leadership francese e inglese a indirizzare nella sostanza la NATO ancora una volta indirettamente contro la Russia, fomentando in Siria la rivolta contro Assad.

Da molte parti si sta parlando di una nuova “guerra fredda”: e sembra che se ne vogliano ricostituire gli schieramenti, con il vantaggio da parte dell’Occidente di aver attirato dalla sua una parte dei paesi europei ex-membri del Patto di Varsavia, spesso sfruttando cinicamente il rancore diffuso nei confronti della vecchia egemonia sovietica. I governi europei, con una scelta arbitraria che non ha tenuto in alcun conto la volontà dei popoli (basti pensare all’intollerabile imposizione di una base NATO a Vicenza, quella della Dal Molin, contro l’esplicito parere della stragrande maggioranza della popolazione), hanno ottemperato al diktat statunitense in forza del quale i nuovi membri dell’Unione Europea sono divenuti, automaticamente anche membri della NATO: e ciò senza alcuna verifica a proposito dei nuovi còmpiti che quell’alleanza politico-militare si porrebbe, ora che quelli che potevano giustificarla sono da tempo desueti.

Ma quanto sono meditate, quanto ragionevoli tali scelte? Il mondo dalla fine della “guerra fredda” e anche dai tempi in cui gli USA si atteggiavano, con il presidente Bush jr., a unica superpotenza, sono definitivamente tramontati. Ora, in un clima di peraltro incerto e confuso multilateralismo, si è evidentemente dinanzi a nuove frontiere e a nuovi impegni: dall’ascesa della Cina che sta progressivamente mangiandosi l’Africa alla minaccia di un nuovo e più aggressivo fondamentalismo musulmano ch’è stato causa non ultima del sia pur cauto “disgelo” nei rapporti tra Washington e Teheran, in seguito a una politica distensive nella quale la Russia di Putin ha fatto lealmente la sua parte.

E allora, chi vuole ricreare una nuova, arbitraria “cortina di ferro”? L’atteggiamento russo nei confronti dell’Europa ha seguito fino dai tempi di Gorbaciov una politica improntata a lealtà e a chiarezza: ne sono stati conseguenza rapporti economici e commerciali floridi e vantaggiosi per entrambe le parti. Non fingiamo di non sapere che governi ed imprese occidentali (a cominciare dall’Italia) hanno digerito poco e male il diktat americano che imponeva l’embargo alla Russia all’indomani della crisi ucraina. Quella scelta non era nel nostro interesse nazionale, come non lo era in quello di altri paesi europei: ma Renzi -il quale abitualmente poco si preoccupa di questioni di politica estera, cinicamente consapevole che il nostro paese manca di sovranità politico-diplomatico-militare - ha lasciato che “l’amerikano” Gentiloni si facesse dettare la linea politica dall’ambasciata statunitense.

E giustamente Putin si chiede: perché l’opinione pubblica e i media europei mostrano di ritenere del tutto “ovvia” e “naturale” la politica di acquiescenza dei loro governi nei confronti di un’America che sembra aver intenzione di risollevare il vecchio spauracchio del “nemico metafisico”, della Russia-Impero-del-Male (ci siamo già scordati della ridicola proposta di Obama, secondo al quale avemmo dovuto far a meno del gas russo a buon mercato e importare a carissimo prezzo quello americano?), mentre invece ci si scandalizza poi del fatto che la Confederazione degli Stati indipendenti, della quale Mosca è a capo, si preoccupa di tutelare i suoi rapporti con i confinanti Siria e Iran e di porgere una mano alla Grecia ortodossa o all’Armenia, che al Cremlino hanno sempre guardato come al loro grande protettore?

E infine, domandiamoci: ci sono davvero motivi storici, culturali e “naturali” che colleghino noialtri europei al continente americano più strettamente di quanto non siamo invece collegati a quell’Eurasia della quale l’Europa rappresenta l’apice nordoccidentale? “Il Volga nasce in Europa”, è stato detto. E non basta. Anche la grande cultura russa nasce da una radice bizantina e si è “europeizzata” nell’Ottocento sulla base delle istanze che le provenivano dalla Francia e dalla Mitteleuropa. Oggi una nave che parta da Gibilterra può in pochi giorni, attraverso i Dardanelli, il Bosforo, il Don e il Volga-Donskoj Kanal, arrivare nel Caspio, ai porti di Baku e di Astrakan. Perché mai la “carta atlantica” dovrebb’essere dogmaticamente più plausibile della “carta eurasiatica”?

In un mondo i rapporti all’interno del quale sono in continua ridefinizione, il presidente Putin lancia la sua sfida. L’America, come superpotenza, ha intonato con la campagna irakena il suo “canto del cigno”: un canto alquanto sgraziato. E non saranno i pruriti neobushisti dei vari Mc Cainn a riportar in vita un’egemonia che non c’è più. All’orizzonte del XXI secolo si proliferano le nuove potenze emergenti: il BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), che presto diventerà BRICI perché vi si aggiungerà un Iran lo sviluppo del quale non può essere imbrigliato oltre dai ricatti terroristici.

Ed è arrivata l’ora di chiedersi altresì che cos’è il Mediterraneo. Un golfo dell’Oceano Atlantico presidiato da decine di basi NATO che peraltro fingono di non rendersi nemmeno conto delle tragedie che si stanno scatenando sulle sue coste meridionali, oppure un mare nel quale fin dall’antichità convergono tre continenti legati da una stessa grande avventura culturale alla quale l’America è estranea?