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Australia, carnefice e vittima del clima

di Marinella Correggia - 22/11/2006

 
Mentre l'Africa, il continente meno responsabile del riscaldamento climatico, è quello che ne sta subendo di più gli effetti, per la tremenda siccità in Australia si può parlare di nemesi: il paese è al 10° posto per emissioni di gas serra globali. Va detto che è un grande esportatore di carbone e gas, e quindi alimenta anche gli altrui sprechi, oltre a tener elevati i propri. La peggiore siccità degli ultimi 100 anni imperversa da 5 anni e alimenta estesi incendi. Il tutto, insieme a un aumento netto delle temperature, devasta l'ambiente e la vita rurale. Ogni 4 giorni un agricoltore australiano si suicida per lo stress dovuto alla perdita dei raccolti e alla morte del bestiame. Nelle città l'approvigionamento idrico è razionato visto che i livelli dei bacini sono bassissimi. Sidney sta prendendo in considerazione la possibilità di un impianto di desalinizzazione (ma, a meno che non si usi energia solare, il processo è assai energivoro, contribuendo dunque alle emissioni climalteranti, che sono appunto il problema).

Mal comune: la verde Nuova Zelanda è nel caos climatico e una tempesta di neve di primavera ha ucciso molti animali negli stessi giorni in cui centinaia di incendi devastavano l'Australia sudorientale.
Tornando in Australia: scienziati a ambientalisti ripetono che il cambiamento climatico non è più una minaccia futura ma una tragedia attuale, e chiedono al governo di ratificare il seppur moderatissimo protocollo di Kyoto; l'Australia, politicamente al seguito degli Stati Uniti, ha finora rifiutato di farlo contestando il fatto che gli obblighi di riduzione delle emissioni non sono estesi a Cina, India e nazioni in crescita nel Sud del mondo.

All'agenzia Reuters, l'agricoltore australiano Mark Wootton ha dichiarato: «La siccità è la prova di quanto siamo vulnerabili rispetto al cambiamento climatico. Non usciremo dalla prima senza affrontare il secondo». L'ufficio meteorologico governativo evidenzia che il regime delle piogge è cambiato radicalmente: più piogge a nordovest e siccità assoluta a est, la cintura agricola e l'area più popolosa. Ma solo da poco il primo ministro John Howard ha ammesso che il cambiamento climatico è un fatto reale; e nel suo settimanale messaggio alla radio ha detto che non c'è un'unica soluzione, bisogna rispondere su tanti fronti. Per un recente rapporto del Wwf Australia, il fronte principale è il contenimento: l'australiano medio (sono 20 milioni di abitanti) ha una delle impronte ecologiche e uno dei livelli di emissione pro capite più alti al mondo. Ha bisogno di 6,6 ettari globali per sostenere il proprio stile di vita. Se il resto del mondo facesse come noi, spiega Greg Bourne di Wwf Australia, ci vorrebbero tre pianeti e mezzo per fornire le risorse necessarie e smaltire i rifiuti.

Ma la ricetta di Howard comprende azioni di altro segno: continuare a produrre energia fossile ma con tecnologie «pulite»; seppellire in qualche modo i gas serra; aumentare il ricorso all'energia nucleare. La riduzione dell'estrazione e dell'uso di combustibili fossili non è contemplata, ufficialmente perché taglierebbe posti di lavoro (o forse soprattutto profitti) nell'industria del carbone. In risposta, la federazione di agricoltori del Queensland in un recente rapporto denuncia la perdita di almeno 39mila posti di lavoro a causa della siccità.

Dal canto suo, il Climate Institute, un centro di ricerca, ha pubblicato a pagamento una pubblicità dal titolo «Adesso non amiamo più questo paese bruciato dal sole», parafrasando una poesia classica australiana che dava un'allure romantica al paese spesso frequentato dalla siccità, ma non così tanto come ora. L'Istituto chiede al governo di imporre per legge una riduzione delle emissioni pari al 60% entro il 2050, di stabilire un premio per le imprese che riducono il loro impatto, di assicurare che la nuova generazione di energia sia con tecnologie a emissioni zero (energie pulite) o comunque basse. E la senatrice verde Christine Milne cita a esempio la crescita dell'energia solare e eolica in Europa, Giappone e perfino Stati Uniti.

Il governo sostiene che la sfida è rendere competitivi i costi delle tecnologie pulite (la distruttività dell'effetto serra non è contabilizzata in negativo - come dovrebbe - fra i costi dell'energia fossile): comunque in ottobre è stato annunciato il progetto di costruire l'impianto di energia solare più grande del mondo, con una parte dei fondi dell'Emission Technology Demonstration Fund che conta l'equivalente di 378 milioni di dollari. Nemmeno tanto, per un paese che si sta suicidando di effetto serra. E poi, ecco un altro progetto all'insegna dell'accentramento energetico, del gigantismo.