La Turchia e l’Arabia Saudita, le evidenze del piano israeliano per il Medio Oriente
di Rasoul Goudarzi - 14/05/2016
Fonte: controinformazione
La Storia contemporanea ci ha dimostrato che, nella politica, non ci sono nemici nè amici eterni. Per lo meno così lo ratificano gli avvenimenti che hanno avuto luogo nella regione del Medio Oriente e lo dimostrano i vincoli tra l’Arabia Sudita e la Turchia con Israele.
Di fatto, lo sviluppo degli avvenimenti in Medio Oriente, l’instabilità permanente nella regione e diversi fattori in più hanno motivato i governi a non avere una politica estera stabile nelle loro relazioni con altri paesi. Prima che Ankara facesse dei passi per ristabilire i suoi vincoli con il regime di Israele, l’Arabia Saudita ha condotto i suoi giochi in forma clandestina con lo stessso fine e così per favorire le sue politiche nella regione.
In questo articolo pretendiamo di analizzare i precedenti delle relazioni tra Ankara e Tel Aviv, oltre ad analizzare il perchè si siano ristabiliti tali vincoli.
I vincoli tra Ankara e Tel Aviv
La Turchia fu il primo paese mussulmano che riconobbe il regime di Israele, il 28 Marzo del 1949. Entrambi consideravano di alta priorità i proprio rapporti militari, strategici e diplomatici. Nella decade degli anni ’90, si consideravano alleati molto vicini, tanto che realizzavano anche manovre militari congiunte.
Secondo una informativa pubblicata dal New York Times, nel 1999, le relazioni bilaterali tra entrambi i paesi si fortificarono tanto che le forze aeree israeliane realizzavano manovre nello spazio aereo turco e gli israeliani si incaricavano di modernizzare gli aerei da combattimento turchi.
Tensioni tra Israele e la Turchia
Con l’arrivo al potere del Partito della Giustizia e Sviluppo (AKP), nel 2003, la politica estera turca fu basata su zero conflitti con i vicini, in accordo con la dottrina di Ahmet Davout Oglu, che pretendeva che il suo paese svolgesse il ruolo di leader nel Medio Oriente. Nonostante questo, la nuova dottrina produceva delle conseguenze, ovvero tenendo in conto la mappa politica della regione, qualsiasi amicizia o alleanza con un paese, poteva provocare la inimicizia con altri.
Tuttavia le autorità turche, ignorando questa realtà, portarono avanti il piano di riconciliazione con i paesi della regione. In questo contesto, il partito di Erdogan, la cui dottrina si fondava sull’Islam, rese prioritario l’appoggio ai gruppi islamici della regione, così come al Movimento di Ḥamās, in Palestina, una decisione questa che provocò una risposta dei governi reazionari della Regione, oltre a Israele.
In ragione della profonda ostilità tra Ḥamās ed il regime israeliano, oltre al fatto che Ankara voleva essere il paese leader della regione per far rivivere l’Impero Ottomanno, i leaders di Ankara smisero di mediare tra Israele e Ḥamās ed iniziarono ad appoggiare esplicitamente il movimento islamico.
Questa fu la causa detonate delle tensioni tra Ankara e Tel Aviv, il cui culmine fi raggiunto con l’attacco dei commandos israeliani alla nave turca Mavi Marmare, una nave caricata di attivisti filopalestinesi che si dirigeva a Gaza nel 2010 e che lasciò dieci vittime turche. Davanti a questa situazione Ankara ha voluto esigere in varie occasioni un atto di scuse da parte degli Israeliani ma questo non è mai avvenuto. Così che si è prodotta un assoluto impasse nei rapporti bilaterali.
Ristabilimento dei rapporti –
Nella situazione in cui si trova la regione del Medio Oriente, che significa menzionare la crisi tra la Turchia e la Russia, i conflitti in Siria ed in Iraq, oltre alla interazione dell’influenza iraniana nella regione e il mondo dopo l’accordo sul nucleare, Ankara non vede altra alternativa che ristabilire i vincoli con Israele.
In altre parole entrambi presentano inquietudini comuni, esigenze di sicurezza e interessi reciproci, fattori che li spingono ad avvicinarsi di nuovo.
Nonostante questo, in base ai paramentri esistenti che andrema vedere in seguito, sembra che sia Ankara che ha il maggiore interesse in questo riavvicinamento.
Di fatto oggi la Turchia è coinvolta in seri conflitti regionali che hanno reso difficile la sua situazione, tanto a livello interno come esterno. Dall’inizio della crisi siriana, Ankara ha scommesso per una politica ostile verso Damasco ed ha tifato per la eliminazione del presidente Bashar al-Assad. Così, per ottenere questo obiettivo non ha escluso l’appoggio finanziario, militare e logistico agli oppositori armati di Al Nusra e degli altri gruppi terroristi, incluso l’ISIS.
Questa politica ha apportato gravi conseguenze ed ha oscurato la sua immagine di paese pacifico davanti alla comunità internazionale. Una delle più importanti conseguenze è la tensione con Mosca, che è iniziata con l’abbattimento dell’aereo russo, lo scorso 24 Novembre del 2015. Successivamente a questo avvenimento, la Russia ha applicato misure di rappresaglia ed ha tagliato tutti i vincoli economici e politici con la Turchia. Così che l’economia del paese si è vista ulteriormente pregiudicata, ugualmente come il suo settore energetico per causa del rifornimento di gas russo.
In tali circostanze, con l’obiettivo di ridurre gli effetti diretti o indiretti delle sanzioni russe e propiziare un nuovo cambiamento della politica estera, i leaders turchi hanno optato per riallacciare le relazioni con Tel Aviv. Questo anche visto che i territori della Palestina dispngopno di ingenti risorse di gas nel Mediterraneo. Circa 990 milioni di metri cubi con quelli che la Turchia potrebbe eludere le sanzioni russe e ricevere il gas che necessita.
Dall’altra parte il regime israeliano che condivide la politica della Turchia nelle equazioni regionali, considera i benefici di questo riavvicinamento. Pertanto ha annunciato la sua disponibilità a pagare 20 milioni di dollari come indennizo ai familiari delle vittime del Mavi Marmara. Inoltre hanno dato luce verde alla richiesta della Turchia che prevede che gli abitanti di Gaza abbiano accesso al mare in acque internazionali e si vadano ad eliminare gli ostacoli per l’invio di aiuti internazionali nell’enclave costiero.
Il Piano sionista per il Medio Oriente –
Si può segnalare che al momento, la escalation delle tensioni, dei conflitti, delle guerre e dell’insicurezza hanno portato beneficio alla concretizzazione del piano sionista di Israele per il Medio Oriente, visto che tali avvenimenti hanno motivato il riavvicinamento di certi nemici come nel caso dell’Arabia Saudita e della Turchia.
Sulla base di questi cambiamenti avvenuti nella regione, adesso Israele può promuovere i suoi progetti egemonici ed eliminare l‘asse della Resistenza nel Medio Oriente, che viene impersonata dall’Iran, dal Libano e dalla Siria . Di fatto, mediante il suo riavvicinamento alla Turchia, Israele pretende fare pressione sul Governo siriano e attraverso i suoi vincoli con i sauditi, cerca di attaccare l’Iran ed il Libano.
Se si materializzeranno i suoi obiettivi, Tel Aviv otterrà di sospingere il piano di divisione del Medio Oriente, conosciuto come un progetto sionista-statunitense, piano da cui risulterebbe la formazione di paesi piccoli (divisi su base confessionale) in modo che non possano svolgere un ruolo significativo nella regione e costituire una seria minaccia per Israele.
Fonte: Hispan Tv
Traduzione: Manuel de Silva