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Tutti contro Mosca: vuole far rispettare le norme ambientali

di Sabina Morandi - 22/09/2006

 
Proteste per lo stop al megaprogetto siberiano Sakhalin 2


Immediate, un tantino razziste ed estremamente minacciose. Si possono descrivere così le reazioni alla decisione, presa lunedì dalle autorità moscovite, di sospendere i permessi concessi nel 2003 per la costruzione del Sakhalin-2, il mega-oleodotto con annesso impianto di rigassificazione affidato a un consorzio guidato dalla Shell.

A dare il via agli attacchi sono stati i giapponesi, coinvolti nel progetto sia per motivi di approvvigionamento energetico - gli oleodotti siberiani dovrebbero assicurare a Tokyo una stabile fornitura - sia per la presenza nel progetto di Mitsui e Mitsubishi. Shinzo Abe, capo di gabinetto dell’attuale governo in corsa per il premierato, ha avvertito che la mossa potrebbe danneggiare le relazioni internazionali e spaventare gli investitori stranieri. Posizione ricalcata in pieno da Bruxelles e da Londra, che ha presentato proteste formali alle autorità del Cremlino.

Il capo dell’agenzia ambientale russa, Oleg Mitvol, si è presentato alla conferenza stampa con alcuni ambientalisti noti (come Igor Chertin, direttore di Wwf Russia) per difendere la scelta di bloccare i permessi in attesa che siano definitivamente revocati da altri organismi tecnici. «Non siamo contro gli investimenti stranieri - ha dichiarato -ma non vogliamo trasformare la Russia in una repubblica delle banane». Mitvol ha fatto notare che sono in discussione anche i premessi di esplorazione accordati alla Tnk-Bp, una joint venture anglo-russa nata per sfruttare il Kovykta, grande giacimento di gas situato nella Siberia orientale. Sarebbero stati i magistrati di Irkutsk (la capitale della regione) a chiedere il ritiro delle concessioni assegnate alla Tnk-Bp per non avere rispettato la normativa vigente.

Non è la prima volta che le attività petrolifere siberiane attirano l’attenzione degli ambientalisti. La svendita delle risorse naturali seguita al crollo dell’Urss e al caos che ne è seguito ha consentito alle grandi corporation di sbarcare nel Far East petrolifero nelle migliori condizioni: con accordi di suddivisione dei profitti (production-sharing agreement) di stampo coloniale e con la garanzia della totale impunità. Poi, è arrivato il mega-progetto sull’isola di Sakhalin, territorio russo affacciato sul nord del Giappone. Qui, secondo la Shell, ci sarebbero da tirare fuori 17,3 Tcf di gas (dove Tcf sta per Tera cubic feet ovvero Trilioni di piedi cubi) e almeno un miliardo di barili di petrolio. Il condizionale è d’obbligo per una compagnia che appena due anni fa ha dovuto ridimensionare del 25 per cento la stima delle riserve che, per tenere alte le azioni, erano state abbondantemente gonfiate. Ma mettere su un progetto faraonico in una zona ecologicamente fragile comporta problemi a non finire.

E’ quello che è accaduto al Sakhalin, con l’aggravante delle valutazioni di impatto truccate per aggirare le linee guida delle grandi istituzioni finanziare internazionali e con gli studi indipendenti spariti dalla circolazione quando potevano danneggiare l’immagine del consorzio. Contro il Sakhalin si sono schierati per primi gli animalisti, preoccupati per l’estinzione delle ultime balene grigie del Pacifico che hanno trovato rifugio nelle isole, e poi è arrivata la protesta degli abitanti che vivono di caccia e pesca e della florida industria del salmone selvatico. Nel 1997 le comunità locali si sono riunite nella Sakhalin Association of Indigenous Peoples of the North (Associazione di Sakhalin delle popolazioni indigene del nord), una coalizione composta da svariate etnie locali (i Nivkh, gli Uilta, i Nanai e gli Evenk) che si sono messe in rete con ong russe come la Russian Independent Environmental Assessment di Vladimir Anikeev o il Legal Center Rodnik di Katerina Khmeleva, per ottenere dei monitoraggi indipendenti e, soprattutto, l’istituzione di un fondo di compensazione per aiutare i nativi a sopravvivere qualora le principali fonti di sussistenza venissero compromesse.