Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ermeneutica della fatticità

Ermeneutica della fatticità

di Franco Volpi - 05/09/2006

Le basi scientifiche dell'uomo moderno

Quando apparve nel 1928, un anno dopo Essere e tempo, l'opera fu salutata come un controcanto al capolavoro di Heidegger. Questi aveva reciso il cordone ombelicale che lega la comprensione della vita umana alle scienze, inventando quell' originale programma chiamato "ermeneutica della fatticità" o "analitica esistenziale", e superando magistralmente con il nuovo concetto di Esserci le aporie dell'antropologia tradizionale. Con altrettanta risolutezza, nei Gradi dell'organico e l'uomo Plessner ricollega riflessione sull'uomo alla sua base scientifica, senza tuttavia ridurre la realtà umana alle sue determinanti biologiche. Al contrario, egli sviluppa un'analisi della posizione dell'uomo nel cosmo che ne mette in risalto l' eccentricità, ossia il comportamento non soggetto a un istinto sicuro e dunque aperto alla libera invenzione delle sue forme, cioè alla plurivocità delle risorse simboliche che ne costituiscono la "seconda natura". Il problema è che Dio è morto, e i concetti-pilastro dell' antropologia umanistico-critiana vacillano sotto le accelerazioni del progresso. Sono entrate in crisi l'idea greca di uomo come essere vivente dotato di ragione e linguaggio, e quella biblica che lo concepisce come persona fatta a immagine e somiglianza di Dio, cioè capace di intendere e volere. Ma quando Dio muore, l'uomo si animalizza: «I Vangeli e il Manifesto del Partito comunista impallidiscono. Il futuro del mondo è nelle mani della Coca Cola e della pornografia» (N. Gomez Davila). In questa situazione, è possibile ridare al concetto "uomo" un senso condiviso? E come? è la grande sfida che viene affrontata nel pensiero tedesco tra le due guerre da una nuova disciplina di cui questo libro è uno dei manifesti più importanti, e Plessner con Max Scheler e Arnold Gehlen il massimo rappresentante: l'antropologia filosofica.