Il tunisino di Nizza? La nostra Ombra malata
di Alessio Mannino - 17/07/2016
Fonte: vvox
Quella con la fazione estremista che ha trasformato l’Islam in una ideologia politica non é una guerra tradizionale, é ibrida: una parte si combatte con le armi, alla vecchia maniera, su territori definiti in Irak e Siria; ma la parte che riguarda noi in Occidente che viviamo una vita ancora pacifica, anche se non più propriamente serena, é una violenza potenziale, col nemico che può nascondersi nel vicino di casa o di quartiere. In Francia, specialmente, nelle banlieues dove i figli e i nipoti dei primi migranti, o anche immigrati di primo arrivo come il tunisino Bouhlel sterminatore di 84 innocenti sul lungomare di Nizza, possono abbracciare un credo di distruzione e autodistruzione per trovare un senso, sia pur tragico, alla loro frustrazione di individui dall’identità etnica incerta, precaria, schizofrenica, che prende la vita della morte spesso – e sempre Bouhlel ne é l’ultimo esempio – se accompagnata da vera e propria instabilità psichica, con disturbi narcististici e anti-sociali.
SOLDATO DEL CALIFFATO?
Non ci sono ancora prove incontrovertibili che il tunisino di Nizza si fosse radicalizzato in senso islamista. Al momento soltanto indizi: la scelta simbolica del 14 luglio festa nazionale della Francia rivoluzionaria (e quindi laica, giacobina, moderna) e, stando alle ultime notizie, vaghi e non meglio precisati contatti trovati sul suo cellulare. Per il resto, quel che si sa dal racconto della moglie, dei vicini, dello psichiatra che l’aveva in cura e dalla fedina penale, è che l’omicida-suicida sia uno squilibrato che abbia agito senza un perché accertato. Quasi tutti noi, spettatori in tempo reale sui social network, abbiamo pensato ad un attentato terrorista. E’ stato fisiologico: ormai siamo assuefatti allo stillicidio di attacchi di questo tipo. Il vicepresidente delle comunità musulmane francesi si é dimesso seduta stante, e a pochissimi é venuto un sano dubbio. Ma l’Isis ha rivendicato dopo quattro giorni, e anche nel governo di Parigi non hanno le idee chiare, col bislacco ministro degli Interni che prima esclude e oggi ipotizza la pista del Califfato.
DELIRIO (COLLETTIVO)
Si é sbagliato anche noi, dunque, a lanciare un umanissimo grido di rabbia e di dolore quando il sangue non si era ancora rappreso sulla Promenade des Anglais? Sì e no. Sì, se stiamo ai fatti nudi e crudi finora emersi. No, se cerchiamo di analizzare le cause profonde che possono – possono, non necessariamente devono – generare mostri che non conoscono pietà (leggetevi il rapporto uscito sulle torture degli ostaggi al Bataclan, dopo quelle a Dacca: occhi strappati, sventramenti, castrazioni). Nessuna pretesa di scientificità, di cui ci mancano i titoli. Ma una sensazione, forte: chi soffre di problemi mentali rappresenta la punta acuta di un disagio diffuso, che proviene dall’insoddisfazione per un’esistenza priva di un grande scopo, di alti doveri, di una pienezza che colmi il vuoto in cui ci dimeniamo, circondati da facili sicurezze, comfort, felicità fasulla, piaceri obbligatori, in un immaginario pubblicitariamente modellato sul “tutto e subito”, coccolati, igienizzati, profumati, esentati dalla fatica fisica e psicologica, abituati a rifiutare infantilmente il sacro, i misteri della morte, della vecchiaia e della fatalità. Se si scorrono le biografie dei volontari occidentali dell’Isis, si scoprono vite giovani che a un certo punto credono di trovare il riscatto dalla propria miseria esistenziale nell’impugnare un mitra o nell’immolarsi in nome di un Assoluto (l’Allah interpretato come un Dio di conquista e conversione totale), poiché «si propone come una sorta di bussola che, nei meandri di una caotica vita quotidiana, orienta magneticamente quanti si sottomettono ad esso» (Renzo Guolo, “L’ultima utopia”, 2015)
IL NULLA ASSOLUTO
Ma questo Assoluto brutale non é che l’altra faccia del Nulla, che é per l’appunto questa mancanza di senso. Una privazione che, di norma e regola, non tormenta chi ha una fede paga di sé, religiosa o non religiosa che sia, ma equilibrata e ben inserita in una comunità. Questo sentirsi animali in gabbia é un male che colpisce chi letteralmente non ha nulla da perdere, chi é assediato dalla sindrome del nulla, e al nulla di valori e significati reagisce col suo opposto, il fanatismo. Che infonde coraggio e dedizione, la “grande salute” ricordata niccianamente dal filosofo Michel Onfray (“Pensare l’Islam”), quella di cui non si é capaci interiormente con la disciplina e lo sforzo su di sé, e che vengono proiettati all’esterno, su ciò che rappresenta la parte che si vorrebbe espellere, che si odia, che causa alienazione e intolleranza: lo stile di vita occidentale, così apparentemente libero, tranquillo e rilassato, e invece così poco appagante, così artificioso e artificiale, scandito da ritmi innaturali e stressanti, senza slanci, ricchissimo di oggetti e comodità e, diciamolo pure, di cretinate (che sobilla gli esclusi da questo finto Bentegodi) e poverissimo di spiritualità. Il Dio del Nulla dei fanatici islamisti é il rovescio, uguale e contrario, di quello nostro, il dio mercato. E’ la modernità ormai invecchiata e morbosa, che da progresso é diventata regressoinvadendo anche il mondo musulmano, ad aver partorito la sua ombra malata.