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“Angeli e demoni”. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte

di Ernesto Ferrante - 02/07/2019

“Angeli e demoni”. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte

Fonte: l'Opinione Pubblica

La stampa petalosa si è addormentata nel bel mezzo di un horror intitolato “Angeli e demoni”. E’ da giovedì scorso che il sonno l’ha rapita, immobilizzandole mani, occhi e bocca. Sembrano lontanissimi quei giorni in cui (meno di una settimana fa) più vispa della celebre Teresa, tutta giuliva, stringendola viva (la notizia), gridava a distesa: “L’ho presa! L’ho presa!”. Deve essere colpa della stanchezza accumulata tra una montatura e l’altra.

Il pentolone scoperchiato dalla Procura di Reggio Emilia, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti che, da diversi anni, avevano messo in piedi un raccapricciante ma redditizio sistema di “gestione minori”, non è meritevole delle prime pagine dei quotidiani e delle prime serate televisive.

E non manca chi (come il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e i gazzettieri di riferimento) ha addirittura trovato la forza di uscire dal mutismo selettivo che lo sta affliggendo solo per bollare come patetici “i tentativi di strumentalizzare politicamente questo dramma”.

Sono più interessanti le corna rumorose di un “Temptation Island” che le lacrime mute di decine di bambini innocenti strappati dalle braccia dei genitori da una dirigente del servizio di assistenza sociale dell’Unione Comuni Val D’Enza, omosessuale e già legata ad alcune donne affidatarie di minorenni, della quale il giudice scrive che sono “la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la ‘causa’ dell’abuso da dimostrarsi ad ogni costo”.

Un macabro teatro della sopraffazione e del sadismo spacciato per modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, su cui è evidente il tentativo di far calare in anticipo il sipario. Uno schifo immondo fatto di false relazioni e disegni artefatti per allontanare i bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito anche ad amici e conoscenti (titolari di sexy shop, con problematiche psichiche e con figli suicidi) e addirittura di impulsi elettrici utilizzati sui minori durante le sedute di psicoterapia, per alterare lo stato dei loro ricordi in prossimità dei colloqui giudiziari. Due i casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie ed in comunità.

I destinatari della misura cautelare, tra cui spicca il sindaco del Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso.

Ad emergere con evidenza dalle intercettazioni con cui la Procura di Reggio Emilia ha inchiodato Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, la coppia omosessuale coinvolta nell’agghiacciante inchiesta che avrebbe dovuto scuotere l’Italia e far entrare in azione centinaia di penne strapagate, è anche lo squilibrio mentale di una delle due donne.

Si legge infatti nell’ordinanza che Danila Bedogni, in più occasioni e, mentre si trovava da sola nella sua auto, “instaurava lunghe conversazioni con soggetti immaginari”. E tra le urla di totale delirio la donna alternava bestemmie, canti eucaristici e forti liti in cui si immaginava di sgridare bambini. Ed è proprio a lei che è stata data in affido una minore. I servizi sociali l’avevano infatti considerata idonea. A quanto pare con l’aiuto di Federica Anghinolfi, definita la zarina dei servizi sociali, precedentemente legata alla Bassmaji. Negli atti si legge infatti che Fadia e la Anghinolfi “risultano aver avuto in passato tra loro una relazione sentimentale, dato acclamato anche in ragione di fotografie presenti sui social network”.

Giorno dopo giorno diventa sempre più nitido un altro aspetto inquietante di questa vicenda: dietro la “selezione” degli affidatari potrebbe esserci anche un movente ideologico. Dall’ordinanza del tribunale salta agli occhi un altro indizio importante: sui nove minori affidati illecitamente, più di uno è stato affidato a coppie gay. Ad individuare le coppie idonee alla presa in carico temporanea del minore era sempre lei: Federica Anghinolfi. Era stata ancora lei, per esempio, ad affidare una delle bambine a Cinzia Prudente, sua ex compagna e comproprietaria di un appartamento dove le due hanno convissuto per ben quattro anni. Durante gli incontri pubblici a cui prendeva parte, la Anghinolfi non mancava di evidenziare l’importanza di “andare oltre il tema dell’identità di genere nella relazione genitoriale”.

E non finisce qui, purtroppo. Almeno 5 professionisti all’interno del centro di Val d’Enza hanno scampato i domiciliari perché risultano traumatizzati da violenze sessuali in tenera età. Per il gip “sono troppo disturbati per arrestarli”. Una constatazione che rivela in quali mani siano finiti decine di bambini.

Francesco Morcavallo, dal settembre 2009 al maggio 2013 giudice presso il Tribunale dei minorenni di Bologna, da anni lancia allarmi su quello che definisce “il più osceno business italiano”: il troppo facile affidamento di decine di migliaia di bambini e bambine all’implacabile macchina della giustizia. Un percorso che inizia con la sottrazione alle famiglie e finisce con l’internamento (questo il termine che il giudice utilizza) negli istituti e nelle comunità governati dai servizi sociali.

In Italia sono almeno 50 mila i minori affidati, con un costo di circa 1,5 miliardi l’anno. E non esiste nemmeno un registro degli affidati, come accade in quasi tutti i paesi occidentali.

Sul volume di affari del “sistema”, si è espresso anche il presidente dell’Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani). “Non avevo mai sentito un caso grave come questo. I fatti di Reggio Emilia, se verificati in sede processuale, confermano quelli che sono sempre stati i sospetti di una parte dell’avvocatura e della magistratura circa la strumentalizzazione e il mercimonio che si fa di certi bambini per farli entrare nelle case famiglia”, spiega Gian Ettore Gassani. “Sappiamo che i bambini possono rendere tantissimo, un business pazzesco che oscilla tra i 100 e i 200 euro al giorno”, prosegue Gassani .

Meccanismi e nomi noti a Pablo Trincia, autore con Alessia Rafanelli dell’inchiesta “Veleno”, il podcast che ricostruiva le vicende di una presunta banda di pedofili (i cosiddetti “Diavoli della bassa modenese”) che alla fine degli anni Novanta portò all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie. Molti di quei genitori non hanno più rivisto i loro figli. Alcuni si sono suicidati, altri sono espatriati. Tanti, troppi hanno sofferto.

Una storia terribile sotto ogni punto di vista. Nelle sette puntate pubblicate da Repubblica.it dall’autunno 2017, Trincia e Rafanelli ricostruivano i fatti, mettendo in luce i molti dubbi sul ruolo svolto da assistenti sociali, psicologi e ginecologi durante le indagini. Quegli stessi professionisti sono finiti in manette nell’inchiesta “Angeli e Demoni”.

Chiudiamo questo editoriale con alcuni stralci della lettera aperta indirizzata al vicepremier Luigi Di Maio dall’avvocato modenese Francesco Miraglia, che da oltre dieci anni denuncia casi eclatanti di affidamenti “facili”.

Facciamo nostre le domande dell’avvocato: “Chi risarcirà questi genitori? Chi restituirà loro i figli? Ma soprattutto, a questi bambini, alcuni ancora piccoli, in altri casi adolescenti, chi dirà la verità? Chi dirà loro che vivono da anni insieme ad estranei, lontani dai genitori, dai nonni, dagli amichetti di scuola perché qualcuno ha voluto guadagnare sulla loro pelle? Chi lo farà? E con che metodo, poi?”.

“Possiamo solo immaginare, scrive Miraglia, quanto devastante potrà essere per un ragazzo apprendere di essere vittima di un sistema. Di essere stato allontanato da casa per mero lucro, per mero guadagno”.

La conclusione di Francesco Miraglia è amarissima: “Esiste un numero enorme di genitori che sta piangendo per i figli strappati dalle loro amorevoli braccia, esiste un numero enorme di bambini che piange per non avere più l’abbraccio della propria mamma. E non solo per colpa di assistenti sociali inette o, peggio, criminali, ma anche per i provvedimenti finali emanati dai Tribunali dei minori, perché per ogni relazione e richiesta di allontanamento presentata da un’assistente sociale, c’è comunque un giudice a pronunciare la parola affido”.

Non si spenga la luce su questo “inferno ovattato”. Non si abbassi la voce nel chiedere giustizia e verità. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte.