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Il caso Telecom: il punto della situazione

di Carlo Gambescia - 22/09/2006

 

La vicenda Telecom è ormai così ingarbugliata che francamente è difficile fare chiarezza. L’arrivo di Guido Rossi alla sua presidenza è stato accolto dai media come quello del “Salvatore della Patria”. Ma per salvare che cosa? 41 miliardi di euro di indebitamento non sono un scherzo (le cessioni non basteranno). Telecom potrà essere salvata soltanto grazie a un accordo con le banche, imposto dal governo di centrosinistra. Attenzione, salvataggio e basta. Perché il futuro di Telecom, in termini di riorganizzazione aziendale ( e dunque licenziamenti) resta piuttosto oscuro. Mentre il destino di Tim sembra segnato… Se non passerà in mani straniere, ci si inventerà qualche partnership pubblico-privato in Italia, che ne “razionalizzerà” l’occupazione, licenziando… Aspettare per credere…
Perciò, sorvolando per una volta sulla solita dietrologia economica, impastata di nomi, pettegolezzi e soldi ballerini, varrebbe la pena di fare qualche riflessione generale sulla vicenda. Come dire: strutturale.
In primo luogo, Tronchetti Provera, ha responsabilità colossali. Perché ha comprato, smembrato e venduto mezza telefonia mobile europea, sperando ogni volta di rifarsi come al tavolo da poker. Fino a quando i debiti sono divenuti insostenibili. E così, appena ha provato a fare la stessa cosa con l’italiana Tim, il bubbone è scoppiato. Tronchetti Provera è il classico ibrido economico: un imprenditore-finanziere che ha concentrato i suoi affari orizzontalmente. Prima facendo a pezzi il core business della Pirelli, per poi passare con i dollari ricavati, al mattone, agli scali ferroviari e infine ai telefoni(ni). Grazie pure, ovviamente, alle frettolose privatizzazioni all’italiana degli anni Novanta. Ma perché gli si è permesso di concentrare orizzontalmente in settori differenti? Infatti, la concentrazione verticale (in uno stesso settore, come ad esempio l’industria meccanico-automobilistica) ha ancora un senso economico, ma quella orizzontale alla Tronchetti Provera, non ne ha nessuno. In genere, prima o poi, porta alla rovina. Perché gli interessi dei diversi settori sono quasi sempre in conflitto. E allora non resta che la speculazione. Ma bisogna essere capaci. Tronchetti Provera ha invece dimostrato di non esserlo neppure in tale campo. Resta infine da vedere quel che verrà fuori dalla vicenda delle intercettazioni. Ma questa è già dietrologia.
In secondo luogo, la figura imperversante di Guido Rossi, è lì a testimoniare che l’Italia (a cominciare da quella legata al centrosinistra) non ha quadri dirigenti di cui fidarsi o su cui contare. Rossi, è un grosso avvocato d’affari e professore universitario, con l’hobby di scrivere libri in cui dice regolarmente il contrario di quello che poi fa nella vita. Pur essendo contrario ai doppi incarichi (la famigerata “trasparenza”, sui cui ha scritto un paio di tomi…), il professore ha tentato fino all’ultimo di conservare insieme alla neopresidenza Telecom, l’incarico di Commissario alla FIGC. Ma non ce l’ha fatta. Evidentemente i suoi numi politici (Prodi e Co.) hanno ritenuto il “telefono” più importante della “sfera di cuoio” (come la chiamava Carosio). Fatto sta che il centrosinistra come tecnici di fiducia è messo piuttosto male, visto che deve ricorrere sempre agli stessi. Ma il problema è generale. I nomi sono sempre quelli: per la Federcalcio si era fatto persino il nome di Letta (tutto un programma)... E invece è andato Luca Pancalli, ex sportivo, e già presidente di Federazione… Un dirigente che viene dall’interno. Forse, in questo momento, una scelta esterna avrebbe dato più garanzie... Decida il lettore.
Su queste basi (strutturali) sarà difficile che qualcosa cambi nell’ Italia economica. Servirebbe invece una bella legge antimonopolistica, capace di impedire, in particolare, le concentrazioni orizzontali e speculative. Ma sia il centrosinistra che il centrodestra si sono ben guardati bene dal vararla. Ma occorrerebbero pure quadri tecnici all’altezza della situazione e in buon numero. Tuttavia non esistono università in grado di formarli e soprattutto scuole di specializzazione, anche in ambito della dirigenza pubblica. E, ovviamente, non asservite al potere politico.
Tutto il resto è fumo gettato negli occhi di chi si sforza di capire, il cosiddetto italiano medio. Le chiacchiere sui riassetti, sulle autorità di vigilanza, sulla politica industriale non porteranno, anche questa volta, da nessuna parte.
Un’ultima cosa, servirebbe anche un “pizzichino” di senso dello Stato.