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Elogio del comunitarismo

di Costanzo Preve - 05/10/2006

Costanzo Preve, Elogio del comunitarismo.

 

 

 

 

La nostra Prefazione

 

Non è cosa semplice scrivere la prefazione a questo volume di Costanzo Preve.

 

Non è semplice per due motivi: il primo è che l’opera rappresenta, a parere di chi scrive, il raggiungimento della piena maturità del pensiero previano per la sistematicità dell’esposizione che chiude in modo esemplare anni di studi e di interventi sul “Comunitarismo” pubblicati su diverse Riviste, ed in particolare sull’omonima testata.

 

Il secondo motivo è la grandiosità della sfida che Preve lancia ai suoi lettori, ormai sempre più numerosi, cioè la ricomposizione di un pensiero occidentale comunitario, potremmo dire “comunistico”, filtrato attraverso lo strumento della critica, il famoso rasoio di Occam, che investe secoli di filosofia dell’Occidente.

 

È il tentativo riuscito e fecondo di ulteriori sviluppi sul terreno pratico, di ri-costruire un pensiero “forte” filosofico e concettuale per gli anni a venire, districandosi magistralmente attraverso la pesante eredità del pensiero occidentale, che non viene giustamente né rifiutato né demonizzato dall’Autore, ma interpretato alla luce del detto popolare ed intriso di saggezza che invita a “non buttare il bambino con l’acqua sporca”.

 

Il “bambino” in questione è il fil rouge che lega secoli di pensiero occidentale al desiderio ed all’aspirazione al vivere comunitario, al sentirsi e viversi come Comunità, contrapposto alla visione atomistica, individualista e utilitaristica che trionfa nei tempi che stiamo vivendo.

 

Questa dicotomia tra Comunitarismo ed individualismo, non è vissuta da Preve con astio, né, tantomeno, come nostalgia per i “tempi che furono”, ma, al contrario, in modo pacato ma deciso, presenta ai lettori il caleidoscopio attraverso il quale filtrano tante luci ed ombre, contraddizioni, suggestioni diverse tra loro, ma che ricomposte alla luce di una visione di liberazione dell’individuo in una Comunità solidale trovano una nuova collocazione al di là della soffocante “ideologizzazione” del Novecento.

 

È bene, infatti, sottolineare come il libro non sia affatto ed in alcun modo un manifesto ideologico di un nuovo “ismo” da aggiungere ai tanti “ismi” che hanno contribuito ad affollare la scena mondiale del Novecento in particolare, ma un elogio di una visione universalista ed umanistica che, scevra da visioni “comunitariste” false o “frettolose”, può costituire un saldo ancoraggio per chi oggi naviga nel mare magnum del crollo delle ideologie.

 

Il percorso operato dall’Autore, infatti, contempla una pars destruens, che, attraverso un’imponente opera di critica serrata al pensiero comunitario, che pure nei secoli si è espresso in fenomeni politici che hanno portato a visioni totalitarie ed all’annichilimento dell’Uomo in realtà sociali e statuali coercitive e poliziesche, mediante la rivisitazione critica del pensiero di Marx e delle sue successive interpretazioni kaustkiane ed engelsiane, che ne hanno costituito un'indubbia “alterazione” ed ipostatizzazione, ma restando fedele all’intuizione che Marx sia stato un elemento fondamentale del pensiero comunitarista e che i comunisti non siano altro che “comunitaristi frettolosi e radicali”.

 

Va infatti sottolineato che, nonostante la feroce critica del Comunismo storico e novecentesco e dei suoi macroscopici errori, Preve resta comune convinto della necessità di un pensiero forte di matrice anticapitalista, solo che, a differenza di altri, non ne auspica uno, qualunque esso sia, ma, cosa ben più difficile, ne propone uno scevro dagli errori insiti nel determinismo economicistico o, peggio, nell’operaismo degli anni sessanta, ai quali attribuisce l’inevitabile deriva verso la realizzazione del Comunismo in un apparato burocratico oppressivo.

 

L’Autore non si limita alla critica del comunismo novecentesco, al cui crollo del 1991 comunque annette esiti anche negativi, come la consegna del mondo allo strapotere unipolare esercitato dagli USA, ma sottopone ad una critica feroce e serrata quelle false visioni “comunitarie” come il fascismo ed il nazismo, viste come vere e proprie aberrazioni, dove l’Uomo è schiacciato ed oppresso in nome di uno statalismo imperniato sulla Razza, nel caso del nazismo, e sulla Nazione, nel caso del fascismo, in tutti e due i casi soggetto ad un moderno Leviatano che opprime e comprime le più elementari libertà individuali dell’essere umano.

 

In questo caso Preve sgombra il campo dai tanti equivoci che il termine “Comunitarismo” suscita in alcuni ambienti culturali e politici, perché, per Preve, non esiste “comunitarismo” senza libertà dell’Uomo e senza la necessaria condivisione di momenti partecipativi all’agorà ed alla vita della comunità.

 

Una comunità aperta alla partecipazione, quindi essenzialmente democratica, non certo secondo i canoni della “liberaldemocrazia” fondata sull’accumulo di ricchezze personali e sui bombardamenti “umanitari” necessari a salvaguardare i primi, vera e propria creazione artificiale novecentesca, basata sulla teoria liberale dell’originarietà del concetto di uomo-proprietario e sulla teoria della democrazia come consegna della sovranità popolare a caste di burocrati partitici incaricati di esprimerne la rappresentanza.

 

Ciò che deve essere chiaro al lettore, infatti, è che, alla luce del citato adagio che invita a “non buttare il bambino con l’acqua sporca”, Preve invita, seppur alla luce di un intransigente anticapitalismo, a non cadere nella trappola di rifiutare con esso la necessaria difesa delle libertà individuali e, con esse, in primis, la libertà di espressione del proprio pensiero, vero e proprio caposaldo di una vera comunità di eguali.

 

Ripercorrendo a ritroso la genesi e lo sviluppo del pensiero occidentale con la necessaria sinteticità, ma mai concedendosi a frettolose interpretazioni che non siano supportate dalle fonti e dalla loro analisi, Preve rintraccia un filo di Arianna che lega il pensiero aristotelico all’illuminismo di Rousseau, all’idealismo di Fichte ed Hegel, sino a Marx.

 

Quel che lega questi grandi filosofi occidentali è la ricerca di un pensiero che rifondi il nesso comunitario soffocato ed a volte disintegrato dallo sviluppo delle forze produttive del capitalismo e dall’individualismo proprietario ad esso inesorabilmente legato.

 

La forza del capitalismo nel promuovere la divisione del lavoro ed i ruoli sociali ad esso connessi viene visto da Preve come il motore del processo disgregativo, che solo un comunitarismo capace di rigettare tentazioni totalitarie può agevolmente contrastare.

 

In questo contesto disgregante e disgregato, non si può assolutamente vagheggiare alcun improponibile ritorno al passato, cosa peraltro neppure auspicabile ed impossibile da attuare, ma razionalmente usare gli strumenti di cui si dispone per ripartire da un pensiero nuovo, ma non originale nel senso etimologico del termine, perché frutto di secoli di elaborazione filosofica e culturale che deve riuscire a permeare il substrato collettivo.

 

Mi perdonerà Preve se trovo la sua impostazione in qualche modo gramsciana nella sua lucida consapevolezza che la cultura fa la politica e non viceversa e che le grandi idee sono la linfa per ogni azione di tipo politico.

 

Senza un impianto teorico degno di questo nome, fondare o ri-fondare partiti e partitini che non fanno altro che replicare visioni del mondo sconfitte e sorpassate non fa fare alcun passo in avanti a chi ancora sogna un futuro anticapitalista e socialista, se non rassicurare il “militante identitario” nelle sue certezze fallimentari.

 

Il Comunitarismo, lo ripeto, non è un’ideologia, ma, come dimostra Preve, una corrente di pensiero viva e vitale, frutto di elaborazioni e sovrapposizioni storiche che oggi ne determinano l’attualità e la necessità, non in nome di presunti determinismi storici, ma per la sua naturale tendenza a rappresentare un’esigenza umana e collettiva di liberazione dall’alienazione della merce e del profitto.

 

È questa la grande lezione che Preve ci consegna con questo libro di cui consiglio vivamente la lettura, sia a chi già ne apprezza le idee e il percorso, sia a chi ne ha fatto oggetto di critiche ingenerose ed idiote, probabilmente per non averne colto la coerenza etica.

 

Etica, sì, un termine al quale Preve restituisce la dovuta dignità ed importanza, derivante dal greco ethos, e che impone o imporrebbe all’Uomo di procedere in modo dubitativo e veritativo all’accertamento della fondatezza delle idee: metodo questo applicato dal filosofo torinese in tutto il suo tormentato percorso culturale, condotto sempre nel segno della coerente ricerca della Verità, anche scomoda, ma produttiva di ulteriori “balzi in avanti”, tutto il contrario di chi, fino a 20 anni fa, inneggiava alla “classe proletaria come soggetto intermodale della trasformazione” ed oggi inneggia, con la stessa ottusità, alla bontà della globalizzazione liberale, vista come la “vera profezia marxiana”. È anche una questione di stile.

 

Maurizio Neri, Filippo Ronchi, Rivista di politica e filosofia “Comunitarismo”