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Madonna Maiolo

di Federico Roberti - 07/11/2006

 

Le cronache odierne riferiscono della riapertura della scuola islamica di Via Ventura a Milano, dopo un mese di sospensione delle lezioni causata dal mancato nulla osta della Direzione Scolastica Regionale lombarda. A quanto pare, però, il Comune si è espresso in termini negativi sull’agibilità dell’edificio che ospita la scuola e, per bocca di Tiziana Maiolo - assessore alle attività produttive in quota Forza Italia - , ha giudicato l’esistenza della scuola “una piaga nel cuore della civile Milano, mentre tutta l’Europa ci guarda”.

Sublime sfoggio di equilibrio e di diplomazia  di stampo neoconservatore, per la gioia dei cultori nostrani e stranieri dello scontro di civiltà.

Ci casca allora in mano un simpatico libretto scritto da due temibili comunisti, Giulietto Chiesa ai testi e Vauro alle vignette, quale contributo per l’espiazione delle colpe dell’infausta ideologia novecentesca. Esso, intitolato “I peggiori crimini del comunismo”, riporta i profili biografici di alcuni personaggi della politica e del giornalismo nazionale, contraddistintisi per essere disinvoltamente passati dalle barricate dell’estremismo rosso ai salotti buoni della borghesia destrorsa filostatunitense. Accanto agli agitprop sionisti Ferrara e Guzzanti ed ad altri soggetti oggi meno chiacchierati, troneggia la figura di Titti la Rossa alias La Pasionaria del garantismo (alias, horribile visu!, Wanna Marchi).

Trionfatrice delle assemblee studentesche nei favolosi anni Sessanta, ci si potrebbe legittimamente chiedere come una che vanta il titolo professionale di giornalista (maturato a “Il Manifesto” nei guerriglieri anni Settanta e nei reazionari Ottanta, tranne una breve parentesi di scrittrice di testi porno ma si sa, a volte bisogna fare di necessità virtù) abbia le competenze per occuparsi di attività produttive (e precedentemente di politiche sociali, sempre per il Comune meneghino).

La sua fulgida ascesa politica inizia nei primi anni Novanta, che la vedono eletta consigliere comunale (proprio a Milano, lei parmigiana di nascita) con i radicali antiproibizionisti di Pannella. Ben presto però è attratta da quei pericolosi bolscevichi di Rifondazione, che la fanno eleggere alla Camera. Nel 1994 ci ripensa e dapprima si candida come sindachessa di Milano nella lista Giustizia, Ecologia e Libertà (GEL, a buon intenditor poche parole), il che ne provoca l’espulsione con ignominia dalle file dei compagni bertinottiani, poi addirittura, passando attraverso il Gruppo Misto, transita in Forza Italia, diventando anche presidente della Commissione Giustizia. Proprio lei, che su Il Manifesto aveva scritto dei tre giorni di galera passati a San Vittore insieme a Negri, Piperno e l’allora suo marito Mennetti come di un atto eroico!

Più modestamente, a noi stupisce l’innopugnabile rigore che il Comune di Milano in questo isolatissimo caso dimostra nell’applicazione dei criteri per la verifica dell’agibilità degli edifici pubblici. Come ben raramente capita di vedere in Italia, patria delle scuole fatiscenti.