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Contras, come prima, più di prima?

di Siro Asinelli - 07/11/2006




L’amministrazione di Bush junior è scesa sul piede di guerra. Non saranno inviati agenti CIA ad organizzare, foraggiare e sostenere contras (anche se solo una settimana fa l’ex colonnello e pupillo di Ronald Reagan, Oliver North, al centro dello scandalo anni ’80 Iran-contras, si è recato in visita, guarda caso, proprio a Managua). Stavolta la Casa Bianca ha deciso di esercitare le proprie arroganti pressioni direttamente sul nervo scoperto del Paese, la povertà, che in Nicaragua investe il 70% circa della popolazione. Gli Usa minacciano ora di bloccare le rimesse che ogni anno migliaia di immigrati nicaraguensi dagli Stati Uniti inviano alle loro famiglie in madrepatria. Un giro che sfiora i 600 milioni dollari annui che la Casa Bianca ed il Congresso, quale sia l’esito delle elezioni di medio termine di martedì prossimo, intendono bloccare qualora dovesse vincere Ortega.
La minaccia era da tempo nell’aria, con stuoli di senatori e segretari di Stato Usa vari a fare avanti e indietro tra Washington e Managua per tutto il mese di ottobre. Oltre alla visita di Oliver North, venuto a salutare “i vecchi amici” in veste di “libero cittadino”, ha spiccato tre settimane fa l’arrivo del segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Interrogato dai giornalisti sul motivo della sua visita, il ‘falco’ ha dichiarato: “Non ho intenzione di essere coinvolto negli affari politici del Nicaragua”. Eppure la sua sola presenza, scandita da reiterati attacchi della Casa Bianca su una possibile affermazione dei sandinisti, è foriera di minacce.
Ad inizio ottobre è stato il turno del senatore repubblicano Dan Burton, coautore della famigerata legge Helms-Burton che rappresenta un vero e proprio atto di guerra contro Cuba. Il senatore ha dichiarato di non essere venuto per dare indicazioni di voto, ma, ha aggiunto, “è importante che la popolazione sappia quello che potrebbe succedere in caso di un ritorno al governo” dei sandinisti. Ovvero, sono sempre parole del repubblicano, “guerra, inflazione e destabilizzazione della regione”.
A fargli eco, nei giorni seguenti, l’ambasciatore a stelle e strisce a Managua, Paul Trivelli, e segretario Usa al Commercio, Carlos Gutierrez, che ha sventolato l’ipotesi, caldeggiata dalla casa Bianca, di bloccare la consegna degli aiuti finanziari destinati al Nicaragua già stabiliti in sede internazionale. L’ambasciatore Trivelli è stato il destinatario una lettera aperta, firmata da oltre un migliaio di cittadini Usa, nella quale si legge: “Gli Stati Uniti non possono farsi paladini di elezioni libere per poi cercare di controllare e manipolare il voto in Nicaragua”. Ovviamente nessuno, all’ambasciata di Managua o alla Casa Bianca, si è preso la briga di rispondere.
Sia Gutierrez che Trivelli sono stati oggetto di un avvertimento da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), istituzione presente in Nicaragua con migliaia di osservatori cui sono stati affiancati decine di inviati dell’Unione europea. La presenza della missione Ue è stata espressamente richiesta dal Consiglio Supremo Elettorale (CSE) e dal ministero degli Esteri nicaraguensi. L’europarlamentare Claudio Fava, capo della missione europea, ha esortato gli elettori a non farsi influenzare da “ingerenze esterne”. “Dobbiamo sostenere il popolo nicaraguense che si trova di fronte l’opportunità di eleggere il proprio presidente ed il proprio congresso senza temere le pressioni internazionali”.