Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Bologna e Sinistra Italiana: nessuna illusione

Bologna e Sinistra Italiana: nessuna illusione

di Luciano Fuschini - 09/11/2015

Fonte: Il Ribelle


Chi avesse avuto la tentazione di sostenere la Lega di Salvini o Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, dopo la manifestazione di Bologna dovrebbe abbandonare ogni illusione di trovare un’alternativa vera a Renzi in quell’ammucchiata.

La presenza di Berlusconi e delle sue cariatidi dovrebbe convincere i benintenzionati e le persone in buona fede che lo schieramento della destra italiana è quello di sempre, un blocco variegato che trova il suo collante nella caccia alla poltrona, nell’affarismo, nella conservazione dei privilegi di casta occultata da slogan di facile popolarità: la rappresentanza della “gente per bene”, il taglio delle tasse, la sicurezza compromessa dall’immigrazione senza freni.

Conosciamo il ritornello, abbiamo già sperimentato i loro governi.

Non a caso a Bologna non c’era Casa Pound, che avrebbe dato una coloritura eversiva a uno schieramento che invece vuole rassicurare tutti i benpensanti. Casa Pound aderì a iniziative di Salvini e Meloni, ma è incompatibile con un blocco conservatore quale si configura con la presenza di Berlusconi.

Si illuderebbe anche chi confidasse in un’alternativa di sinistra a Renzi.

Negli stessi giorni dell’ammucchiata elettorale di centro-destra, è nata SI, Sinistra Italiana. Basterebbe scorrere con l’indice i nomi dei fondatori per concludere che da lì non potrà venire nulla di serio. Il programma di SI è già delineato ed era perfettamente prevedibile dati i precedenti dei capi, la loro storia e la loro cultura politica. Accoglienza degli immigrati che “sono una risorsa e non un problema”, diritti civili a piene mani, vale a dire l’accelerazione della distruzione della famiglia già in atto per opera di quelle forze del Mercato che la sinistra post sessantottina agevola col suo libertarismo, e politica economica keynesiana, come espressamente dichiarato da Fassina e reso ancor più esplicito dalla consulenza dell’economista Stiglitz, già collaboratore di Grillo con effetti del tutto irrilevanti.

Nessuno si aspetti pronunciamenti chiari su quello che veramente conta: l’Europa, l’euro, il TTIP, la collocazione dell’Italia nella NATO con tutte le servitù che ne derivano, la subalternità della politica agli interessi dell’alta finanza.

Conosciamo fin troppo bene la vacuità di questa sinistra.

Anche l’unica enunciazione impegnativa del suo programma, l’adesione a una prospettiva keynesiana, non convince affatto. Sembra che l’unica alternativa possibile sia fra liberismo e keynesismo, quando la profondità della svolta epocale, che sfugge a tutta la mediocrissima classe politica europea e che va ben oltre la crisi economica e finanziaria, configurandosi come disastro di civiltà, di relazioni interpersonali, di legittimità delle istituzioni, esigerebbe ben altre analisi e ben altri rimedi.

 

Il grande equivoco consiste nel credere che lo straordinario sviluppo che si ebbe tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni Settanta, sia stato causato dalla saggezza di un ceto politico che adottò le ricette keynesiane, per cui si tratterebbe ora di tornare a quelle ricette, accompagnate in Italia dal ripristino della Costituzione e dal recupero della sovranità, per rimettere le cose a posto e per rilanciare la nazione verso i destini luminosi dei “domani che cantano”.

Le politiche keynesiane non fecero altro che assecondare processi già in atto grazie alla ricostruzione post bellica, allo sfruttamento ancora coloniale, alla allora inesistente sensibilità ambientalista, ai debiti pubblici ancora controllabilissimi, alla necessità di fare concessioni ai salariati sia per favorire i consumi sia per sottrarre la classe operaia occidentale all’influenza della propaganda sovietica.

Tutte o gran parte di queste condizioni non ci sono più, e con loro diventano inattuali anche le ricette keynesiane.

Del resto pur nel liberismo ancora imperante, non mancano i residui di una logica keynesiana, che i gruppi al potere non esitano ad adottare per tentare di salvare il sistema: cos’altro è il Quantitative Easing se non una misura keynesiana, dichiaratamente rivolta a incrementare investimenti e consumi, nonché a favorire un’inflazione controllata?

I tentàti dalla destra o da SI, ripongano pure le loro speranze. Salvini-Meloni-Berlusconi sono soltanto un’alternativa nella caccia alle poltrone, non l’indicazione di una svolta. SI tutt’al più riuscirà a sottrarre qualche consenso marginale al PD di Renzi e agli scontenti di M5s. Non sarà niente di meglio e niente di diverso da Syriza.

Ci vorrebbe ben altro.

Se la scossa non verrà da fuori, dagli sconquassi che maturano nelle contrade del mondo, nessuno schieramento politico italiano merita la fiducia di chi sente sulla propria pelle, prima ancora di elaborarla intellettualmente, l’insostenibilità di ciò che siamo.