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Natascha Kampusch: è passata da una prigione a un'altra

di Massimo Fini - 10/09/2006

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Come forse il lettore ricorderà, avevo scritto una sorta di elogio di Natascha Kampusch, sequestrata a dieci anni, tenuta prigioniera per otto dal suo rapitore, Wolfgang Priklopil, finché aveva trovato il coraggio e la forza di fuggire dalla sua cella e di liberarsi dal suo aguzzino.
Mi aveva colpito la lettera ferma e risentita che, appena liberata, aveva scritto polemicamente e anche un poco ironicamente ai "Cari giornalisti e cara opinione pubblica mondiale", accusando la prima di aver scritto "falsità e calunnie" su una vicenda di cui nulla conoscevano né potevano conoscere e di voyeurismo morboso la seconda.
Aveva difeso la singolarità della sua storia. Si era negata alle richieste di intervista che a diecimila euro a colpo, le erano piovute da tutte le parti. Aveva scritto, in quella lettera: "L'intimità non appartiene che a me, può darsi che ne parli a una terapeuta se ne sento il bisogno che non ne parli mai".

Aveva rifiutato offerte di 250 mila euro per i diritti cinematografici della sua storia dolorosa e di 50 mila per quelli letterari. Mi era sembrato un comportamento di grande compostezza e dignità.
In sole due settimane è cambiato tutto. È stata presa in consegna da uno staff di tre psicologi, una terapeuta, due avvocati, un portavoce, un addetto alle pubbliche relazioni, che le hanno fatto capire, alla svelta come van le cose nel mondo di fuori, nel nostro mondo, nel mondo delle persone libere.

Natascha ha accettato un'offerta di un milione di euro per un'intervista alla Televisione pubblica austriaca dove è stata così presentata e introdotta: «Ecco a voi Natacha "Beckham" Kampusch».
Un fenomeno da baraccone. Come la donna-cannone che, nei circhi di qualche anno fa, mostrava al pubblico le sue enormi mutande. Lei però si considera già una celebrità e si comporta come tale. Ha già costituito una Fondazione che si occuperà "delle piccole vittime dei crimini, delle donne sequestrate in Messico, della fame in Africa". Scriverà un libro sulla sua vicenda e ha espresso l'ambizione, completati gli studi, di fare la giornalista o l'attrice.
Insomma Natascha Kampusch è stata normalizzata: ora è davvero, e finalmente, una di noi.

Ha detto suo padre, Ludwig, a proposito dello staff: «Natascha è di nuovo in ostaggio. Quella gente... sta distruggendo quel che resta di lei».Aggiungerei che a tenerla in ostaggio non è soltanto l'equipe di "esperti" che la circonda ma l'intero nostro sistema. Il sistema della finta libertà, del mercato, dei quattrini, dei media, il Gran Baraccone che non conosce pudori, né remore, né pietà.
È passata da una prigione a un'altra.

E l'imbarazzante impressione è che il carceriere di prima, Wolfang Priklopil, forse più delicato di quelli attuali e avesse per la ragazza, sia pur in un modo stravolto e criminale, un'attenzione più vera e più sincera. Che Natascha fosse migliore nella sua cella.