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Iraq, quanti morti?

di Dahr Jamail - 18/10/2006


Un recente studio, condotto da fisici iracheni e monitorato da epidemiologi della Scuola medica Bloomberg dell'Università John Hopkins di Baltimora, ha riportato risultati scioccanti circa l'effettivo numero delle vittime in Iraq. Si tratta di un'indagine unica, che calcola il tasso di mortalità in Iraq ricorrendo a metodi scientifici. Il 30% delle morti riportate sono causate dalle forze di occupazione

È l’unico più importante dato statistico sull’illegale invasione ed occupazione statunitense dell’Iraq. Quanti iracheni sono rimasti uccisi?

655.000.

655.000 iracheni uccisi a causa dell’invasione ed occupazione statunitense dell’Iraq.

Ho lavorato per otto mesi in Iraq come reporter, testimoniando la quotidiana carneficina, visitando gli obitori con cadaveri e resti umani ivi ammassati, incontrando innumerevoli famiglie che avevano perso un proprio caro o più d’uno... Finalmente, abbiamo una cifra accurata che mostra la reale e smisurata portata della prolungata strage.

Il primo rapporto di The Lancet, pubblicato il 29 ottobre 2004, riferiva di 100.000 morti iracheni "in eccesso" a causa della campagna militare Usa. L’espressione “in eccesso” indica la differenza tra i tassi di mortalità pre-invasione e post-invasione. Ogni volta che mi sono state fornite relazioni pubbliche sull'occupazione, mi sono sempre trovato in difficoltà per mancanza di cifre più realistiche e recenti, sapendo perfettamente che il numero delle vittime superava approssimativamente le 100.000 unità.

Il minimo che potessi fare era menzionare il fatto che Les Roberts, uno degli autori di quel rapporto, aveva dichiarato lo scorso febbraio che il numero di vittime irachene poteva superare le 300.000. Ed ora sappiamo che la cifra è molto più elevata, il che non fa altro che confermare quello che la maggior parte degli iracheni già sa.

Nel quadro degli orrori che si sono succeduti nel corso di più di tre anni di occupazione, quest’ultima cifra non sorprende quanto il primo rapporto di The Lancet pubblicato nell’ottobre 2004. Da allora, si sa perfettamente, purtroppo, che il numero di iracheni uccisi dall’occupazione ha continuato a crescere in maniera esponenziale.

Il recente studio, come il primo, è stato condotto da fisici iracheni e monitorato da epidemiologi della Scuola medica Bloomberg dell'Università John Hopkins di Baltimora. I dati ricavati si basano su interviste condotte su un campione scelto a caso di famiglie provenienti da diverse zone dell'Iraq. La ricerca ha fornito la stessa stima di vittime subito dopo l’occupazione, come il primo studio condotto, e ha rivelato che il 30% delle morti riportate sono causate dalle forze di occupazione.

Questa indagine è l’unica, a differenza della prima pubblicata da The Lancet, che calcola il tasso di mortalità in Iraq ricorrendo a metodi scientifici. Si tratta di una tecnica di “campionamento a grappolo”1 impiegata anche per stimare la mortalità causata da carestie e a seguito di calamità naturali.

Lo studio condotto nel 2004 ha subìto gli attacchi dei critici neocon e del gruppo cosiddetto pacifista Iraq Body Count (IBC), che attualmente riporta un numero di iracheni morti compreso tra le 44.000 e le 49.000 unità – una cifra fuori dalla realtà. In passato, i dati di IBC sono stati citati spesso anche da George Bush.

I risultati controversi del primo studio sono stati sostenuti da Bradley Woodruff – epidemiologo al Centers for Disease Control and Prevention statunitense (Centro Usa per il controllo e la prevenzione delle malattie, NdT) – il quale ha citato in un articolo pubblicato dal Chronicle of Higher Education il 27 gennaio 2005 quanto segue: "Les [Les Roberts, co-autore del primo studio] ha usato, e usa coerentemente, la miglior metodologia possibile” (...) Infatti le Nazioni Unite e il Dipartimento di Stato hanno interpretato come fatti i numeri sulla mortalità compilati da Roberts per i precedenti conflitti – e hanno agito in base a quei risultati. [Roberts] ha studiato la mortalità causata dalla guerra sin dal 1992, avendo condotto indagini in luoghi che includono la Bosnia, il Congo e il Ruanda. Le sue tre indagini sul Congo per l’International Rescue Committee, un’organizzazione umanitaria non governativa, in cui ha fatto ricorso a metodi analoghi a quelli per il suo studio sull’Iraq, hanno ricevuto una grande attenzione. ‘Tony Blair e Colin Powell hanno citato quei risultati più e più volte senza mai pensare di metterne in dubbio la precisione o la validità’”, ha aggiunto.

Un paio di importanti fattori evidenziano ulteriormente la validità e l’autenticità della metodologia di analisi in questione: prima di tutto, il lavoro fisico (ovvero, il reperire fisicamente le informazioni, NdT) è stato condotto da otto medici iracheni; in secondo luogo, il recente studio ha portato alla stessa stima di morti subito dopo l'invasione, similarmente al primo studio. Inoltre, le cifre sono confermate da prove ufficiali, così come la grande maggioranza di decessi sono convalidati dai certificati di morte.

Ronald Waldman, epidemiologo alla Columbia University che ha lavorato al Center for Disease Control and Prevention per diversi anni, ha dichiarato che il metodo d’analisi è "provato ed esatto", ed "è la stima di mortalità più attendibile a disposizione". La sua visione è stata appoggiata da Sarah Leah Whitson, direttore esecutivo di Human Rights Watch di New York, la quale ha dichiarato: "Non abbiamo motivi di dubitare i dati rilevati nè l’accuratezza degli stessi".

Vale la pena ricordare in questa sede che la stima dell’indagine del tasso di mortalità iracheno pre-invasione, utilizzata come punto di partenza dello studio, era approssimativamente la stessa di quella usata sia dalla CIA che dal Census Bureau statunitense.

Come nel caso del primo studio condotto, il recente ha rilevato che l’attuale numero di iracheni morti potrebbe in realtà essere più elevato. Il fatto che questa indagine abbia registrato le "morti in eccesso" implica che queste persone sarebbero ancora vive se gli Stati Uniti non avessero invaso il loro paese.

Se per alcuni il numero incredibilmente elevato di morti può essere scioccante, per altri, coloro che sono stati al corrente degli eventi, non stupisce granchè il fatto che gli ispettori abbiano rilevato un costante incremento della mortalità irachena dall’invasione e un più intenso aumento nell’ultimo anno. Questo riflette in maniera allarmante l’aggravante violenza che persino l’esercito statunitense, i media e i gruppi civili sono stati costretti ad ammettere.

La maggior parte di quello che abbiamo sentito riportare, prima di questa indagine, sono state soprattutto le morti a Baghdad, con titoli del tipo: "50 corpi ritrovati a Baghdad" e "L’obitorio di Baghdad conta 100 cadaveri al giorno". Si tratta di storie che hanno tralasciato il resto del paese, sebbene la capitale irachena rappresenti circa il 20% della popolazione totale del paese. Ciò che è successo nel resto dell’Iraq è un problema a cui il recente studio fornisce risposte: ovvero, che ogni giorno in tutto l’Iraq si contano circa 500 vittime inaspettate per cause violente.

L’indagine ha rilevato che l'87% delle morti sono avvenute durante l'occupazione anzichè nel corso dell’invasione iniziale, e che il 31% sono state una conseguenza di attacchi e scontri aerei per mano delle forze della coalizione. Non ha sorpreso il fatto che Bush abbia respinto i dati dello studio. Il presidente Usa non ha considerato il rapporto credibile, e ha definito la metodologia usata "alquanto inaccurata". Sono certo che Bush in realtà avrà esaminato con molta attenzione il metodo utilizzato nello studio. Lo scorso dicembre, Bush ha dichiarato che 30.000 iracheni avevano perso la vita a causa dell'invasione e dell’occupazione del paese. Quando i cronisti gli hanno chiesto se stesse difendendo ancora i propri calcoli, egli ha affermato di essere fedele alla cifra secono cui "un sacco" di persone innocenti sono morte nel conflitto.

Una persona che conosco in Iraq, un uomo che lavora con diverse ONG locali che si occupano di abusi dei diritti umani, di morti, detenzioni ed altre violazioni della legge internazionale, è diventato furibondo quando gli ho chiesto cosa ne pensasse dell’attacco di IBC contro i risultati del primo rapporto di The Lancet. Riporto qui il suo sfogo:

Mi appello a tutti i colleghi del mondo affinchè la SMETTANO di scrivere sulla questione irachena senza avere sufficienti informazioni provenienti da fonti attendibili. Le persone qui vengono uccise e il paese sta virtualmente morendo; non è molto umano derubare i morti! IBC apparentemente si è data da fare per correggere il numero di iracheni rimasti uccisi a causa dell’occupazione Usa. Tutto quello che ho visto in questo violento attacco contro ‘The Lancet’ è stata una severa offensiva che all’uccisione della verità unisce quella abituale delle vittime di bombe e sparatorie.

Salih Al-Jabiri è un cinquantacinquenne attivista dei diritti umani a Baghdad. Jabiri, commentando la cifra di circa 30.000 iracheni uccisi allora fornita da IBC, cifra che è stata vergognosamente citata da Bush, ha affermato: "Che differenza fa se si tratta di 30.000 o 200.000 persone uccise? Stiamo contando vite umane, non polli d’allevamento! Pensate che dovremmo gioire se le statistiche statunitensi riportano solo 30.000 morti? Questo numero, così oltraggiosamente basso, ci fa ribrezzo, poichè tutti noi sappiamo che il dato reale è molto più elevato!"

Il mio interlocutore di cui sopra ha aggiunto recentemente:
Non importa dare dei numeri: il crimine è così grave che dovrebbe essere condannato senza esitazione alcuna da tutti coloro che si dichiarano ancora esseri umani. A tutti i nostri colleghi di IBC e a tutte le persone ragionevoli, diciamo: siate umani abbastanza da condannare i crimini dell’occupazione in Iraq, altrimenti non dichiaratevi esseri umani.

Da oltre un anno, molti iracheni considerano quello che sta avvenendo nel loro paese un vero e proprio genocidio. Con oltre 500 iracheni uccisi ogni giorno come causa diretta dell’occupazione, risulta difficile contestare la veridicità di tale definizione.

 

1. Nel campionamento a grappolo (ingl. "cluster sampling") viene selezionato un campione casuale di grappoli (gruppi, "cluster" di unità della popolazione) e tutte le unità ad esso appartenenti sono oggetto di rilevazione (NdT).

 

Dahr Jamail è un giornalista free lance che ha trascorso oltre otto mesi nell’Iraq occupato. Lo scorso gennaio a New York ha fornito le prove dei crimini di guerra Usa alla Commissione Internazionale d’Inchiesta sui Crimini contro l’Umanità commessi dall’Amministrazione Bush. Scrive regolarmente per ‘Inter Press Service’, ‘Truthout.org’, ‘Asia Times’, ‘TomDispatch’; il suo sito è www.dahrjamailiraq.com.
Dahr Jamail è tra gli autori dell’antologia Tutto in vendita – Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi.
Sull'Iraq vedi Iraq Confidential – Intrighi e raggiri: la testimonianza del più famoso ispettore ONU (prefazione di Seymour Hersh, prefazione all'edizione italiana di Gino Strada).

 

Fonte: TruthOut
Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media