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Guerre per l'acqua, un orizzonte vicino

di Marina Zenobio - 05/10/2006

 
Se il secolo passato si è caratterizzato per la guerra del petrolio, quello attuale con molta probabilità si concentrerà sulla guerra per l'acqua. Ormai sono in molti a lanciare l'allarme: la crisi globale dell'acqua entro pochi anni potrebbe diventare una tragica realtà. Ne è certo anche il ricercatore russo Victor Danilov Danilian, direttore a Mosca dell'Istituto nazionale per i problemi dell'acqua, secondo i cui grafici la linea del consumo idrico, a livello mondiale, si sta sempre più elevando mentre quella delle risorse accessibili diminuisce a vista d'occhio, con la conseguenza che queste due linee dovrebbero incrociarsi più o meno intorno al 2025. Non abbiamo molto tempo e, in realtà, la crisi delle risorse idriche è già in atto perché quello che viene definito «oro blu» comincia a scarseggiare.


Testimonianza ne sono i numerosi conflitti, già in atto, che non coinvolgono più solo regioni o province, ma intere nazioni. In Africa, per esempio, le acque del Nilo Bianco che nasce in Burundi e del Nilo Azzurro, che nasce in Etiopia, da anni sono motivo di tensione tra Egitto, Etiopia e Sudan. Altri scenari di conflitto possono riguardare l'Uganda, il Kenya, la Tanzania, il Ruanda o la Repubblica del Congo, tutti paesi attraversati dal Nilo. In Medio Oriente persiste l'interesse di Israele sulle acque del fiume Giordano e dei pozzi sotterranei della Cisgiordania, dalle quale il paese dipende per il mantenimento della sua agricoltura industriale. Altre tensioni «a bassa intensità» per l'utilizzo dell'acqua riguardano anche il Kazakistan, il Kirghizistan e l'Uzbekistan, stati costieri del Syr Daya, il fiume che conclude il suo percorso nell'ormai prosciugato mare di Aral; eppoi ci sono Cina, Vietnam, Cambogia, Laos e Thailandia che condividono il fiume Mekong. La corsa all'accaparramento delle risorse idriche è senza esclusioni di colpi.

I servizi di acqua potabile in molti paesi dell'Ameria latina, per fare un altro esempio, sono privatizzati e per la maggior parte sotto controllo di corporazioni che da anni hanno capito che l'acqua rappresenterà a breve la risorsa principale per aumentare i profitti, e per certi politici il potere. E' vero anche che molti movimenti sociali di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile e Uruguay stanno rendendo la vita difficile a multinazionali come la francese SuezLyonnaise des eaux, ma ammesso che quelle popolazioni e i rispettivi governi riprendano il controllo delle risorse idriche potabili, il problema della crisi globale dell'acqua bussa comunque alle porte del nostro pianeta. Una crisi, secondo Victor Danilov Danilian, che porterà inevitabilmente a una riorganizzazione economica mondiale, un po' come accaduto quando il petrolio si è trasformato in uno dei motori dell'economia globale. Con un'unica differenza: il petrolio in qualche modo si può rimpiazzare, mentre l'acqua è insostituibile. Secondo il ricercatore russo, pur sperimentando diverse opzioni per trovare una soluzioni al problema - come la distribuzione dell'acqua attraverso la costruzione di canali, che però renderebbero aride le terre da dove viene deviata; oppure rendere potabile l'acqua salata, ma è troppo dispendioso - sarebbe meglio che l'umanità assimili l'opzione su cui insistono gli ambientalisti e che consiste in uno sfruttamento più razionale dell'acqua. Se non per evitare, almeno per ritardare la catastrofe e guadagnare tempo per pensare a soluzioni più radicali. Troppe persone che vivono nei paesi ricchi non hanno ancora consapevolezza di questo e consumano molta più acqua di quanto sia necessario, mentre nei paesi più poveri, prima che di fame si muore di sete.

La maggior parte dei fiumi sono contaminati e l'acqua non più potabile, anche a causa dell'utilizzo sfrenato di pesticidi in agricoltura che pregiudicano le risorse idriche; i ghiacciai si stanno sciogliendo per l'effetto serra e solo «misure concrete, che individuino chiaramente cosa fare, chi dovrebbe agire e quando, possono venirci in aiuto», come dichiarato da Anders Berntell, direttore dello Stockholm International Water Institute , durante la XVI Conferenza internazionale sulla gestione dell'acqua, tenutasi a fine agosto nella capitale svedese. A meno di modifiche drastiche nella gestione e nelle politiche dei governi a livello mondiale, la crisi globale dell'acqua sarà inevitabile e coinvolgerà le prossime generazioni a cui lasceremo in eredità un pianeta tormentato dalla sete.