Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Condanna a morte del presidente Saddam Hussein: la guerra civile può cominciare

Condanna a morte del presidente Saddam Hussein: la guerra civile può cominciare

di Gilles Munier - 02/11/2006

 

Il verdetto del primo processo al Presidente Saddam Hussein e ad altri sette dirigenti iracheni –il cosiddetto caso Al-Dujayl – è stato spostato dal 16 ottobre al prossimo 5 novembre « per acquisire delle verifiche ». In realtà, il rinvio è stato chiesto dai consiglieri in comunicazione di George W. Bush. Essi sperano che l’annuncio della condanna a morte del Presidente iracheno, del suo fratellastro Barzan Al-Tikriti, capo dei servizi segreti prima del 1984, e del Vicepresidente Taha Yassin Ramadan, facciano guadagnare punti ai repubblicani alle elezioni di medio termine che avranno luogo due giorni dopo. A meno di un nuovo colpo di scena, le pene saranno eseguibili entro 30 giorni mediante impiccagione.



Il 3 ottobre 2006, a Managua, Donald Rumsfeld si è detto contrario al prolungamento del procedimento giudiziario contro Saddam Hussein. Egli vuole che al più presto si giunga al termine. Le altre accuse intentate contro il Presidente iracheno saranno ugualmente sanzionate con condanne a morte, a titolo postumo. Tale formula avrebbe il vantaggio di cancellare le responsabilità dei dirigenti occidentali, in particolare quella – schiacciante - di Rumsfeld, per aver fornito armi all’Iraq durante il conflitto con l'Iran. L'origine dei gas da combattimento utilizzati a Halabja dai belligeranti non sarà rievocata oltre misura, non più dell’ammontare delle commissioni versate a partiti politici negli Stati Uniti, in Francia o altrove.



Tribunale, campo di battaglia


Qualunque opinione si abbia del Presidente Saddam Hussein, va riconosciuto che l’aggressione contro l’Iraq è stata illegale. Dunque, lo è anche l'arresto dei dirigenti del paese. Il verdetto che sarà emesso il 5 novembre dal « tribunale della Zona verde », non ha valore giuridico. .



In partenza, il processo per l'affaire Al-Dujayl doveva essere esemplare, aperto al pubblico e diffuso integralmente. Non è stato né equo, né imparziale, né trasparente. Eppure tutto era stato preparato nei minimi dettagli, con simulazioni di udienze. I giudici scelti da Salem Chalabi, avvocato d’affari e nipote di Ahmed Shalabi, capo del Consiglio nazionale iracheno (1), erano stati segretamente formati in Gran Bretagna. Si erano fatti i conti senza le pressioni estere, il caos che si generalizza e la combattività del Presidente iracheno e di Barzan Al-Tikriti che hanno trasformato l’aula di tribunale in un campo di battaglia.



Lo show ben costruito, messo in scena da un’agenzia di comunicazioni legata al Pentagono, si è rapidamente volto alla parodia della giustizia. Tanto per cominciare, Salem Shalabi è stato accusato di omicidio dal direttore generale del ministero delle Finanze iracheno. E se n’è fuggito all’estero. I giudici si sono rivelati di un partito preso caricaturale. Gli avvocati della difesa non hanno avuto accesso alla totalità del dossier - oltre 36 tonnellate di documenti a carico, raccolti sotto la direzione di agenti del FBI che non parlano l’arabo – né hanno potuto verificare l’autenticità delle parti che venivano loro consegnate.



Il domicilio di Khalil Al-Duleimi, principale avvocato di Saddam Hussein, è stato perquisito dalle Forze speciali americane che hanno confiscato i suoi incartamenti. Gli avvocati della difesa sono stati minacciati di essere « tagliati a pezzi » da Malek Dohan Al-Hassan «ministro» della Giustizia. Parecchi di loro sono stati assassinati. Nel corso delle udienze, testimoni a carico anonimi venivano nascosti dietro una tenda. Dei giudizi hanno dato le dimissioni o sono stati allontanati dall’incarico. Nella scelta dei giornalisti autorizzati a seguire il processo non è stato rispettato il pluralismo. Infine, le dichiarazioni degli accusati, in particolare quelle di Saddam Hussein, sono state sistematicamente amputate prima di essere diffuse. Per Amnesty International che non può certo essere sospettata di partito preso in favore del Presidente iracheno : « Il processo di Al Dujayl è stato viziato da gravi irregolarità che rimettono in questione la capacità del Tribunale, nel caso, di rendere giustizia in maniera equa in conformità alle regole internazionali »(2).

Poteva essere altrimenti ? Il fallito attentato contro Saddam Hussein, commesso a Dujayl nel 1982, era stato organizzato in Iran dal partito Al-Dawa oggi al potere a Bagdad. I suoi capi, che non hanno niente a che fare con il diritto occidentale, si servono del processo per vendicare i loro morti e per mobilitare la loro base militante.



Fiumi di sangue

Il 14 marzo 2006, il Presidente Saddam Hussein ha invitato gli Iracheni « a impegnarsi nella resistenza anziché uccidersi tra di loro ». Se l'Iraq precipita nella guerra civile, essi vivranno, ha detto loro « nell’oscurità ed in fiumi di sangue ». Il giudice Rauf Abdel Rahman ha fatto sgombrare l’aula del tribunale, ingiungendogli di non fare « politica » e poi ha aggiornato il processo.



In effetti, anche se non sembra, in Iraq non c’è ancora una vera guerra civile, ma una guerra di liberazione e conflitti etnici o religiosi. La resistenza attacca le forze d’occupazione e coloro che la sostengono. L'esercito USA spara alla cieca. Gli indipendentisti kurdi si accaparrano regioni a detrimento degli Arabi e dei Turcomanni. Gli squadroni della morte filo-iraniani fanno pulizia religiosa. I sostenitori di Al-Qaida uccidono sciiti. I servizi segreti americani e Ahmed Shalabi mettono benzina sul fuoco a colpi di brutali attentati e di provocazioni come la distruzione a Samarra del santuario dell'Imam nascosto. L'Esercito del Mahdi di Moqtada Sadr tenta di prendere il sopravvento sulla Brigata Badr controllata dall'Iran. I parenti e gli amici delle vittime di un campo si vendicano su quello avverso oppure a caso. Ricatti, omicidi a migliaia, stupri, rapine, rapimenti, vendetta, torture di ogni tipo, espulsioni, sono la sorte quotidiano degli Iracheni. Il numero delle morti violente a partire dall’invasione del paese supera di gran lunga quello imputato ai baathisti dai loro detrattori. E, disgraziatamente, non è finita.



Numerosi sono gli Iracheni che rimpiangono la sicurezza degli anni di Saddam Hussein. Il terribile periodo dell’embargo sembra loro un’oasi di pace a paragone di quello che essi sopportano. Che a Tikrit, 3000 manifestanti reclamino la libertà del loro presidente, questo sembra normale : è la sua città natale (3). Ma che oltre 300 capi e rappresentanti di tribù, tra cui lo Sheikh Turki Hajim al-Ubaydi degli Al-Ubayd (1,5 milioni di membri), esigano il suo ritorno al potere (4) e che altri, a Kirkouk, dichiarino apertamente che è il solo modo di riconciliare tra loro gli Iracheni (5), questo non deve essere preso alla leggera.



Se, come ci si può attendere, il 5 novembre 2006 viene pronunciata la pena capitale, niente dovrebbe fermare la mano del boia. Saddam Hussein non si fa illusioni su ciò che lo aspetta. Egli ha chiesto di morire come Comandante in capo dell’Esercito iracheno : vale a dire fucilato, anziché impiccato come auspicato, nel marzo scorso, dal 57% degli Americani (6). Numerosi Iracheni pensano che la morte in queste condizioni di colui che legittimamente simboleggia la nazione irachena aprirà davanti a loro le porte dell’inferno. Allora, la guerra civile in Iraq sarà una delle più sanguinose di tutti i tempi.

(24/10/06)




Note


(1) E, peraltro, truffatore internazionale ricercato da Interpol per il fallimento fraudolento di una banca giordana.

(2) Le irregolarità del primo processo di fronte al supremo Tribunale penale iracheno non devono ripetersi.
http://www.amnesty.fr/index.php/amnesty/s_informer/communiques_de_presse/irak_les_irregularites_du_premier_proces_devant_le_tribunal_penal_supreme_irakien_ne_doivent_pas_se_reproduire

(3) Sunni mosques attacked in Baghdad

http://www.theage.com.au/news/World/Sunni-mosques-attacked-in-Baghdad/2006/09/23/1158431935255.html

(4) Washington Post -3/9/06

(5) Al Hayat - 18/9/06

http://www.daralhayat.com/arab_news/levant_news/09-

2006/Item-20060917-bd61464d-c0a8-10ed-01b6-e3381df75dc5/story.html

(6) Secondo un sondaggio, gli Americani auspicano l’esecuzione di Saddam, ma non i loro alleati

http://www.peinedemort.org/document.php?choix=1781