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Viale Pizzini

di Marco Travaglio - 07/09/2006

 
La tragedia è che hanno ragione tutti. Han ragione i berluscloni quando accusano l’Unione di voler occupare la Rai, se non fosse che dal 2002 han fatto altrettanto, e con maggior ferocia. Ha ragione D’Alema quando dice che non se ne può più dei tg di Mimun e Mazza, se non fosse che quando Berlusconi disse lo stesso di Biagi, Santoro e Luttazzi successe (giustamente) il finimondo; e che non esiste al mondo una classe politica che passa il tempo a dar pagelle ai giornalisti (all’estero sono i giornalisti a dar pagelle ai politici). Ha ragione An quando trova inelegante che la signora Rutelli inauguri un programma politico a Domenica In, se non fosse che An ha piazzato in Rai qualche moglie e diverse amanti («l’hanno riempita di mignotte», per dirla con Luca Barbareschi).

Ha ragione Curzi quando dice che i programmi Rai fanno schifo, se non fosse che Curzi non è un passante: da 14 mesi è un amministratore della Rai che fa schifo. Ha ragione Petruccioli quando auspica nomine «in base alla professionalità» e invita la politica a non dettare «esclusioni e inclusioni», se non fosse che un anno fa fu incluso presidente della Rai per investitura di Berlusconi, previo pellegrinaggio nella sua residenza privata, mentre i Biagi, i Freccero, i Luttazzi, le Guzzanti restano esclusi. Potrebbe persino aver ragione il neodeputato Udc Francesco Pionati (che Dio ci perdoni per averlo solo pensato) quando parla di «tentazioni di occupare e normalizzare la Rai per mettere la museruola all’informazione del servizio pubblico per nascondere agli italiani lo stato confusionale in cui si trova il governo» e quando invita il Cda a «respingere le intimidazioni e operare con equilibrio, in una ottica complessiva e non caso per caso, per garantire pluralismo e professionalità», se non fosse che lui è proprio quel Pionati lì, e se qualcuno non lo riconosce è perché, lasciando la Rai, ha dovuto riconsegnare in portineria la museruola d’ordinanza.

Non ha invece ragione - c'è un limite a tutto - Daniele Capezzone quando mena scandalo per il foglietto rinvenuto su un divano di Montecitorio con le prossime nomination Rai. Anzitutto perché il pizzino è un caposaldo nella storia di Viale Mazzini: nel ’94 Del Noce confidò a Minzolini di averne consegnato uno al Cavaliere, con l’organigramma della nuova Rai di centrodestra; nel ’98 Lerner mostrò quello che Landolfi, presidente della cosiddetta Vigilanza, gli aveva passato per raccomandare al Tg1 un’amica precaria;nel 2004 l’Annunziata sbattè la porta perché Cattaneo le aveva messo in mano una lista di nomi scritti a mano non proprio in bella calligrafia.E poi le nomine del pizzino capezzonico sono le stesse che compaiono da giorni sui giornali. Il segreto di Pulcinella. Forse qualcuno le ha lette e se l’è appuntate, o forse Capezzone se le è scritte da solo: cambia poco. Riotta al Tg1, Ruffini a Rai1, Minoli a Rai3, Badaloni a Rai News 24, Braccialarghe al Personale. Ottimi professionisti, curricula eccellenti (Badaloni però, ex governatore del Lazio, sarebbe uno scandalo: un replay a parti invertite di Del Noce, ex deputato forzista, a Rai1). Ma ormai non basta più. Con un Cda formato per otto noni da ex parlamentari o ex direttori di giornali di partito, potrebbero nominare anche Gesù Cristo e la Vergine Maria: il primo sarebbe in quota Unione e la seconda in quota Cdl (ci scusino gl’interessati per la doppia bestemmia), mentre Udc e Udeur chiederebbero una condirezione per lo Spirito Santo, considerato di area centrista. Se per il conflitto d’interessi di Berlusconi il problema è la proprietà, per la Rai il problema è chi fa le nomine: se le fanno i partiti, i nominati - pessimi od ottimi che siano - partono col piombo nell’ala e con la pettorina di questa o quella parrocchia e passeranno il tempo a respingere (o ad accogliere) le pressioni dei mandanti che chiedono conto e presentano il conto. Un trattamento umiliante ed estenuante che seleziona all’origine i nominati: chi ha una dignità e una salute da difendere rifiuta, lasciando campo libero ai servi e ai masochisti.

Di qui parte la legge di iniziativa popolare «Per un’altra tv» che nei mesi scorsi ha raccolto 60 mila firme: nomine affidate a un Cda scelto con pubblico concorso, sulla base di curricula trasparenti, da parte di un’Autorità formata dai rappresentanti di lavoratori, artisti, giornalisti, autori, utenti, consumatori, enti locali, sindacati, associazioni di categoria e (in quota minoritaria) Parlamento. Anche per ricordare che la Rai non è dei partiti: quando si decideranno a ritirarsi da Viale Mazzini, uscendo con le braccia alzate, sarà sempre troppo tardi.