Psicologia della politica applicata
di Marco Della Luna - 12/05/2025
Fonte: Italicum
1) La psicologia della politica ha il suo fondamento nella struttura oligarchica del potere. Pertanto, l’élite dominante, nel corso della storia, al fine di garantirsi il consenso e l’obbedienza delle classi dominate, ha sempre avuto l’esigenza di legittimare la propria supremazia richiamandosi a valori condivisi, di carattere religioso, ideologico, etnico – razziale, politico – carismatico. ecc …
R. La psicologia politica applicata è uno strumento di classe, del dominio e del controllo e della gestione della classe dominante sulle classi subalterne. E’ uno strumento usato da chi dispone dei mezzi per usarlo, ossia da chi ha in mano l’industria culturale: la scuola, la chiesa, i mass media, gli entertainment media – cioè, in concreto, nei nostri tempi, su scala globale e nell’area del dollaro. In ambiti locali, nazionali o regionali, anche da altre potenze, ovviamente. Inculcare convincimenti e sentimenti di colpa, di pericolo, di rancore, di desiderio di certi beni, di legittimità del potere costituito e dei suoi atti è una parte fondamentale delle sue funzioni. A cui si aggiungono l’ingegneria sociale, la previsione comportamentale, la generazione e gestione dei conflitti. E, come opportunamente hai ricordato tu, la costruzione di valori, di progetti, di aspettative, di miti condivisi, di identità nazionali, su cui fondare non solamente la legittimazione del potere costituito e del consenso alle sue decisioni, spesso impopolari, ma anche la cancellazione o ricodificazione di un passato scomodo, la sua sostituzione con miti convenienti, e la costruzione del senso di identità, di orgoglio, di “missione” nazionali.
2) Quali sono i caratteri specifici di questo tuo saggio, che cosa lo distingue dai manuali di psicologia politica già esistenti?
R.: Il mio libro è il primo manuale al mondo di psicologia politica applicata, per quanto mi consta. I “manuali di psicologia politica già esistenti”, cui ti riferisci, sono stati scritti non per far conoscere, ma per occultare la psicologia politica applicata. In essi manca completamente la prospettiva del conflitto di classe, il quale è il movente dell’applicazione in politica della psicologia. Manca la spiegazione degli interessi e degli scopi concreti per cui la psicologia politica applicata viene usata, dei suoi beneficiari, dei danneggiati, degli effetti. Manca la presentazione della quasi totalità degli strumenti che essa adopera, dalla sovragestione alla propaganda, dal terrorismo alla false flag, dalla guerra psicologica alla psicologia diplomatica, all’ingegneria sociale, alla manipolazione attraverso la scuola e l’entertainment. E mancano perché sono politicamente scorretti, quindi impresentabili, “osceni”, compromettenti per la fiducia popolare nello Stato. E anche perché, se li si fa conoscere, li si rende meno efficaci, meno capaci di condizionare. Inoltre, il mio approccio si basa su due pilastri: la sperimentazione psicologica, per capire il funzionamento della mente umana, collettiva e individuale; e lo studio dei casi storici, dall’antichità ad oggi – i casi in cui si è concretamente usata qualche tecnica di psicologia politica.
3) Nella società occidentale, individualista e neoliberista, si è realizzata una trasformazione sistemica: quella della privatizzazione delle istituzioni politiche, divenute appannaggio delle oligarchie finanziarie, tecnocratiche e militari. Esse impongono le proprie direttive di sviluppo economico – sociale indipendentemente dal consenso delle masse. Concordi?
R.: Esatto. Dato che il governo e le altre pubbliche istituzioni dipendono oramai direttamente dalle scelte di investitori privati, cioè grandi finanzieri, per sostenere i propri bilanci, cioè per funzionare, esse oramai sono, di fatto, privatizzate, pur restando formalmente pubbliche. Rispondono al grande capitale, non agli elettori. Si può dire, pertanto, che la stessa dimensione pubblica sia stata chiusa. Fine della res publica.
4) Credi che l’avvento della I.A. renderà larga parte della popolazione mondiale addirittura superflua?
R.: Sì, questo è il tema centrale del mio saggio Oligarchia per Popoli Superflui, del 2010, 2° edizione 2018. Essendo divenuta superflua, cioè essendo divenuta inutile ai fini delle classi dominanti, la popolazione generale ha perso utilità, ha perso potere di negoziazione, pertanto vede restringersi radicalmente i suoi diritti economici e politici, le sue possibilità di partecipare all’esercizio del potere. Che cosa avvenne dei cavalli con l’avvento delle automobili? La psicologia politica viene oggi usata per adattare la massa a questa transizione, restrizione dopo restrizione.
5) Secondo Emmanuel Todd, autore de «La sconfitta dell’Occidente», dopo lo stadio di religione «attivo» e lo stadio di religione «zombi», l’Occidente è giunto allo stadio di religione «zero», fase irreversibile. Quindi, la classe dominante, non necessita più di sovrastrutture ideologiche e/o religiose per esercitare la propria supremazia. Ci si chiede allora, se non siano venuti meno i fondamenti stessi della psicologia della politica e se quest’ultima non sia da considerarsi come una scienza sociale legata ad un’epoca e ad una cultura ormai in via di esaurimento.
R.: No, non ancora. I popoli non hanno ancora perso interamente la propria utilità per l’apparato delle classi dominanti. Ed esistono ancora: 8 miliardi di persone. Vanno gestiti. Non si possono “spegnere” come un motore elettrico. E una parte, seppur piccola, resterà necessaria. Bisogna continuare a lavorare sulla mente pubblica, sul sentire popolare. In prospettiva, anche qualora si arrivi a ridurli molto di numero, resterà la necessità di gestirli. E la gestione degli umani è più complessa di quella dei bovini, perché deve occuparsi anche dell’opinione pubblica e del rendimento lavorativo. L’Intelligenza Artificiale, siccome quasi onnisciente, dotata della massima razionalità possibile, e (falsamente) imparziale, sarà usata come nuova fonte di legittimazione dell’ordine economico-politico e delle sue decisioni, in sostituzione del “libero mercato”, che oramai non è più credibile. Qualche emirato la sta già usando per formulare nuove leggi, come nuovo organo legislativo.
5) Secondo la psicologia politica, la genesi del potere politico ha il suo fondamento nel dominio delle élites sulle masse. Concordi?
R.: No. La formazione della gerarchia sociale è tutt’uno con la formazione della società stessa, con la distribuzione delle competenze e dei ruoli.
6- Capisco. Allora diciamo che, ad ogni modo, le élites a loro volta ottengono il consenso per l’innata esigenza di sicurezza e stabilità delle masse, che scaturisce dalla sia condizione di precarietà cui è sempre esposta la vita della collettività che dall’incertezza del futuro. Pertanto, ogni forma di aggregazione umana sarebbe per definizione oligarchica, dalla famiglia, alla tribù, allo stato. Il dominio si afferma in virtù della acquiescenza delle masse, il cui istinto gregario necessita di una leadership forte che adempia alla funzione di guida e di protezione della società.
R.: Concordo. Gli umani, quasi tutti, sono fortemente gregari e agiscono in modo reattivo, non propositivo, progettuale, critico; hanno bisogno di conformarsi al gruppo e di sottomettersi a un capo, dandogli fiducia, per sentirsi sicuri, accettati, valorizzati.
7-Sono le élites a generare il consenso popolare, attraverso la manipolazione delle coscienze, l’imposizione del carisma di un leader, facendo leva sull’irrazionalità delle masse, sensibilizzate dalla propaganda incessante, tesa a suscitare l’emotività collettiva mediante la riproposizione ossessiva di immagini – simbolo. I valori religiosi e/o ideologici, si configurano quindi come strumenti del potere atti a generare una falsa rappresentazione della realtà nelle masse etero dirette dal potere dominante.
R.: Concordo. Ma la psicologia politica viene usata anche per cambiare le masse e i loro comportamenti, per adattarle ai progetti di ingegneria sociale.
8-L’aggregazione comunitaria di singoli dotati di autonoma coscienza della realtà e di un senso critico che li renda impermeabili alla propaganda, non si rivelerebbe infatti impossibile, data la estrema diversità di idee individuali inconciliabili e di finalità esistenziali dei singoli tra loro incompatibili? La natura sociale dell’uomo non verrebbe quindi annullata in una comunità hobbesianamente fondata sulla volontà di potenza delle élites, cui fa riscontro la passività di masse ridotte alla condizione di gregge acquiescente?
R.: Aggregazioni anche stabili di persone critiche e avvedute esistono, ma sono marginali. Il grosso della popolazione è sottoposto a fortissime costanti induzioni individualistiche da una parte, e dall’altra parte a induzioni conformistiche e massificanti. Le due spinte producono l’individualismo di massa, ossia una società di atomi umani omogeneizzati ma incapaci di aggregazione sociale e politica. E ulteriormente divisi dalla coltivazione delle minoranze conflittuali (ideologie lgbtqx, woke, cancel culture), onde renderli incapaci di organizzare una opposizione di classe. E per giunta la gente viene appiattita sul presente, privata della visione storica, della coscienza della possibilità di alternative al sistema attuale. La si rende incapace di pensare altrimenti, per dirla con Diego Fusaro.
10) Le strategie di dominio delle masse, nel contesto della struttura oligarchica assunta dal sistema neoliberista occidentale, si sono moltiplicate e accentuate nella loro pervasività, grazie al progresso tecnologico. La base ideologica dell’individualismo illuminista ha subito una totale metamorfosi. Il dominio della finanza e della tecnocrazia hanno prodotto un modello di atomismo sociale in cui non prevale la libera autodeterminazione dell’individuo, ma, come dici tu, una forma di massificata omologazione consensuale alle direttive dell’oligarchia dominante, in cui le esigenze e la volontà plagiata delle classi inferiori si identificano con quelle del potere dominante. Nell’attuale contesto storico, la manipolazione delle masse si è tramutata in un modello strutturale di ingegneria sociale, che ha prodotto una società gerarchica immobile, ibernata nell’eterno presente. Con la fine della mobilità sociale è venuta meno anche la circolazione delle élites. Una società priva di meccanismi di riproduzione sociale: il modello prefigurato dal WEF di Davos. Con lo sradicamento di ogni prospettiva storica, non sono scomparsi anche i paradigmi ideologici fondamentali della società liberale, quali l’emancipazione dell’individuo e il mito del progresso illimitato?
R.: Più che scomparsi, direi che si sono pervertiti e sterilizzati. In ogni caso, sono arrivati al capolinea.
11-La tecnocrazia dominante ha generato l’alienazione collettiva sul presente, sull’immediatezza, mediante l’estraneazione dell’individuo dalla società, con la trasposizione della realtà nell’irrazionalità della dimensione virtuale. Ma, proprio sulla base dei presupposti della psicologia politica, il suscitare nelle masse l’istinto irrazionale, non potrebbe condurre alla riviviscenza dei miti ancestrali, di impulsi mistici connaturati alla stessa idea di Dio, alla riproposizione di idealità utopiche occultate, ma latenti nella coscienza dei popoli, in cui sempre sopravvive l’«inconscio etnico»? Il totalitarismo oligarchico turbo – capitalista, non contiene in se stesso anche i germi della propria auto dissoluzione?
R.: Lo ritengo probabile, soprattutto nell’ottica junghiana dell’inconscio collettivo, transpersonale, etnico, che ricorrentemente, quando una cultura, una civiltà, si sbilancia unilateralmente e si fissa su posizioni sterili, fino a produrre forti tensioni e lacerazioni, produce imprevedibili e creative trasformazioni e trasfigurazioni per ribilanciare gli assetti. Dobbiamo sperare in questo.
12) Lo stato sociale ha rappresentato una rilevante fase di emancipazione nello sviluppo della società occidentale del ‘900. L’inclusione delle classi popolari nel ceto medio e il benessere diffuso, oltre che a configurasi come fenomeni evolutivi della società capitalista, hanno contribuito largamente anche all’incremento esponenziale dei consumi e dei profitti. E’ scomparsa la coscienza di classe ed il proletariato industriale è stato assorbito nelle dinamiche della società capitalista. L’espansione dei diritti individuali ha tuttavia determinato anche la scomparsa di quelle forme di tradizionali di solidarietà comunitaria, tipiche della società premoderna. Il rafforzamento dei diritti individuali si è sostituito all’adesione delle coscienze dei singoli ai precetti etico – morali della religione. La prevalenza della dimensione giuridica istituzionale ha occultato i valori tradizionali del bene comune, il garantismo dello stato di diritto si è anteposto ai paradigmi etici della coesione sociale comunitaria. Lo stato sociale dunque non ha prodotto nuove ulteriori dipendenze dell’individuo alle oligarchie dominanti, che, così come hanno elargito diritti alle masse, successivamente, con l’avvento del neoliberismo, li hanno abrogati, perché ritenuti strumenti ormai obsoleti nelle strategie di dominio dei popoli? Lo stato sociale, alla luce delle analisi storiche della psicologia politica, non si è rivelato uno strumento di dominio totalizzante delle masse, in quanto ha creato nuove dipendenze sociali ed esistenziali? Lo stato sociale, facendo venir meno la coscienza di classe e ogni altra identità sociale spontanea propria dei corpi intermedi, non ha contribuito a creare un atomismo sociale composto da masse di psicolabili del tutto incapaci di opporre un contropotere popolare al totalitarismo delle oligarchie finanziario – tecnocratiche?
R.: Concordo su tutto ciò che hai detto. Fu infatti un’aristocrazia autoritaria, quella prussiana, a introdurre per prima queste provvidenze. E, in Italia, il Fascismo. Lo Stato, trattenendo i contributi dallo stipendio con una mano, e “concedendo” le pensioni e l’assistenza al popolo con l’altra mano, crea dipendenza non del popolo, ma dei singoli, verso di sé. Quindi crea obbedienza. E insieme fa venir meno il bisogno, quindi la pratica, dell’emancipazione dei cittadini mediante la loro aggregazione solidaristica di base, orizzontale – come si avrebbe con le famiglie numerose e con le mutue cooperative. Una volta creata questa dipendenza, la politica può “tosare” i cittadini come vuole. Essi non potranno resistere.
13) La democrazia e lo stato di diritto, unitamente al libero mercato, sono i fondamentali paradigmi su cui l’Occidente ha conquistato il suo primato nel mondo. La democrazia (più propriamente definita liberaldemocrazia) e i diritti umani, anzi, hanno costituito per due secoli gli elementi essenziali di un universalismo con cui l’Occidente anglosassone ha imposto il suo dominio planetario, legittimandosi come una civiltà superiore. Al «fardello dell’uomo bianco» britannico, si è poi sostituito «il destino manifesto» americano. L’avvento dell’unipolarismo occidentale su scala globale ha però prodotto deriva oligarchica della democrazia: con la governance delle élites economico – finanziarie è venuto meno il primato della politica. Negli ultimi anni tale degenerazione si è accentuata. Le élites e i loro partiti di riferimento, si identificano essi stessi con la democrazia, con conseguenti misure repressive e/o giudiziarie, volte a delegittimare e sopprimere ogni forma di opposizione (anche interna al sistema). L’oligarchia è dunque il garante – monopolista della democrazia? O, in nome della democrazia vuole preservare se stessa e il suo potere dal dissenso popolare?
R.: Una certa partecipazione dal basso alle scelte politiche è spesso esistita, nella storia, seppure in misura variabile. La democrazia non è mai esistita, se non come aspirazione o simulazione, perché tutte le società organizzate sono oligarchiche, ossia in esse il potere, la ricchezza e le conoscenze sono concentrate. Lo stato di diritto, la rule of law, esiste come mito, ma nella realtà solo marginalmente, perché il potere materiale ed economico piega le leggi e compera la giustizia. Il libero mercato non è mai esistito, se non come finzione, perché il mercato è sempre stato condizionato dall’esterno, è sempre stato non trasparente, e tende a produrre un regime monopolistico e anti-liberale, totalitario. I miti americano, britannico e prima ancora romano (Tu regere imperio populos, Romane, memento (hae tibi erunt artes), pacique imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos) hanno coperto operazioni di arricchimento, sfruttamento e sottomissione, così come quello odierno dell’Europa ventotenista. Le élites si auto legittimano spacciandosi, attraverso la propaganda dei mass media e della scuola, come incarnazioni e garanti di questi miti artefatti – sicché ogni contrasto ad esse, per quanto “democraticamente” forte e rappresentativo, è illegittimo, immorale e forse anche morboso.
14)Nella propaganda del mainstream assistiamo alla singolare trasposizione della responsabilità dei fallimenti della classe dominante nel senso di colpa inoculato nella coscienza dei popoli a cui vengono imputate colpe inemendabili, quali rei di populismo, putinismo, sovranismo, ecc… Come è concepibile una psicologia della politica che non crea consenso, ma si contrappone ai popoli criminalizzandoli, identificandoli cioè con i nemici della democrazia?
R.: E’ concepibile ed è praticata. Quella che hai descritto è una nota tecnica di psicologia politica: la colpevolizzazione della vittima (per giustificare lo sfruttatore e dargli più potere di continuare). E’ stata usata, ad esempio, con l’Euro: si sapeva che, bloccando i tassi di cambio tra le valute di paesi più efficienti e quelle di paesi meno efficienti, questi ultimi avrebbero importato maggiormente dai primi prodotti e servizi (appunto perché nei paesi efficienti produrli costa meno), ed esportando verso di essi capitali, lavoratori e aziende, nonché indebitandosi verso di essi. Il che è quello che è avvenuto anche con l’Euro, in particolare tra Italia e Germania. Lo si sapeva, era già avvenuto in passato, stava scritto nei manuali di economia internazionali, alcuni economisti indipendenti lo preannunciavano; ma, da parte delle istituzioni e dei politici, lo si nascondeva alla gente. Alla gente si diceva, mentendo: “lavoreremo di meno e guadagneremo di più; il debito pubblico italiano sarà in sicurezza e ripartito tra gli altri paesi; perciò pagate una tassa per entrare nell’Euro”. Gli Italiani ci cedettero, e per i primi anni, come previsto, lo Stato ha avuto più denaro da spendere a tassi modici, quindi si è avuta una certa diffusione di benessere e conseguente consenso; poi sono arrivati i vincoli di bilancio, la deindustrializzazione, le privatizzazioni forzate, la fuga dei capitali, il take over delle grandi imprese nazionali, i ripensamenti. La promessa iniziale, ossia “lavoreremo meno e guadagneremo di più, il debito pubblico italiano sarà in sicurezza e ripartito tra gli altri paesi”, si è capovolta in una colpevolizzazione dei PIIGS: “abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, ci siamo sovra indebitati, dobbiamo fare i sacrifici, i compiti a casa, vendere i gioielli di famiglia” – messaggio che è un esempio appunto della tecnica della colpevolizzazione dell’aggredito e camuffamento del colpevole-beneficiario, analogo allo slogan liberista che, se uno non riesce a trovare lavoro, ciò sia dovuto alla sua mancanza di intraprendenza, mentre è dovuto principalmente a scelte di politica economica e monetaria, come appunto l’Euro.
Intervista a Marco Della Luna, autore del libro “Psicologia della politica applicata”, Arianna Editrice 2025, a cura di Luigi Tedeschi