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Titolisti cialtroni

di Miguel Martinez - 22/09/2006

Da una parte, ci sono quelli di destra che dicono una cosa, dall'altra quelli di sinistra, e quindi, spannometricamente, siamo portati a pensare che la verità dovrebbe trovarsi in mezzo.

Il problema sorge quando destra e sinistra dicono la stessa cosa. Mentre la verità sta invece da tutt'altra parte.

La maggior parte della gente non legge tutti gli articoli di un giornale, ma si limita a guardare i titoli, e forma in genere lì il suo giudizio, salvo che un particolare argomento gli stia a cuore.

Libero oggi titola, "Fucilati in Indonesia perché cattolici". Ecco cosa dice la destra, insomma.

Vediamo cosa fa invece Repubblica, il quotidiano più laico d'Italia. E anche il quotidiano più letto da quelli che non si direbbero d'accordo con la Fallaci, o con la guerra in Iraq.

Repubblica titola, "Indonesia appelli inutili fucilati i 3 cattolici" e sopra, "Il Vaticano: processo ingiusto".

Questo è quello che dice la sinistra.

Se cerchiamo la verità in mezzo, tra il giornale di destra e quello di sinistra, viene fuori qualche variante su questa frase: "paese musulmano fucila tre persone perché sono cattoliche".

E le conseguenze ricadranno, non sul governo dell'Indonesia, ma sul primo musulmano che capita. Certo, non ci saranno linciaggi. Ma una goccia si aggiunge al vaso già stracolmo di simili titoli, per guardare con meno interesse l'appello di un marocchino che sta per essere espulso, per non pubblicare il comunicato di un'associazione islamica, per dire che i libanesi in fondo si meritano le bombe israeliane, per rifiutarsi di affittare un garage a chi ci vuole fare una moschea.

Ora, vediamo invece che cosa è veramente successo.

Nel distretto di Poso, nella lontana isola di Sulawesi, autoctoni e immigrati si massacrano con una certa regolarità da alcuni anni, un problema che affligge svariate regioni dell'immenso arcipelago indonesiano.

Il caso vuole che gli autoctoni, i Pamona, discendano da tribù della montagna, che furono convertite, almeno superficialmente, al protestantesimo, da missionari olandesi, e poi mandate a coltivare il riso in pianura per soddisfare le esigenze del mercato già allora globale. In un paio di villaggi, i missionari latini riuscirono a battere sul tempo quelli evangelici, e quindi ci sono anche alcuni Pamona cattolici.

I progetti autoritari del dittatore Suharto, e poi la la crisi economica degli anni '90, hanno portato nella regione molti immigrati, che invece coltivano il cacao. Essi provengono in gran parte dalla sovraffollata isola di Giava, dove prevale un Islam assai particolare; altri sono induisti dell'isola di Bali.

Tutti - autoctoni e immigrati - sono accomunati da una comune dipendenza dal mercato internazionale e dalla passione per gli stessi telefilm americani.

La violenza tra i due gruppi scoppiò, inevitabilmente, nel 1998, proprio quando si doveva decidere se un Pamona o un immigrato sarebbe dovuto diventare capo del distretto, un incarico che apriva paradasiache prospettive di corruzione.

Le colpe degli omicidi che ne seguirono si possono distribuire più o meno equamente tra le parti. Sia chiaro, le rispettive religioni degli autoctoni e degli immigrati non ne hanno colpa, anche se la religione fa sempre comodo per distinguere i "nostri" dai "loro": quando i Pamona bruciavano la casa di un immigrato, ci dipingevano sopra una croce o le parole "Hallelujah Hallelujah".

Il 28 maggio del 2000, un gruppo di Pamona attaccò il villagio di Sintuwu Lemba. Racconta il giornalista americano, David Rohde:

"Radunarono le donne musulmane e le controllarono ad una ad una per vedere se tenevano delle gemme nascoste nella vagina - prova certa della magia nere che la gente del posto credeva venisse praticata dalle streghe. 'Ci convocarono ad una ad una nella stanza', mi disse una vittima. 'Ci dissero semplicemente, spogliatevi'.

La sorte dei maschi musulmani del villaggio fu peggiore. Quando settanta di loro si rifugiarono in un edificio scolastico e si arresero, i cristiani aprirono il fuoco con fucili fatti in casa. Poi completarono l'opera a colpi di machete. Nei giorni seguenti, i cristiani diedero la caccia ai musulmani che si nascondevano nella zona. Portarono un gruppo di prigionieri alle rive del fiume Poso, tagliarono loro la gola e ne gettarono i corpi nelle acque fangose. Altri furono portati alla sala riunioni nel vicino villaggio di Tagolu, dove furono impiccati a cappi artigianali fatti con cavi elettrici".

La polizia indonesiana arrestò tre Pamona, accusati di essere gli organizzatori della strage. I tre negarono di essere colpevoli, ma sono stati condannati in tutti i gradi di giudizio.

 Chi crede alla loro innocenza, sostiene che i giudici abbiano agito sotto forti pressioni da parte di un governo che voleva dimostrare così la propria imparzialità, visto che tra poco saranno fucilati tre islamisti per motivi simili: sono accusati di aver ucciso 202 persone in un attentato contro obiettivi turistici a Bali (per loro, non risultano appelli del Papa).

Gli innocentisti dicono che i tre sono dei poveri balordi (uno di loro è pregiudicato per omicidio), mandati a morire al posto dei ricchi uomini d'affari e politici cristiani che commissionarono veramente il massacro, e che gli stessi accusati hanno invano denunciato.

I colpevolisti sottolineano invece che la condanna a morte dei tre presunti miliziani Pamona ha seguito tutti i gradi di giudizio.

Io non lo so come stanno le cose.

Non amo il governo indonesiano, né sono favorevole alla pena di morte.

Ma la verità non è certo quella del titolista intercambiabile di Libero e/o Repubblica.