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Lo stupro di una Nazione: gli Iracheni resistono su più fronti

di Hadani Ditmars - 31/08/2015

Fonte: byebyeunclesam


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Perché la narrativa dominante dei media continua a rappresentare gli Iracheni sia come terroristi che come vittime che l’Occidente dovrebbe combattere o salvare? Ancora una volta l’oppressione della dialettica binaria alza la sua brutta testa, mentre l’ISIS, dopo una lunga pausa, riporta sull’Irak l’attenzione dei media.
Quando per la prima volta ho viaggiato in Irak nel 1997, per scrivere per il NY Times del disastro umanitario causato dal regime delle sanzioni, i sapientoni di destra, a causa del mio impegno, mi definirono una cattiva saddamista.
Per quanto cercassi con fatica di trasmettere la complessità della situazione – un regime clientelare dove le sanzioni andavano a colpire ogni giorno gli Iracheni e a rafforzare il potere di Saddam; una scena teatrale fiorente con la possibilità di criticare la classe dirigente con sottili doppi sensi; uno status per le donne più elevato di quello di gran parte del mondo arabo, pian piano eroso dagli eccessi dell’embargo – potevo sentire gli occhi della gente sorvolare e qualunque possibile argomentazione veniva spazzata via da una risposta impassibile: “Ma Saddam è malvagio, no?” Era come se l’intera Nazione fosse ridotta all’unica immagine archetipica di un dittatore arabo.
L’altro giorno, a un ricevimento, un’accademica americana mi ha domandato dei miei progetti per l’autunno. Quando ho detto che sarei andata in Irak a fare ricerche per il mio prossimo libro – un diario di viaggio politico in antichi siti che sovverte la tradizionale narrativa turistica con storie di vedove, orfani e sfollati – ho sentito lo stesso sguardo vuoto. “Oh, fantastico! Così hai intenzione di finire come schiava sessuale dell’ISIS?” ha risposto impassibile – come se l’ISIS fosse la sola narrazione possibile – e il solo male – in un Paese di 33 milioni di anime.
Un decennio fa, la riduzione caricaturale di 33 milioni di persone a mini-Saddam che una volta caratterizzava i ritratti degli Iracheni offerti dai principali media prima dell’invasione fu sostituita da una nuova terribile caricatura: gli Iracheni come folli attentatori suicidi magicamente trasformati da secolari a settari in pochi anni di occupazione. Le vittime del nuovo terrore venivano etichettate come i suoi autori. Per anni gli Iracheni hanno dovuto convivere con questa bizzarra fusione e l’ISIS offre ora una nuova opportunità.
“Schiavo ISIS del sesso” è il nuovo slogan del circuito festaiolo neoliberale – l’equivalente al 2015 di “Saddam è malvagio” che sviscera il contesto, la complessità e ogni senso della situazione irachena.
Perché la narrativa dei media dominanti continua a rappresentare gli Iracheni sia come terroristi che come vittime che l’Occidente sta sia combattendo che salvando? Ancora una volta l’oppressione della dialettica binaria alza la sua brutta testa mentre l’ISIS ha riportato l’Irak sotto i riflettori dei media dopo una lunga pausa.
Negli ultimi dieci anni, sono stati chiusi così tanti uffici stampa nel Paese che i rapporti ‘sul campo’ sono diventati pochi e lontani fra loro nel tempo. Era come se il pubblico occidentale fosse assuefatto alle storie di orrore e non potesse consumarne più. Tutto ciò fino a quando l’ISIS – la sintesi finale di paure occidentali e fantasie neocoloniali sulla regione, che sembra uscita da un film d’azione di Hollywood interpretato da personaggi spettacolari – è arrivato a monopolizzare i riflettori dei media.
L’attenzione dei media ovviamente alimenta a sua volta l’agenda ISIS, al punto che una strana collusione fra la destra islamofoba e i terroristi brutali che denunciano è emersa come un nuovo e fresco mostro. Pamela Geller e Abu Bakr al-Baghdadi potrebbero sembrare una coppia creata in cielo – con un matrimonio celebrato su YouTube.
Articoli come la recente storia del NY Times sull’ISIS e la “teologia dello stupro” – pur se agghiacciante e coinvolgente – informa molto poco sul contesto e va ad alimentare il sensazionalismo che l’ISIS cerca, mentre rimane privo di qualsiasi collegamento con la causa principale di tutta la situazione: non solo un’invasione illegale e un’occupazione disastrosa, ma anche l’instaurazione di regimi post-invasione corrotti e altamente settari.
Racconti sulla cultura dello stupro ed altri terrori post-invasione sono altamente selettivi ed incredibilmente miopi nel loro approccio.
Dove sono le storie oltraggiose sugli attuali orrori della cultura dello stupro (che colpisce sia uomini che donne) nel corrotto sistema carcerario iracheno? Strano, ma non ricordo – a parte una breve agitazione sul caso del marine americano che ha violentato e ucciso una ragazza irachena e la sua famiglia con la giustificazione che lui “non li considerava esseri umani” – una simile enorme copertura delle spaventose statistiche sulla violenza sessuale contro le donne da parte delle forze di occupazione. O dell’enorme crescita dopo l’invasione dei traffici sessuali, della violenza contro le donne e del degrado dello status delle donne in generale.
Dove sono le storie di stupri e saccheggi da parte dell’esercito iracheno dominato dalle milizie sciite, che usa il pretesto di “liberare” i villaggi iracheni dall’ISIS come una scusa per saccheggiarli? O della violenza – sessuale e non – delle milizie curde contro Arabi e Turkmeni nelle aree che i Peshmerga hanno sotto controllo in nome della lotta all’ISIS? O quelle delle milizie yazide che hanno ammesso la distruzione dei vicini villaggi arabi e le loro stesse campagne di terrore che includono il rapimento e l’omicidio?
L’attuale ciclo di violenze e rappresaglie parla del fatto che, in sostanza, l’intera nazione è stata violentata.
Il fascino raccapricciante dell’Occidente per i crimini di guerra dell’ISIS ad esclusione di tutti gli altri insulta gli Iracheni anche se proclama di farne dei paladini.
L’ISIS per quanto orribile non ha inventato la cultura dello stupro, non c’è niente di islamico in essa, e l’attuale situazione non è emersa dal nulla. Fingere un’altra cosa sarebbe, nel migliore dei casi, malafede.
La grande luce alla fine di questo tunnel molto buio è l’attuale ondata di manifestazioni anti-corruzione e anti-settarie – che ricevono da parte dei media solo una minima frazione di copertura rispetto a “l’ISIS è malvagio” – che si stanno svolgendo in tutto l’Irak. Sono manifestazioni trasversali che attraversano classi, generi e linee settarie, che minacciano non solo il violento e corrotto status quo ma la dialettica fortemente binaria che lo alimenta.
Se i governi post-invasione non fossero stati guidati da volgari ladri arricchitisi a spese della loro Nazione e attraverso il clientelismo e il controllo delle milizie, ma piuttosto da politici che avessero investito nella salute pubblica e nei sistemi educativi che erano stati una volta l’invidia del mondo arabo, e se avessero rafforzato i centri per le donne piuttosto che le bande settarie, come sarebbe l’Irak di oggi?
Ma aspettate – questo è pretendere di pensare troppo. Andiamoci a leggere piuttosto un’altra storia sulle schiave del sesso dell’ISIS e dilettiamoci elevando il nostro morale verso più alti lidi.

Traduzione di M. Guidoni