Il 21 Maggio 2015 le milizie della formazione terroristica nota sotto l’acronimo ISIS annunciarono la conquista della città di Palmira, nell’antichità importante città siriana, e nota per il suo importante complesso archeologico. Il sito subisce la furia iconoclasta degli islamisti, un palcoscenico dell’ormai noto seguito di esecuzioni di ostaggi, con devastazioni e demolizioni controllate, al fine di vendere reperti archeologici sul mercato nero.
Il 27 Marzo 2016 l’esercito siriano – col supporto aereo russo – dichiara la riconquista della totalità di Palmira, incluso l’insieme delle antiche vestigia.
Il 5 Maggio 2016, alla presenza di rappresentanti del governo di Damasco, dell’esercito siriano, delle truppe straniere alleate, rappresentanti dell’Unesco, di alcuni diplomatici e della stampa internazionale, si è tenuto, nell’anfiteatro romano del complesso archeologico, un concerto dell’orchestra russa del teatro Marinskij di San Pietroburgo, diretto dal maestro Gergiev, col direttore della Casa della Musica di San Pietroburgo, Sergej Roldugin, al violoncello. La scelta del luogo è altamente simbolica, in quanto i jihadisti usavano inscenare le loro hollywoodiane esecuzioni.
I musicisti hanno suonato opere di Bach e Prokof’ev e il concerto è stato trasmesso sulla tv siriana sotto il nome di “Una preghiera per Palmira. La musica fa rivivere le antiche mura”. Il dato particolare è che la celebrazione è stata aperta da un videomessaggio di Vladimir Putin, nel quale il presidente russo ha rimarcato come ”questo evento sia un segno di speranza non solo per il ritorno di Palmira alla vita come patrimonio di tutta l’umanità, ma come la liberazione da questo terribile flagello, il terrorismo internazionale.”
Una menzione meritano i giornalisti americani – la cui incomprensibile assenza, unica tra le troupe di reporter inviate in loco al tempo della liberazione di Palmira, è stata più volte notata – i quali non hanno dimenticato che meno di un anno addietro i terroristi assassinavano prigionieri e civili proprio in questi luoghi, nonostante la riconquista della località passi in secondo piano rispetto alle parole del rappresentante del Dipartimento di Stato americano, come il New York Times ha evidenziato: “Gli Stati Uniti non ritengono un miglioramento della situazione che a Palmira al posto dell’ISIS ci sia il regime di Bashar Assad.”
Analoghe dichiarazioni sono giunte dal Segretario agli Esteri britannico, Philip Hammond, che ha definito il concerto un “insipido tentativo di distrarre l’attenzione dalla sofferenza continua di milioni di siriani” in riferimento al bombardamento – attribuito dal solito Osservatorio Siriano per i Diritti Umani al governo di Assad – di un presunto campo profughi a Idlib, che poi si è scoperto essere un’installazione dei qaidisti di al-Nusra.
Pronta la replica del Ministero degli Esteri russo nelle parole della portavoce Maria Zakharova: “Quanto al signor Hammond, è certamente triste che non gli sia piaciuto il concerto. Eppure abbiamo fatto tutto quello che potevamo per accontentarlo, e non perché sia un conoscitore di musica – ora sappiamo che non ne sa assolutamente nulla – ma perché a tutti interessa quello che ha riportato riguardo all’evento. Del resto gli altri suoi commenti non interessano a nessuno.” Una reazione sarcastica ma comprensibile, quando leggiamo le dure parole del Ministro della Cultura Medinskij, anche lui presente: “La comunità internazionale ha gestito la minaccia dell’ISIS e del terrorismo internazionale in modo estremamente inefficace e, mi sembra, dovrebbe ora fare ammenda per le proprie colpe aiutando a salvare quel che può ancora essere salvato. Quello che è stato fatto qui non può che essere comparato a quello che i fascisti hanno fatto in Russia.”
In generale la gran parte della stampa mondiale ha recepito il concerto in forma cronachistica, presentando l’evento come un festeggiamento simbolico per liberazione di Palmira – il che è effettivamente vero -, a eccezione dei media statunitensi ed europei, concordi nel darne una lettura propagandistica netta (il tedesco Der Spiegel ha scritto di “propaganda video fra le rovine”) o più argomentata: il Washington Post ha sottolineato “lo strano tentativo da parte russa di ricoprire un ruolo in un quinquennale conflitto, con oltre 250.000 morti e milioni di richiedenti asilo” e la BBC ha evidenziato come “la Russia desidera dimostrare al mondo di svolgere un’azione positiva nella risoluzione del conflitto siriano, portando pace e stabilità nel Paese e aiutando al recupero dei patrimoni dell’umanità per l’Unesco.”
A livello di puro gossip geopolitico registriamo le dichiarazioni del britannico Guardian, che ha definito il maestro Gergiev un ”favorito del Cremlino” e della tedesca “Deutsche Welle”, che ha fatto notare come il maestro sia una sorta di abituè nelle zone di conflitto in cui la Russia di Putin si impegna militarmente, ricordando un analogo concerto a Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del Sud, non riconosciuta dall’Occidente. La testata tedesca dimentica la partecipazione di Gergiev a Fukushima e Beslan, dove il presidente russo non aveva interessi nazionali da difendere. Purtroppo la softwar occidentale contro la Russia comporta anche smottamenti della realtà.