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Il business climatico

di Silvia Ribeiro - 13/12/2017

Il business climatico

Fonte: Comune info

Che il clima stia veramente cambiando è un fatto tutto da dimostrare. In ogni caso, non saremmo stati noi a provocare quel cambiamento. E tuttavia, qualora il problema esistesse e fosse davvero grave come giurano i catastrofisti, beh, possiamo darvi una gran buona notizia: noi abbiamo la soluzione. Magari guadagnandoci qualcosa, il giusto… Come dite? Vi sembra assurdo? Niente affatto, funziona esattamente così il sistema cui continuiamo ad affidare le sorti del mondo. La manipolazione del clima è un ottimo affare per le imprese petrolifere, l’agro-industria e gli altri grandi protagonisti del disastro che avanza. Potranno continuare a riscaldare il pianeta con i combustibili fossili, con il sistema alimentare agroindustriale e con l’urbanizzazione incontrollata ma faranno anche affari d’oro con la vendita di tecnologia per raffreddare [il pianeta] o per rimuovere il diossido di carbonio dall’atmosfera. Loro hanno la soluzione: possedere anche il clima. La geoingegneria deve essere vietata, è una scommessa pericolosissima, che servirebbe solo a mantenere i privilegi di chi provoca il cambiamento climatico e ad aumentarne i profitti

Il caos climatico vi preoccupa? Nessun problema, state sereni! Abbiamo almeno una ventina di soluzioni. Per esempio, le eruzioni vulcaniche artificiali…Foto: KiodoFisso.com

 

Con la 23^ Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sul clima, a Bonn, in Germania, si è concluso un altro ciclo di negoziati internazionali sul cambiamento climatico (COP 23, UNFCCC, 6-17 novembre). Sebbene in questa conferenza siano stati fatti dei progressi su alcune questioni, come l’adozione di una piattaforma indigena e un piano di azione di genere, le trattative di fondo procedono con un passo molto più lento rispetto all’urgenza che contrassegnano il caos climatico e gli impatti che stiamo già soffrendo. Questo fa sì che proposte molto rischiose, come la geoingegneria, guadagnino terreno.

Nel 2015, l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico aveva convenuto di limitare l’aumento della temperatura a “molto al di sotto di 2°C”, ma non aveva stabilito l’obbligo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, una misura cruciale perché sono queste che causano il cambiamento climatico. Pertanto, i paesi maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra, continuano, senza prendere in considerazione misure reali che attacchino le cause e consentano una soluzione a lungo termine. Premono, invece, per false “soluzioni”, come i mercati di carbonio e misure tecnologiche come la geoingegneria: la manipolazione tecnologica e su grande scala del clima per “gestire” i sintomi del cambiamento climatico.

La manipolazione del clima ha un’origine militare, ma è anche un ottimo affare per le imprese petrolifere, dell’agro-industria e per altre tra le più potenti del pianeta: significa che possono continuare a riscaldare il pianeta con l’inquinamento da combustibili fossili, con il sistema alimentare agroindustriale e con l’urbanizzazione incontrollata e, allo stesso tempo, fare nuovi profitti con la vendita di tecnologia per raffreddare [il pianeta] o per rimuovere il diossido di carbonio dall’atmosfera.

Oppure delle navi semina-nuvole…Foto: Genitronsviluppo.com

Ci sono una ventina di proposte per manipolare il clima a livello globale: alcune sono finalizzate a bloccare o riflettere i raggi solari, per esempio installando una grande nube vulcanica artificiale sopra l’Artico, iniettando solfati nella stratosfera o sbiancando le nuvole con migliaia di navi senza equipaggio. Altre sono finalizzate a rimuovere i gas dall’atmosfera, versando milioni di tonnellate di minerali e sostanze chimiche nei mari, o assorbendo il carbonio con mezzi meccanici e chimici per poi seppellirlo in fondali geologici; altre pretendono di alterare il tempo a livello locale, come l’inseminazione delle nuvole e la gestione degli uragani. Tutte le proposte comportano gravi impatti ambientali, sociali e geopolitici. Per esempio, bloccare parte della luce del sole sopra l’Artico, avrebbe impatti devastanti in altre regioni, provocando siccità o inondazioni in Africa, Asia e América Latina, mettendo a rischio le sorgenti di acqua e il cibo di milioni di persone.

Anche se non c’è nell’agenda ufficiale, alla COP 23 la proposta di geoingegneria più promossa è stata il BECCS: bioingegneria con cattura e stoccaggio del carbonio [Bioenergy and carbon capture with storage]. Si tratta di mega piantagioni (alberi e colture) da bruciare per [ottenere] bioenergia e catturare il diossido di carbonio da questa e altre attività per poi immagazzinarlo in fondali geologici, come i pozzi petroliferi usati. Quest’ultima tecnica proviene dall’industria petrolifera (Enhanced Oil Recovery), è stata progettata per recuperare le riserve profonde, ma non viene usata perché non è economicamente sostenibile. Ribattezzata come tecnica per il cambiamento climatico, potrebbe ottenere sussidi e crediti di carbonio, procurando profitti addizionali dall’estrazione di ulteriore petrolio oltre a essere pagata per “combattere” il cambiamento climatico che queste stesse imprese hanno causato.

D’altro canto, affinché il BECCS abbia qualche effetto nel mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C o fino a 1,5°C, si dovrebbero piantare dai 500 milioni ai 6 miliardi di ettari di monocolture, il che è assurdo. Tutta la terra coltivata attualmente, è di 500 milioni di ettari. Questo non impedisce che queste mega-piantagioni vengano ugualmente promosse e che, sebbene non servano per il cambiamento climatico, saranno un affare per chi le installa, in competizione con la produzione di cibo e minacciando il territorio di contadini e indigeni, in nome, adesso, della lotta al cambiamento climatico.

In contemporanea con la COP23, al Congresso degli Stati Uniti si è tenuta un’audizione speciale sulla geoingegneria: il che dimostra che non c’è contraddizione tra negare il cambiamento climatico e promuovere la geoingegneria.

o magari una bella eclissi…Foto NoGeoingegneria

Parafrasando un dirigente della Exxon, la formula è “noi [Stati Uniti, l’industria petrolifera] non provochiamo il cambiamento climatico, ma se esiste, abbiamo la soluzione tecnologica”.

Dato che tutti sanno che il BECCS non funzionerà per frenare il cambiamento climatico (ma qualunque cosa si faccia con il BECCS avrà impatti sociali e ambientali molto negativi), altre proposte di geoingegneria per bloccare la luce del sole o rimuovere il carbonio, vengono presentate come la vera soluzione. Malgrado lo sviluppo della geoingegneria sia stato messo in moratoria dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, per i suoi alti rischi e potenziali impatti, il Programma di Geoingegneria Solare dell’Università di Harvard, sta già progettando di fare un esperimento a campo aperto (ScoPEx), nelle zone indigene dell’Arizona, vicino al confine con il Messico.

Esistono molti percorsi concreti, socialmente giusti ed ecologicamente sani per affrontare il cambiamento climatico, come l’agroecologia contadina, il ripristino degli ecosistemi da parte delle comunità, la riprogettazione del trasporto pubblico, energie rinnovabili e locali giuste, tra le molte altre. La geoingegneria deve essere vietata: è una scommessa con rischi inaccettabili, per mantenere i privilegi di coloro che hanno provocato il cambiamento climatico e aumentare i loro profitti.

 

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo El negocio del cambio climático y la geoingeniería

Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo