Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / USA, il gioco puritano delle tre carte

USA, il gioco puritano delle tre carte

di Luca Leonello Rimbotti - 19/09/2006

Ancora peggio dell'imperialismo americano c'è l'americanismo, versione contemporanea dell'ossequiosità nei confronti del potere


L'antica febbre italiota di servire lo straniero è oggi un virus europeo. Quando abbiamo visto le migliori tempre "rivoluzionarie" di casa nostra, rimaste orfane dell'URSS, precipitarsi nella Quinta Strada a mendicare un po' d'attenzione dai magnati finanziari, è stato come una rivelazione. Quando poi, di rincorsa, abbiamo assistito a eroi cartonati del fiero neofascismo italico genuflettersi davanti a un'ennesima "grande nazione amica" rinnegando padri e madri, abbiamo provato un genuino senso di nausea.

Da cocciuti idealisti, solo allora abbiamo capito.

Le sconfitte e le vergogne nazionali, gli ideali e i drammi sono passati come acqua fresca sulla faccia furba dei nostri piccoli e codardi Talleyrand. Gli italiani sono ancora loro, la loro politica è ancora quella degradante dei tempi cortigiani di Machiavelli: cercarsi un padrone potente e diventarne gli zelanti portaborse. Alla faccia di Marx, di Lenin, di Mussolini. Ma anche alla faccia dei vecchi liberali alla Sonnino, che ancora avevano quella sorta di umano pudore che una volta veniva chiamato senso dell'onore, personale e nazionale.

La sbornia americanista che impazza sulla nostra testa dimostra che parlare oggi di politica italiana, di politica europea, è solo un patetico scherzo.

Contro l'americanismo Leggendo Contro l'americanismo di Marco Tarchi (Editori Laterza) si ha tutta la misura dello svergognato accoppiamento tra ipocrisia e criminalità che governa gli atti degli oligarchi europei, piazzatisi sul carro americano in qualità di ottusi valletti. Lo scandalo non è l'America. Lo scandalo è l'americanismo, cioè il tradimento dell'Europa, dell'idea di politica e di onestà ideologica.

L'America la conosciamo. È un impero mondiale basato su un colonialismo di rapina, e da sempre fa il suo mestiere. Alla maniera anglosassone: buona vecchia tradizione di sfruttamento. Sono due secoli che gli USA ripetono il gioco puritano delle tre carte: violenza e sopruso esportati ovunque coi nomi santi di liberazione, democrazia, diritti umani. Aggressione e degradazione dei popoli in omaggio al patologico convincimento di rappresentare il Bene biblico, da imporre a tutto il pianeta con la propaganda, la corruzione, l'invasione consumistica e, quando non basta (e spesso non basta) con la brutale violenza, con la guerra, con gli eccidi di massa. La doppia, tripla morale quacchera che presiede al tristo teatro degli inganni - in forza del quale bombardare Baghdad è buono e giusto, mentre resistere disperatamente ad una occupazione militare straniera è terrorismo criminale - ha trovato svelte complicità fra le sbandate greggi dirigenti dell'epoca post-bipolare.

Al gioco si sono subito prestati i soliti noti della piaggeria europea, ma italiana soprattutto. Come sempre, l'italiano, in una corsa al servilismo, risulta il migliore. E, come ogni servo, dopo il servigio, ama ostentare i favori del padrone, come garanzia di qualità che lo riscatti dalla propria evidente pochezza. La pratica quotidiana di travisare la realtà ha ormai raggiunto vertici tali, che Tarchi ne conclude esserci evidentemente una "strategia dei media" aggiogati all'America, che persegue la falsificazione come metodo che ha crescenti ritorni.

Franco Cardini, Astrea e i titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo Gli esempi sono innumerevoli. La menzogna sulle inesistenti "armi di distruzione di massa" è costata migliaia di vite fra civili e militari, e tuttavia non è bastata a togliere la maschera agli aggressori. Troppo potente è il loro arsenale propagandistico. Nessuno sembra riflettere sul fatto che se in Italia un Pietro Micca - che fece saltare in aria un bel po' di austriaci con un attentato "terroristico" in piena regola - è celebrato come un eroe nazionale italiano, non si vede perché non dovrebbero esserlo i suoi omologhi iracheni o palestinesi. E quelli di via Rasella: eroi o criminali? "Gli attentati e le congiure - scrive Tarchi con la chiarezza di parola che manca a tanti osservatori o politologi rinchiusi negli ermetismi bizantini - hanno sempre fatto parte delle guerre di liberazione e di indipendenza, e un paese che celebra nelle cerimonie pubbliche e sui libri di testo la Carboneria e il Risorgimento non dovrebbe dimenticarlo troppo in fretta.la causa dell'esplosione di violenza 'terrorista' è il ruolo che gli Stati Uniti svolgono da decenni in Medio Oriente a difesa non della libertà (il Kuwait è uno dei paesi meno democratici al mondo, privo di libere elezioni e di istituzioni rappresentative) ma dei propri interessi politici ed economici, senza riguardo per le aspirazioni alla giustizia e all'indipendenza dei popoli della zona, palestinesi in testa".

Come tante piccole Americhe, gli Stati europei si sono gettati a sciacallare l'Irak ben protetti dallo scudo americano. Vanno a fare affari: tutti lo sanno, a chi importa della "democrazia" irachena, di quella albanese, di quella afghana? Senza contare che nessun buono e saggio e pacifico e altruista dovrebbe avere il diritto di imporre la democrazia a suon di bombardamenti: elementare principio democratico, questo. O no?

Intanto, mentre parliamo, le multinazionali USA si stanno spartendo il bottino umanitario della "ricostruzione" irachena e, nel suo piccolo, l'Agip sta concludendo i suoi contratti iugulatori, godendo dell'intimidazione militare e del ricatto economico. Democrazia? Libertà? Civiltà?

Ma il lavoro di Tarchi va oltre. Ci dimostra quanto possano la viltà ideale e il calcolo degli interessi nel rovesciare i termini, facendo passare l'ingiustizia atroce per una leale difesa della "civiltà". Al di sotto del grande gioco, poi, nella provincia dell'impero il grottesco e il paradossale dilagano. Ex-comunisti bombardatori di Belgrado che sfilano alle marce della pace. Libertari che plaudono alla perdita di indipendenza di popoli e nazioni. Anti-globalizzatori favorevoli alla società multietnica. l'incredibile ha corso normale nel perverso circo mediatico liberal. E al centro del circo dove non ci stupiamo di trovare faccendieri, speculatori, parassiti, riciclati politici imbonitori di ogni razza ballano il loro miserabile minuetto i detriti di ciò che una volta era l'alternativa, l'antagonismo: "destra", "sinistra", i finti e pavidi "rivoluzionari" di ieri, i mazzieri del capitalismo finanziario di oggi.

Tarchi lo scrive senza fronzoli: "l'accodarsi all'opzione 'occidentale' di molti di coloro che l'avevano in precedenza avversata ha dato un'ulteriore spallata al tradizionale discrimine sinistra/destra, ponendo di fatto conservatori e progressisti convertitisi all'ordine unipolare a guida statunitense nello stesso campo e contrapponendosi a tutti coloro che, qualunque fossero le loro provenienze ideologiche, alla filosofia del gendarme planetario a stelle e strisce non intendono aderire". La grande ipocrisia planetaria ne contiene molte altre più piccole.