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Quattro milioni di telecamere:i britannici scoprono di essere i più spiati al mondo

di redazionale - 04/11/2006

Londra, cosa trama la famiglia Jones? Sua Maestà indaga  
PRIVACY IL GARANTE: TUTTO È SOTTO CONTROLLO, DNA, EMAIL, CARTE DI CREDITO


Ripresi in media 300 volte al giorno dai 4 milioni e 200 mila occhi delle telecamere posizionate in tutto il Paese, sempre più spesso rintracciabili attraverso i sistemi di posizionamento basati sull’identificazione delle radiofrequenze, schedati con i campioni di Dna anche se sono innocenti, i cittadini britannici sono entrati da sonnambuli nella «società della sorveglianza» e ieri sono stati brutalmente svegliati dalla notizia secondo cui il Regno Unito è il Paese democratico più spiato del mondo. Sulla mappa di 36 nazioni contenuta nel dossier presentato ieri dal garante della privacy, ovvero dal «commissario per l’informazione» Richard Thomas, la Gran Bretagna è di un nero preoccupante: unica in Europa, rientra cioé nella categoria dei Paesi «a sorveglianza endemica». Dal punto di vista della tutela della privacy, sono meglio la Tailandia e le Filippine, mentre il Regno Unito è in fondo alla classifica, vicino alla Russia. I più spiati in assoluto sono gli abitanti di Cina e Malesia. Fino all’altro ieri convinti di vivere in una società che tradizionalmente ha sempre fatto della discrezione e della tolleranza un punto d’onore, i britannici cominciano a rendersi conto che questi nove anni di governo Blair sono stati all’insegna di un controllo crescente da parte dello Stato: la banca dati del Dna, per esempio, che constava soltanto di 700 mila campioni all’avvento del governo laborista, adesso ne contiene oltre cinque volte tanti, cioé 3 milioni e 600 mila, in quanto la saliva viene prelevata e conservata di routine anche se si viene fermati e rilasciati subito dalla polizia. Il disagio della gente ieri era quasi palpabile, ma nel contempo si moltiplicavano le voci di chi insisteva che «se questo serve alla prevenzione del crimine, ben venga». In attesa del primo sondaggio nazionale, ieri il dibattito è stato aperto dalla Bbc: come vi sentite, ha chiesto nel sollecitare una risposta sul suo sito online, a essere osservati persino mentre usate le carte di credito oppure l’Oyster Card di accesso alla metropolitana e ai trasporti pubblici? Per non parlare delle intercettazioni da parte dei servizi di sicurezza americani. Corre inoltre voce che dentro le prossime carte d’identità care al governo ci possa essere un chip a radiofrequenze in grado di rintracciare i movimenti di un individuo che passi semplicemente davanti a, o nei pressi di, uno speciale ricevitore. Ma la prima cosa che fa venire una vera e propria ruga di preoccupazione in fronte agli attivisti per le libertà civili è che il governo ha di recente segnalato l’intenzione di riunire le informazioni contenute in alcune banche dati finora rimaste separate, e in particolare la prossima istituzione delle cartelle cliniche elettroniche centralizzate dal servizio sanitario nazionale. Questo sistema renderà immediatamente accessibili i dati relativi a ciascun paziente, finora conservati dal medico curante, il che potrebbe in teoria aprire la porta a eventuali abusi: per esempio, precludere un posto di lavoro o un’assicurazione a individui considerati con la salute a rischio. Il governo giura invece che i dati resteranno assolutamente confidenziali e ribatte: «Le cartelle elettroniche sono un metodo molto più sicuro di conservare le informazioni». Con le salvaguardie attuali, però, c’è poco da stare allegri.

Come avverte lo stesso autore del dossier, Richard Thomas, nella società della sorveglianza endemica «si possono facilmente fare errori, con conseguenze gravi: controlli incrociati sbagliati, casi di errata identità, interferenze inaccurate, sospetti presi per realtà. Voglio un dibattito: dove dobbiamo fissare i limiti? Che cosa è accettabile, e che cosa non lo è?». Se le cose continueranno così, tutto sarà registrato, dalle preferenze dei consumatori, a quello che mangeranno i bambini a scuola, fino al sinistro chip-carta di credito impiantato sotto pelle nel braccio. Che conforto possono trarre intanto i difensori della privacy, quando persino un pioniere del profiling genetico come Alec Jeffrys protesta che la banca dati britannica del Dna, la più grossa del pianeta, non era stata inizialmente istituita per conservare i campioni prelevati a centinaia di migliaia di persone totalmente innocenti? «Lo scopo - lamenta - era quello di prendere i criminali...» E invece?