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Houellebecq all’assalto della modernità

di Valerio Zecchini - 11/10/2006

 

 

Da alcuni anni la dittatura culturale del politically correct ha trovato un avversario formidabile, un caustico cantore della libertà di opinione col quale si identificano milioni di lettori europei contrari al pensiero unico globale: Michel Houllebecq. Poeta, saggista (magistrale il suo saggio-biografia sul maestro americano dell’orrore cosmico, H.P. Lovecraft), ma soprattutto eccelso e fluviale romanziere francese, noto anche alle cronache giudiziarie e politiche per essersi concesso il lusso di far esprimere ai suoi personaggi determinate preferenze in fatto di etnie e religioni. Ma i protagonisti delle sue opere (che potremmo definire romanzi filosofici, o a tesi) sono spesso i veicoli di verità scomode, pur essendo rappresentanti tipici dell’umanità media francese contemporanea - in una recente intervista a Les inrockuptibles, Houllebecq Ha infatti dichiarato: «In quest’ultimo romanzo non ho deviato dal mio obbiettivo che è l’umanità media. Ed è sicuramente in questo che d’altronde sono più ambizioso. Come scrittore, più si è dentro le cose medie universali, più è dura. È più facile descrivere la vita di una serial killer lesbica».

Ad esempio il protagonista di Le particelle elementari (la cui versione cinematografica, di produzione tedesca, è uscita in Italia qualche mese fa), aspirante scrittore, si chiede ripetutamente: «Ma come mai tutti gli autori più importanti degli ultimi 150 anni sono stati conservatori, o fascisti, o comunque di destra?». Il personaggio principale di Estensione del dominio della lotta (anche da questo romanzo è stato tratto un film, ancora inedito in Italia) elabora invece un’interessante teoria che mette sullo stesso piano liberismo economico e liberismo sessuale: entrambi hanno infatti contribuito a disgregare quel legame comunitario che permetteva comunque ad ognuno di trovare una propria  collocazione nel mondo, scatenando una guerra perpetua di tutti contro tutti sia in campo lavorativo sia in campo sessuale; un’estensione del dominio della lotta appunto, che lascia quotidianamente sul terreno innumerevoli vittime.

Siamo stati testimoni oculari dell’incredibile livello di controversia e di polemica che circonda il personaggio Houllebecq: alcuni mesi orsono, alla presentazione bolognese di La possibilità di un’isola, organizzata dalla locale Maison Française, uno spettatore africano di lingua francese (degno rappresentante di quel patetico razzismo anti-bianchi spesso evocato nei romanzi di  Houllebecq) ha inveito per più di dieci minuti contro lo scrittore, con un intervento ai limiti dell’aggressione fisica; esemplare l’impassibile risposta  del grande artista transalpino: «Il suo intervento non è pertinente al tema della serata, ha invece a che fare con l’istigazione all’odio contro la mia persona. Passiamo a un’altra domanda».

Come di consueto, anche con quest’ultimo lavoro d’impronta quasi fantascientifica, Houllebecq mette il  dito nella piaga della più cogente attualità affrontando scottanti tematiche quali la clonazione, l’eutanasia, l’ormai diffusissimo terrore dell’invecchiamento, la straziante condizione della donna occidentale “emancipata”; proprio quest’ultimo era l’argomento centrale di Piattaforma, che a nostro avviso rimane il suo capolavoro. Questo ne è l’assunto di fondo: la donna europea, impegnata anima e  corpo nella corsa al benessere e alle false libertà, dopo una fase di schizofrenia latente si è trasformata in una creatura sterile, anaffettiva, semi-frigida, che ha ormai poco a che vedere col vero amore e col vero erotismo (ed è proprio questa, secondo lo scrittore francese, la molla che spinge il grande flusso del turismo sessuale); gli europei insomma vanno a cercare altrove ciò che non trovano più a casa propria, provocando però una serie di nefaste reazioni a catena (Piattaforma fu considerato a ragione un libro profetico: uscì infatti qualche mese prima dell’attentato islamico di Bali, anticipato con esattezza nel libro, dove però aveva luogo in Tailandia). Tutto ciò offre inoltre all’autore l’opportunità di descrivere con precisione i meccanismi economici e le strategie di mercato dell’industria del turismo, cosa assai  interessante considerato che oggi è, per fatturato,  la prima industria mondiale.

Stiamo dunque parlando di due opere imperdibili, e sappiamo per esperienza che chi ha amato un libro di Houllebecq va poi a procurarsi tutti gli altri. È insomma un autore contagioso, anzi col tempo diventa il vostro miglior amico, grazie al tono confidenziale con cui emette sentenze durissime e verità “indicibili”: lo potremmo definire uno stile di inconsapevole derivazione celiniana.

Pessimista cosmico di scuola cioraniana, ferocemente antimoderno ma ben lungi dall’idealizzare il passato, Michel è abilissimo nello smontare i luoghi comuni che, durante decenni, sono stati imposti nella vita culturale da quella che egli lucidamente definisce “la marmaglia intellettuale anarco-marxista”. Un esempio, tratto da un breve saggio contenuto in Lanzarote, dove difende la sua teoria secondo la quale la letteratura più importante del secondo Novecento è stata quella fantascientifica e non l’esistenzialismo o il Nouveau roman francese - Ballard è insomma cento volte più importante di Sartre: «La domanda da porsi non è se è ancora possibile la poesia dopo Auschwitz, bensì se è ancora possibile la fantascienza dopo Hiroshima».

In definitiva, l’attacco frontale (e globale) sferrato da Houllebecq alla modernità, disvela un panorama di frivola disperazione, dove la fine dei sentimenti ha fatto prevalere un edonismo superficiale e miserabile. C’è però «la possibilità di un’isola», ci deve essere, perché «in assenza dell’amore, nulla può essere santificato».