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Cinquantenario della Predizione di Hubbert

di Giorgio Nebbia - 16/10/2006




Cinquant'anni fa, nel 1956, un geologo della compagnia petrolifera Shell,
King Hubbert (1903-1989), si presentò alla Conferenza dell'Istituto
Americano del Petrolio per leggere una relazione sul futuro dell'energia.
Hubbert aveva passato la sua vita professionale fra le miniere di carbone e
i campi petroliferi, studiando la loro estensione e le riserve disponibili.
Aveva scritto la sua relazione in fretta e furia e ne aveva mandato una
copia agli uffici della Shell, per cui lavorava; mentre stava per leggerla
uno dei funzionari della Shell gli telegrafò di non presentarla, ma era
troppo tardi e Hubbert espose quella che si sarebbe rivelata una bomba
tecnico-scientifica ed economica. Sulla base dei suoi dati Hubbert sostenne
che, se si conosce la dimensione delle riserve di una fonte di energia --- 
carbone o petrolio (allora il metano si affacciava appena all'orizzonte) --- 
e si conoscono i consumi annui si può prevedere che arriverà un giorno in
cui le riserve cominceranno a diminuire e la produzione comincerà a
diminuire, dopo aver raggiunto un massimo: il "picco di Hubbert".

Lo studio di Hubbert era rivolto principalmente alla situazione degli Stati
Uniti; nel 1956 stava cominciando l'era dell'energia atomica a fini civili e
il futuro ruolo di questa nuova fonte di energia sarebbe dipeso da quanto a
lungo sarebbero durate le riserve di petrolio americano. Stimando delle
riserve di circa 30 miliardi di tonnellate, sulla base dei consumi annui
prevedibili Hubbert calcolò che dal 1975 in avanti la produzione di petrolio
degli Stati Uniti sarebbe andata diminuendo; e così è stato e oggi il paese
sopravvive importando oltre la metà del petrolio che consuma: da qui la
nervosa attenzione per i paesi petroliferi come Iraq e Iran.

Nel mezzo secolo da quando Hubbert presentò la sua relazione (il testo
integrale si trova in Internet, in un "sito" intestato a Hubbert), diecine
di studiosi (fra cui l'inglese Colin Campbell, il francese Jean Laherrere, e
l'italiano Ugo Bardi) hanno riesaminato i suoi dati e hanno studiato l'andamento
della produzione di petrolio nel mondo. I migliori dati oggi disponibili
indicano delle riserve mondiali di petrolio intorno a 150 miliardi di
tonnellate; all'attuale ritmo di estrazione di oltre 4 miliardi di
tonnellate all'anno tali riserve potrebbero durare meno di quarant'anni; il
massimo di estrazione (il "picco di Hubbert") potrebbe essere raggiunto (o è
già stato raggiunto) in questi primi anni del XXI secolo; un declino nell'estrazione
di petrolio si sta già osservando nei pozzi dell'Alaska e del mare del Nord
e in alcuni pozzi del Golfo Persico; qualche anno fa si è ricordato, in
questa pagine, l'esaurimento dei campi petroliferi del Bahrein, uno degli
"emirati" del Golfo Persico fra i primissimi in cui gli inglesi avevano
iniziato l'estrazione del petrolio già nel 1934.

C'è poca speranza di trovare altri grandi giacimenti di petrolio, nonostante
che oggi le trivelle raggiungano grandi profondità sotto la crosta esistente
nel fondo degli oceani; a parte il fatto che nuove riserve di petrolio sono
raggiungibili soltanto a costi sempre più elevati. I giacimenti del nostro
"Texas lucano" forniscono, ogni anno, una piccola frazione del petrolio che
l'Italia importa e raggiungeranno il "picco di Hubbert", prima che la
produzione declini, fra una diecina di anni.

Resta il gas naturale, di cui esistono grandi, ma non illimitate riserve. La
produzione italiana di metano ha raggiunto il "picco di Hubbert" negli
ultimi anni del secolo scorso e l'Italia dipende dalle importazioni
attraverso i grandi metanodotti anche sottomarini: dal Nord Africa, dalla
Siberia russa, dal mare del Nord. Gli Stati Uniti importano il gas naturale
dal Canada. Quanto durerà il metano esistente nel mondo ? Forse ce ne sono
riserve per alcuni decenni. I paesi dell'Estremo Oriente offrono all'Europa
e agli Stati Uniti del metano, ma questo, per poter raggiungere i paesi di
destinazione, deve essere portato allo stato liquido, raffreddandolo a
bassissima temperatura; viene poi trasportato allo stato liquido in navi
refrigerate e deve essere poi riportato allo stato gassoso in adatti
rigassificatori, fino a quando anche l'estrazione di metano dai pozzi
esistenti comincerà a declinare e allora diventeranno inutili le trivelle,
le navi refrigeranti, i rigassificatori.

L'avvertimento di Hubbert è stato importante perché era basato non su stime
pessimistiche, ma sulle "leggi" che si incontrano in biologia ogni volta che
si ha a che fare con risorse non rinnovabili; la teoria matematica risale
all'italiano Vito Volterra (1860-1940) e all'americano Alfred Lotka
(1880-1949) che, nel 1934, hanno descritto come una popolazione smette di
crescere, e anzi comincia a diminuire, quando la disponibilità di cibo
finisce. I pozzi petroliferi o di metano, sono "il cibo" che alimenta i
nostri mercati e le nostre società industriali e quando tali pozzi
cominciano ad esaurirsi anche i consumi basati su tali fonti di energia
(automobili a benzina, elettricità, riscaldamento domestico, plastica)
vengono frenati.

Oggi ci è ben chiaro che le riserve energetiche fossili --- petrolio e gas
naturale --- prima diventeranno scarse e più costose, poi, fra alcuni
decenni, cominceranno ad esaurirsi; il pericolo di eventi che si
verificheranno fra trenta o 40 anni può sembrare lontanissimo, ma un
cambiamento tecnico-economico e sociale richiede anni; sarebbe perciò utile
cominciare fin da adesso a progettare e costruire mezzi di trasporto,
sistemi di riscaldamento e centrali elettriche che consumino meno energia e
che siano basate su altre fonti energetiche, non inquinanti o esauribili e
che siano rinnovabili, disponibili a lungo in futuro. Una bella sfida.

Da "La Gazzetta del Mezzogiorno", martedì 10 ottobre 2006