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Il paesaggio e l’Europa

di Li Volti Giovanni - 13/10/2006

                                   

 

Le motivazioni che hanno portato l’Europa a formulare la “Convenzione Europea del paesaggio” sono alla base della necessità  di contribuire alla formazione delle culture locali nel rispetto del patrimonio naturale e culturale europeo per rafforzarne l’identità e la diversità.

La sua caratterizzazione è formata da una pluralità di culture di importanza nazionale, transnazionale e regionale -le  60 lingue ne sono la testimonianza-  e queste hanno determinato molta parte dei paesaggi d’Europa.

La Convenzione Europea del paesaggio ha collocato quest'ultimo al centro delle strategie della sostenibilità, stimolando anche un sistema di sviluppo di politiche ed azioni innovative, volte alla protezione, gestione e pianificazione dei paesaggi del territorio come quadro di vita per le molte popolazioni, espressione delle identità e delle diversità locali e regionali, e come risorsa ulteriore di sviluppo socio-economico e territoriale.

In questo contesto si sono presentate nuove opportunità di guardare alle città: dal punto di vista del paesaggio, e viceversa, attraverso un confronto fra le varie esperienze culturali europee.

La Convenzione sottoscritta a Firenze nel 2000 da ben 40 Paesi, si è concretizzata  in Italia con l’approvazione nel 2004 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che prevedeva, nel maggio 2005, alcuni adempimenti della stessa legge.

Oggi, con la su indicata legge, come afferma il segretario Alberto Clementi della Società botanica degli Urbanisti si completa una codificazione normativa per il paesaggio che almeno nelle sue prime enunciazioni  appare tra le più avanzate in Europa.

Tuttavia, durante questo percorso legislativo, la non definizione certa di alcune competenze della legge, lasciate in alcuni casi alle interpretazioni distorte o sminuite nel loro reale significato dalle altre istituzioni locali, desta reale preoccupazione.

Come insegna uno dei più grandi esperti, il Prof. Almo Farina, il paesaggio rappresenta la frontiera dell’ecologia (spaziale) e si configura come il contenitore della maggior parte dei processi naturali e dei processi antropici.

Oggi noi possiamo costruire sulla base di una questa nuova considerazione del paesaggio, una pianificazione che diviene governo del territorio, ovvero una dimensione che considera l’ambiente e il territorio come un unicum da amministrare secondo il principio della sostenibilità.

La valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale, che accresce il potere di attrazione delle regioni agli occhi degli investitori, del turismo e della popolazione, è un fattore importante di sviluppo economico e contribuisce altresì in modo significativo al potenziamento dell’identità regionale.

La gestione di questo patrimonio non dovrebbe essere unicamente dominata dal passato, né orientata ai soli aspetti o parti eccezionali, ma affrontata con un approccio evolutivo,  garantendone prioritariamente la sua preservazione,e rispondendo, nel contempo, ai bisogni della società moderna.

Non si tratta di stravolgere gli elementi che lo caratterizzano, ma piuttosto di saperli riesaminare e verificare secondo il nuovo concetto di sostenibilità.

Del resto, una cultura della pianificazione integrata si sta facendo strada da qualche decennio: pensiamo ai piani delle aree protette, ai piani di bacino, ai piani paesistici, a quelli delle attività estrattive, di tutela delle acque, ecc.

Eppure, l’esperienza fatta fino ad oggi ci dice che l’Italia non riesce a governare bene il proprio paesaggio; infatti riesce ad imporre molti vincoli che raramente risultano efficaci a proteggerlo dai mutamenti del territorio contemporaneo ma, di fatto non ha saputo trovare soluzioni convincenti nella prospettiva di una positiva convergenza tra politiche del paesaggio, politiche del territorio e dello sviluppo locale.

E’ necessaria dunque una sinergia che non sacrifichi né le istanze della tutela né quelle dello sviluppo e che, anzi, assuma il paesaggio come risorsa economica. 

L’adesione dell’Italia alla Convenzione Europea del Paesaggio e la nuova legge di riforma dovrebbero rendere possibili nuovi rapporti tra la pianificazione e il paesaggio tutelando e conservando al meglio ciò che della natura e della storia abbiamo ereditato e facendo del paesaggio culturale un bene dinamico e non mummificato, così come le precedenti leggi e vincoli producevano.

Nonostante ciò, poiché non si è riusciti finora a far collaborare in modo soddisfacente gli organismi dello Stato competenti per la tutela (il Ministero per i Beni e le Attività culturali  e dell’Ambiente e la sua rete delle soprintendenze regionali e locali) con gli Enti Locali (con potere di pianificare e governare il territorio), siamo in bilico tra due tendenze opposte: il ritorno alla autosufficienza del sistema della tutela che porta alla dissociazione rispetto alle politiche territoriali locali e l’apertura alla cooperazione non gerarchica tra Stato e Regioni, quest’ultima invece oggetto della Convenzione Europea del Paesaggio in sinergia con le popolazioni interessate.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, attuato con la legge dell’aprile del 2004, dove vi sono richieste ben precise cui adempiere, sia per le Regioni che per gli Enti locali, trova una sordità diffusa nelle varie amministrazioni finendo con l’ignorare non un appello bensì una  legge.

Una soluzione indicata dalla normativa regionale è stata quella di promuovere l’attuazione di un accordo tra la Regione Emilia-Romagna, il Ministero per i beni e le attività culturali e le Associazioni delle autonomie locali della Regione, con l’obiettivo di creare i presupposti per una gestione ordinata, sistematica e certa dell’attività di tutela del paesaggio.

Il richiamo alla collaborazione, che la norma regionale ha così promosso, trova le proprie radici nelle favorevoli condizioni  determinatesi nei confronti del paesaggio in quanto valore comune e patrimonio della nostra identità.

Questa interpretazione è stata affermata, in primo luogo, dalla Convenzione Europea del paesaggio, aperta alla firma a Firenze il 20 ottobre 2000, la quale, non muta l'obiettivo di fondo della tutela, che è pur sempre la salvaguardia del paesaggio, ma modifica la prospettiva e il significato attribuiti a questo termine, oltre agli strumenti e alle modalità di gestione e di tutela dei paesaggi.

La Convenzione estende la valenza paesistica a tutto il territorio e, al contempo, sottolinea come la conservazione non deve essere più intesa come immutabilità del paesaggio, ma come azione finalizzata al miglioramento della qualità e al rafforzamento delle identità di tutto il territorio.

La tutela del paesaggio deve infatti conseguire all’individuazione di luoghi, ambiti e

sistemi riconosciuti o riconoscibili come patrimonio comune dalle stesse comunità locali, attraverso la loro partecipazione nelle politiche che comunque incidono sulle condizioni paesaggistiche dei luoghi in cui le popolazioni si identificano.

Gli Stati sono invitati ad abbandonare modalità di mera conservazione dei luoghi eccellenti, ormai superate, a favore di una visione comune e condivisa, di strumenti univoci, di attività coordinate e sussidiarie.

In questo modo sarà possibile attuare un processo di continua comunicazione che porterà tutti noi a considerare ciò che ci circonda in modo consapevole e responsabile.

Rispetto ad alcuni anni fa, si avverte in Italia una sempre più vasta attenzione ai temi della valorizzazione del paesaggio e alla progettazione degli spazi che possano sempre meglio qualificare il nostro ambiente di vita.

Si rileva sempre più l’esigenza della qualità del paesaggio; infatti nei vari concorsi di livello nazionale o internazionale si richiedono specifiche competenze all’interno dei gruppi di progettazione.

La figura dell’architetto del Paesaggio diventa quindi sempre più significativa, in un contesto in cui il mercato del lavoro, la riforma degli ordini professionali e dei corsi universitari si stanno trasformando velocemente, cosicché al paesaggista si richiede una sempre più specifica e consolidata formazione, e collaborazione in molti settori ( progettazioni di parchi e giardini pubblici e privati, giardini pensili, orti botanici, cimiteri, campi da golf, studi per la riqualificazione di parchi, giardini e paesaggi storici, analisi per la valutazione e la pianificazione paesistica, studi di impatto ambientale, collaborazione a progetti di recupero, riqualificazione di cave e miniere, aree dismesse, inserimento paesistico di reti infrastrutturali ferroviarie, autostradali e di servizio).

Oltre una specifica competenza professionale si richiedono inoltre altre collaborazioni fino ad oggi escluse, come agronomia, geografia, biologia, storia ed economia, così come previsto dalle stesse composizioni delle commissioni del Codice dei beni culturali per la valutazioni dei paesaggi.

In realtà la Convenzione accerta  il paesaggio come una categoria da riconoscere e proteggere giuridicamente.

In tal senso è bene prestare attenzione ad alcuni articoli : l’art. 2  stabilisce che “la convenzione si applica a tutto il territorio  e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani.       

Essa comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati”.

Pertanto si ritiene necessario l’attuazione del Codice dei beni Culturali e la revisione del PTC (Piani Territoriali di Coordinamento) coerentemente all' Accordo Stato Regioni del 19 aprile del 2001 (G.U. n114 del 18.5.2001) il quale stabilisce che l'orientamento paesistico dei Piani deve essere conforme alla  Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa.

La salvaguardia del Paesaggio è una componente fondamentale della conservazione della biodiversità nazionale e deve integrarsi con l'uso sostenibile delle risorse viventi (Convenzione di Rio di Janeiro del 1992).

La Convenzione Europea del Paesaggio,  garantisce la protezione, la gestione e la pianificazione dei paesaggi.

La salvaguardia dell' habitat invece è stabilita nella "Strategia d'Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia" del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio –2002.

L'accordo individua i criteri e le modalità per la redazione dei Piani Paesistici e

Urbanistico-territoriali con le stesse finalità di salvaguardia dei valori paesaggistici e ambientali, e prevede che vengano individuati differenti ambiti (da elevato pregio a dismessi e degradati) di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio, cui corrispondono specifici obiettivi di qualità paesistica.

L’accordo stabilisce, inoltre, il ruolo attivo dei cittadini attraverso la partecipazione e la consultazione pubblica ai processi di pianificazione, gestione e protezione dei paesaggi.

La pianificazione territoriale ha il compito di contribuire alla tutela, alla gestione e alla valorizzazione dei paesaggi tramite specifici interventi tematici e strategie socio culturali.