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La feroce leggerezza dell’Occidente

di Miguel Martinez - 18/10/2006

 

Gonfio della propria levità, l’Occidente si stacca dal mondo e vola in alto.

Solo un lungo tubo lo collega ancora al resto dell’umanità: un tubo attraverso cui scorrono gorgoglianti il petrolio, le badanti, i diamanti, la cocaina, gli spazzini, le prostitute, le discariche, le spiagge, la carne animale e il sangue umano di cui ha bisogno per nutrirsi.

Dall’alto, addosso alla terra lontana, l’Occidente riversa il proprio terrore, ma nel grande dirigibile, tutto è delicatamente insonorizzato.

L’Occidente è e non è l’Occidente.

Per staccarsi da terra, ha tagliato tutte le proprie, contraddittorie radici, di cui però si vanta nell’esatta misura in cui le ha distrutte.

Ha ucciso le forme pagane, ha distrutto il cristianesimo, ha messo a morte l’illuminismo e ha svuotato la democrazia.

L’Occidente ha annichilito ogni costume diverso, per mercificarlo poi come folklore.

Ha trasformato mille paesaggi in un unico luogo identico, dove all’uscita della discoteca, la pista da sci scende giù alla spiaggia privata.

Ha liquidato gli aristocratici come i contadini, i borghesi come i proletari, il clero come gli atei, la famiglia come il quartiere, il villaggio come la fabbrica.

Per farlo, non ha usato il bastone: il massacro mortale che esercita senza limiti, lo usa solo fuori da sé. Non è più tempo di potere.

Ma non ha usato nemmeno la carota: perché mai i prestigiatori dell’economia illusoria dovrebbero spartire qualcosa, con chi non produce più nulla, se non servizi?

L’Occidente non è astratto, e non parla ad astrazioni.

Non parla di ideali, e non parla a popoli o classi. Non parla per monumenti e decreti.

Parla con il volto dell’individuo attore, che guarda i tanti individui spettatori.

L’individuo attore può essere modella, politico, esperto, caso umano, trasgressivo, cretino.

Il Volto si vede in primo piano, e appare perfettamente umano, uguale, vicino, fallibile.

Le poche, infantili parole che escono dalla bocca del Volto hanno scarsa importanza. L’Occidente non ha niente da dire (e anche di questo si vanta), perché le sue premesse sono assolutamente indiscutibili, e consistono nell’obbedienza assoluta e incondizionata alle esigenze dell’economia capitalistica.

Ciò che conta è che il Volto è uno di noi, è noi stessi, solo un po’ più bello.

Grazie alla sua espressione e al suo tono di voce, il Volto ci mostra che siamo un insieme turbinante di persone leggere, gradevoli, smaniose di divertirsi, deboli ma carine. Abbiamo addosso l’innocenza dell’adolescenza, o meglio di una tarda infanzia erotizzata. E questo ci rassicura, perché vuol dire che siamo più buoni degli altri, qualunque cosa facciamo.

Il Volto ci seduce e ci rimprovera, e in questo il suo dominio somiglia a quello assegnato nei secoli alle donne, amanti e madri.

Ci seduce incessantemente, con le infinite varianti del muzak, il gradevole suono di sottofondo che induce uno stato leggermente ipnotico nei clienti dei supermercati. Ben più efficace, e meno costoso, della distribuzione di concrete carote.

Ma il Volto ci colpevolizza anche, dicendoci che le infinite frustrazioni della vita reale sono solo colpa nostra: ce lo insegna la legge di mercato, ce lo ribadiscono il karma o la psicanalisi. Siamo noi stessi a bastonarci da soli.

Il pesce, ci dice Régis Debray, non ha mai scoperto l’H2O, cioè non si pone il problema di cosa sia quell’acqua in cui nuota. Salvo il caso in cui si trovi per sbaglio sulla terraferma.

Non cogliamo affatto la natura dell’orrore in cui ci troviamo sommersi, perché non ha nome. Solo quando incontriamo per sbaglio l’Altro, ci sentiamo Occidente, senza però minimamente cercare di capire cosa ciò significhi. Veniamo allora colti da una furia insieme divoratrice e omicida.

Ma siamo persone gentili, che non faremmo male a una mosca: infatti, a sgozzare i maiali che mangiamo ci pensano sofisticati macchinari e stanchi extracomunitari.

Allora la nostra furia divoratrice diventa, incolpare l’altro perché non si fa integrare. E la furia omicida diventa,  incolpare l’altro perché ha osato difendersi.

Certo, l’odio incontrollabile, la follia sconnessa dei discorsi, il grado del delirio di violenza con cui l’occidentale si esprime in tali casi dovrebbero rivelare qualcosa della spaventosa malattia che è l’Occidente stesso.

Ma anche allora, pochi, pochissimi, cercano davvero di capire: al massimo, dicono, Oriana Fallaci era individualmente un po’ disturbata.

Nel Giorno del Giudizio ci verrà chiesto perché non ci siamo ribellati a ciò che non potevamo non vedere.

Allora, per difenderci davanti all’Angelo, potremo solo citare il proverbio cinese: “Il punto più oscuro è sotto la lampada.”