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Rendete partecipe Prodi: basta una mail!

di Gianfranco La Grassa - 13/09/2006

Nemmeno avevo finito di scrivere il mio pezzo precedente che subito è accaduto un fatto che è, come si suol dire, “di scuola”, cioè serve ad illustrare quello che avevo scritto. Da giorni si parlava della ristrutturazione della Telecom. Si parlava della divisione in ben tre società: a) Tim (telefonia mobile); b) la Rete, che avrebbe gestito la telefonia fissa, in particolare l’ultimo miglio di cavi; c) Media, società che avrebbe gestito internet (quindi banda larga), TV e multimedialità in genere via computer, ecc.

Ieri, si è avuta la decisione definitiva che ha diviso la società solo in due: telefonia mobile e fissa, in quest’ultima comprendendo anche la multimedialità. Il tutto con accordo, molto parziale al momento, con Murdoch per la fornitura di film, ecc. da trasmettere via internet. Questo, grosso modo, è quello che si è saputo. Non entro ovviamente in discorsi circa la bontà o meno dell’operazione, perché non si può affrettare il giudizio. Certo non credo che si tratti di qualcosa che vada nella direzione strategica da me propugnata nel libro che sta per uscire (Il gioco degli specchi). Ho l’impressione (la prima) che si tratti di operazione di poco respiro (ma per prendere respiro rispetto ai molti debiti).

Tuttavia, non credevo alle mie orecchie ascoltando i TG e sentendo Prodi offeso perché “dieci giorni fa ho avuto un incontro amichevole con Tronchetti” e costui “non mi ha detto una sola parola delle decisioni che sarebbero state prese”. Ha aggiunto che il Governo si riserva di approvare quando avrà saputo qualcosa in più. Infine Prodi, e in questo caso anche Fassino, hanno affermato la gravità della possibile vendita della TIM a stranieri. E’ perfino difficile sapere da dove cominciare per l’enormità di queste dichiarazioni.

Cominciamo con il già detto: si parlava dell’operazione da non meno di una settimana. Se Prodi è rimasto sorpreso (“nella sua buona fede”), è meglio che se ne vada. In secondo luogo, mi dispiace usare questa argomentazione, ma si deve farlo: qui non siamo in URSS dove il manager di una grande impresa statale doveva avvertire di ogni mossa Breznev e il Politburo del partito.

Quando c’è stata la fusione di Intesa con S. Paolo, si è trattato di un fulmine a ciel sereno; i giornali non lo sapevano nemmeno 24 ore prima. Certamente, poiché Bazoli è il padrone di Prodi, questi era informato (non credo di tutti i dettagli, non noti nemmeno ora), però non lo sapeva il paese, non lo sapevano i partiti, non lo scrivevano i giornali: non quelli finanziari, non il Corriere, quello che pubblica sempre con 48 ore di anticipo tutti gli avvisi di garanzia a Berlusconi. Si stava ancora parlando di manovre di Intesa verso Capitalia. Si sapeva di contatti con il S. Paolo, ma come anche con il Montepaschi, ecc. Iozzo e Modiano, amministratore delegato e direttore generale del S. Paolo (considerati in “quota dalemiana”), sono stati colti di sorpresa, uno dei due in vacanza a Capri. Entrambi stavano facendo una brutta fine, e sono stati ripescati nell’organigramma della SanIntesa per pressioni di Fassino, dei DS e, pur se dietro le quinte, immagino anche di D’Alema. In ogni caso, amministratore unico è Passera, uomo fidato di Bazoli (del padrone di Prodi). Si deve ancora aggiungere che una certa segretezza mi sembra d’uopo anche per motivi di Borsa. Per concludere, Prodi non ha mosso un solo rimprovero al padrone per l’improvvisa mossa; a Tronchetti – di cui era noto da giorni il programma ristrutturativo – è stata fatta la faccia d’armi perché non ne ha parlato direttamente con Prodi e non gli ha spiegato tutti i dettagli. Incredibile!

Procediamo. All’epoca, fu fatta guerra a Fazio perché consentiva a persone “poco morali” di prendersi l’Antonveneta (desiderata da Fiorani e Ricucci) e la BNL (scalata da Consorte, ex dell’Unipol). Sappiamo bene che l’indignazione era dovuta all’ardire di Ricucci di voler scalare il Corriere posseduto da persone d’alta etica come Montezemolo, Della Valle (dico: Della Valle), Bazoli, Salza, Profumo e anche Tronchetti (allora in odore di santità), più una decina d’altri della stessa stoffa. Contro Fazio fu portato anche un attacco durissimo per la sua antimodernità: difendeva l’italianità delle banche (dagli assalti dell’Amro e del Bilbao), in un periodo in cui ormai c’era solo l’Europa, il libero mercato internazionale, la “santa” globalizzazione nel cui ambito ci arricchiremo tutti. Che troglodita questo Fazio! E fu costretto alle dimissioni, fra l’altro sfruttando una serie di intercettazioni telefoniche pubblicate sui giornali, che ponevano perfino dubbi sui rapporti tra la “sua” signora e Fiorani. Una vera vergogna morale per chi ha promosso quella campagna! E si sa chi l’ha promossa, non sono ignoti! Sono gli stessi che sono corsi alle Primarie a votare Prodi; sono quelli che l’8 marzo hanno dato il via a Mieli per l’editoriale sul Corriere in cui si invitava a votare Prodi e i suoi “bravi”.

Improvvisamente, tutto mutato. Benetton vuol fondere Autostrade con la spagnola Abertis? Maledetto, cede un pezzo di Italia allo straniero. Si fa la SanIntesa? Bene, si crea un grande Istituto che sarà difficile scalare dall’estero. Tronchetti scorpora la TIM, perché in effetti vuol venderla, e forse all’estero, insomma a chi gliela pagherà meglio? Orrore, suoniamo Il Piave: “non passa lo straniero”. Si può immaginare mala fede più manifesta di questa? A me non interessa difendere nessuno dei personaggi che ho citato fin qui; quello che farei a tutti loro, le pene che comminerei loro, voi nemmeno le potete immaginare. Noto però ancora una volta la menzogna, la lingua biforcuta, la spudorata ipocrisia, di questa sinistra. Guardate che so benissimo che, dall’altra parte, non si sta meglio. Ma io non sto parlando all’altra parte, sto rivolgendomi a quelli che pensavo alleati e talvolta persino amici. E debbo concludere che, avendo votato per gentaglia come Prodi, Fassino & C., che fanno e dicono le cose, di cui quelle sopra riportate sono un minimo, infinitesimale esempio, questi compagni e amici sono come gli altri. In veneto, “compagni” significa eguali o simili; quindi quelli che insistono a restare di sinistra sono “compagni” degli altri. Tutto qui.