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Chi ricostruirà la politica in Italia?

di Eugenio Orso - 09/11/2015

Fonte: Pauperclass


Secondo Gramsci, che le sinistre neoliberali e gli ex comunisti apostati hanno gettato letteralmente nel dimenticatoio, la politica è espressione della volontà di giungere a nuovi equilibri di forze, nella società che realmente esiste, fondando la propria azione su una forza progressiva. La politica, a un livello più alto, dovrebbe essere razionalità e non esattamente “passione”. Questo è quanto ho compreso, rammentando la lezione gramsciana che in troppi hanno scordato, e ritengo che l’Italia, oggi, sia molto lontana, anni e anni luce, dalla sostanza della vera politica.

Del resto, dietro le parole di Gramsci vi è la concezione della società spaccata, come sede del conflitto permanente, che ci viene da Karl Marx e i partiti politici dovrebbero essere attori a pieno titolo di questo conflitto, inesauribile e reale. Oggi i partiti politici italiani sono niente di più che comparse, nella recita liberaldemocratica, e il piddì, in particolare, è semplicemente una creatura sub-politica del grande capitale finanziario internazionalizzato, destinata a governare il paese per conto terzi.

Se a detta del grande Platone i re avrebbero dovuto essere filosofi (oggi che esistono le specializzazioni diremo filosofi politici), il governo italiano attuale, così come quelli che l’hanno preceduto dal novembre del 2011, è mosso soltanto dagli interessi dei poteri esterni che lo manovrano, in netto contrasto con quelli della popolazione.

Ecco che la politica, oggi, non è espressione della volontà di giungere a nuovi equilibri di forze, nel paese vero, ma semplicemente il riflesso dei desiderata di una classe dominante esterna all’Italia, che controlla i governi locali attraverso entità sovranazionali stabilendo, a proprio vantaggio, il programma politico, le strategie, le alleanze, le scomposizioni e ricomposizioni di forze esistenti.

Una realtà lontanissima, quella italiana, dalla nobilitante concezione della politica che aveva il filosofo Costanzo Preve, che ne individuava i presupposti fondanti nel comunismo comunitario e nella sua etica. Oggi, però, sotto le decisioni politiche che interessano tutte le comunità e le classi nella penisola, non vi è alcun solido legame comunistico-comunitario, non vi è una vera etica, ma soltanto la volontà mercatista e globalizzante di Bruxelles, Francoforte e Washington.

La questione della politica italiana ridotta sempre di più a simulacro di se stessa è, a ben vedere, abbastanza semplice da comprendere. Il “partito” di governo, con l’ambizione di diventare il partito (unico) della nazione, deve sottostare ai poteri esterni nel definire, a monte, le linee di politica strategica da applicare al paese e alla sua popolazione. Inoltre, non ha il controllo della moneta, soggiace al ricatto del debito pubblico (opportunamente stabilito, anche con la sua fattiva complicità) e non ha autonomia nel campo della politica estera (sanzioni contro la Russia mal digerite, scelte obbligate negli approvvigionamenti energetici, sostegno alla linea statunitense in Siria, Iraq, Libia). Più che di un partito, in senso gramsciano, trattasi di un’entità sub-politica anti-nazionale al servizio di poteri esterni, colpevole di collaborazionismo, intelligenza con il nemico, alto tradimento.

Gli altri partiti presenti in parlamento, nonostante qualche protesta a scopo elettorale, accettano supinamente le regole del gioco liberaldemocratico corroborate da “riforme” costituzionali e della legge elettorale contrarie agli interessi del paese, rivelandosi politicamente deboli anche se forti negli slogan (come ad esempio la Lega), o addirittura nocivi perché trattengono la protesta popolare (cinque stelle). Così facendo, i partiti “d’opposizione” parlamentare nei fatti sostengono il governo collaborazionista dei poteri esterni, affidato da questi al piddì, e fungono da stampella al “sistema democratico”, che maschera con il binomio volontà popolare – suffragio universale un ferreo dominio elitista-finanziario.

Se questo è il quadro della situazione, viene da chiedersi chi potrà “ricostruire la politica” in Italia, e in quali condizioni lo farà, dopo che il paese è stato espropriato anche di questa con i trattati europei, l’imposizione dell’euro, la persistenza della Nato e delle sue basi. Ciò che sappiamo è chi non potrà farlo. Non sarà il movimento cinque stelle, ridicola caricatura di una forza proto-rivoluzionaria destinata, forse, a fare il finto “competitor” del piddì in una futura farsa elettorale (con tanto di ballottaggio?). Non sarà la Lega di Salvini che ha ricompattato in forma un po’ diversa e con numeri più ridotti – manifestazione di Bologna, Liberiamoci e ripartiamo – il vecchio centro-destra, sconfitto con facilità dagli occupatori del paese (troika) fin dai tempi di Monti. Men che meno saranno le improvvisate formazioni dell’ipocrita “sinistra radicale” a operare questa ricostruzione necessaria, perché totalmente interne al sistema capitalistico-finanziario-neoliberale e interessate esclusivamente a occupare qualche scranno nel parlamento nazionale, a Bruxelles-Strasburgo e nelle commissioni. Costoro sanno soltanto tirare bidoni agli imbecillissimi italiani con identità, ormai patologica, “di sinistra” (in sequenza: sinistra arcobaleno, rivoluzione civile, l’altra Europa con Tsipras, possibile/podemos e da qualche giorno sinistra italiana).

Fuori dai recinti liberaldemocratici non c’è più nulla. Il vecchio extra-parlamentarismo, in decenni lontani vicino alla lotta armata, si è estinto in un “riflusso nel privato” di portata epocale, che pare irreversibile, segnato da rilevanti mutazioni antropologico-culturali. I figli del ’68 e del ‘77 si sono rivelati, crescendo l’età, supporter della globalizzazione di matrice neoliberista. Lo spazio extra-parlamentare è quasi scomparso. Ciò che ne rimane è occupato da partitini falliti come rifondazione comunista, che non riesce a rientrare alla camera e in senato (fin tanto che ci sarà), oppure da “attivisti” di collettivi e centri sociali che fungono, in molta parte, da cani da guardia sinistroidi, attaccando in piazza i “razzisti” che non accettano valanghe di immigrati, i “fascisti” reduci dalla ridicola destra italiana, e quanti vorrebbero tornare, almeno a parole, alle frontiere dello stato nazionale (vietatissimo! La libera circolazione è in primis a favore del capitale!).

Se quella che vediamo oggi, in Italia, non è la politica, ma la sua caricatura più grottesca, non dobbiamo illuderci che sarà un partito presente in parlamento a ridare dignità a quest’arte, oppure riporre un’ingenua speranza in ciò che ancora si muove fuori dal parlamento liberaldemocratico.

Ma allora, ci si chiederà, stando così le cose, chi riuscirà a ricostruire la politica in Italia, ridandole dignità e scopi più alti del semplice servaggio nei confronti dei potentati esterni (piddì) o del vivacchiare ottenendo seggi in parlamento, consiglieri regionali e posti nelle commissioni (gli altri)?

In questo momento nessuno pare all’altezza di un tale compito, il vuoto etico e la scarsa qualità umana che riscontriamo in ogni dove, nella penisola, e in ogni gruppo sociale, non lasciano ben sperare. Forse nel prossimo futuro le crescenti difficoltà che la popolazione incontrerà, il procedere dell’impoverimento di massa e della marginalità sociale genereranno uomini in grado di affrontare i problemi e di risolverli positivamente. Per ora, purtroppo, passività sociale, rassegnazione e disgusto per la politica dilagano, i collaborazionisti sub-politici della troika prosperano, e non c’è neppure uno straccio di voce (nicciana) a gridare inascoltata nel deserto …