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Una nota sulla "fatica della libertà"

di Franco Cardini - 23/11/2006

Ho di recente scritto un libro dal titolo "La Fatica della Libertà" (Fazi). Non scrivo questa nota per fargli pubblicità, ma per ribadire quanto sia stata giusta e felice la scelta del titolo. In effetti, sto sperimentando anche in questi giorni la fatica della libertà. Per decenni sono stato ostracizzato a causa della mia collocazione "a destra", che naturalmente veniva sovente strumentalizzata come faceva comodo agli stumentalizzatori; al tempo del governo di centrodestra, ho subito da quegli ambienti attacchi durissimi, taluno poco elegante, perché mi ostinavo a sostenere che le avventure militari in Afghanistan e in Iraq erano (sono) delle infamie e che appoggiare il governo Bush era (è) criminale; per questo, naturalmente, ero diventato"filocomunista", "filoislamico", "filoterrorista". In entrambi i casi, l'importante era metter nell'angolo uno che aveva l'abitudine di dir quel che pensava e che, per i suoi meriti (io non credo di averne: ma mi risulta che altri lo credono, e perciò mi temono un pochino...), avrebbe potuto ambire a posizioni accademiche o politiche, a consulenze, a
incarichi retribuiti ecc. Con l'eccezione di Irene Pivetti, di Walter Veltroni e di Marzio Tremaglia, nessuno mi ha poi offerto concretamente qualcosa perché pensava che io valessi e che fosse utile anche alla comunità utilizzarmi per le mie competenze (e la mia onestà). Dal canto mio, non ho mai chiesto nulla e non posso essere smentito su questo (i calunniatori si facciano avanti e avranno quel che meritano: anche sul piano giudiziario). Ripetutamente mi fu offerto (e io dichiarai il mio interesse e la mia disponibilità) il posto di direttore all'Istituto Italiano di Cultura di Parigi, che è poi andato regolarmente ad altri.

Molti sono i politici che mi hanno avvicinato, mi avvicinano e dimostrano interesse per me: in genere ciò accade comunque o prima che essi ascendano a posizioni di potere, o quando si trovano in minoranza.
Naturalmente, fra loro ho anche buoni e - credo - sinceri amici, ai quali sono grato per l'amicizia. Per il resto tutto va bene: ho il mio lavoro d'insegnante e l'accesso a qualche giornale nel quale scrivo.

L'avvertimento di Soljenitzin mi riguarda da vicino, ma non sono ancora arrivato al punto da vedermi staccar del tutto il microfono. Certo, i miei libri vanno cercati o ordinati in libreria, non vengono presentati al TG. Tutto questo va ancora bene, sta nelle regole di un gioco nel quale non mi càpita mai di distribuire le carte. Ma ora è troppo. Per mesi ho detto e ripetuto che in Iraq c'è una situazione di guerra civile multipla, combinata tragicamente con una sacrosanta guerra di liberazione dagli stranieri che invadono quel paese e peggiorata dalla presenza delle cellule terroristiche soprattutto dei fondamentalisti wahabiti; purtroppo, in quella guerra i nostri soldati, per colpa non loro (anche se non mi risulta che qualcuno di essi sia là in servizio di leva o comunque perchè ce lo hanno mandato epr forza), stanno combattendo dalla parte dell'invasore: e non c'è peacekeeping che tenga.

Se muore qualcuno di morte violenta, come cristiano ciò mi addolora; se muore un soldato, lo onoro perché sono un soldato anch'io (per le leggi della Repubblica, ogni cittadino abile al servizio militare è anche un soldato; e io il mio servizio effettivo l'ho fatto e ora sono in congedo, a disposizione del mio paese). Se muore un soldato italiano, lo piango come cristiano e come italiano e lo onoro come soldato. Se un soldato di qualunque paese - anche nemico del mio - cade, lo onoro. Se muore in una "guerra ingiusta" (e quella in Iraq lo è, sotto il profilo canonistico), l'ingiustizia della guerra non lo riguarda: egli muore compiendo un atto di servizio, e se non si è macchiato di altre colpe è degno di gratitudine e di rispetto. Ciò vale non solo per i soldati italiani di Nassiriya o dell'Afghanistan, ma per tutti: per quelli americani, per quelli israeliani, per chi muore senza uniforme perché il suo paese è occupato e civicamente distrutto ma egli sta lealmente esercitando il suo diritto di resistenza (e la differenza tra un partigiano e un terrorista lorsignori debbono ancora spiegarmela bene.

Ciò vale anche per i soldati italiani caduti fra 1943 e 1945, da qualunque parte militassero, ed è vergognoso che ci si vergogni di proclamarlo; vale perfino per le SS cadute onorevolmente sul campo di battaglia (il crimine di guerra è altra cosa: e non lo commettono solo quelli che poi risultano dalla parte dei perdenti). E' infame che si debba discutere sulla proposta Tremonti per dedicare nel nostro Parlamento un'aula ai caduti di Nassiriya: la Sala d'Onore dei nostro Parlamento dovrebbe esser dedicata a tutti i Caduti italiani di tutte le guerre (caduti della RSI compresi), se solo fossimo un paese civile.

Bruciar dei manichini in uniforme durante una manifestazione politica è vergognoso; com'è intollerabile e inaccettabile bruciar delle bandiere, che sono il simbolo d'un intero popolo. E allora, ditemelo voi: sono un estremista di sinistra, perché sostengo che in Afghanistan e in Iraq abbiamo fatto il gioco sporco della superpotenza che ci controlla anche in casa nostra (più di cento basi USA e NATO nel nostro territorio, circa una cinquantina di ordigni nucleari sospetti in un paese che ha rinunziato all'uso anche civile del nucleare) e che l'infamia di aver costretto i nostri soldati a giocar il ruolo degli ascari - con tutto il rispetto degli ascari veri, splendidi e fedeli guerrieri...- grava sul governo che si è preso la responsabilità di inviarli ad appoggiar gli invasori, in paesi che non erano i loro e che all'Italia non avevano mai fatto nulla? O sono un estremista di destra, perché sostengo che aveva perfettamente - e vichianamente - ragione il Poeta, quando diceva che le umane belve sono divenute esseri civili (e pertanto degne di definirsi appieno esseri umani) dal dì che essi hanno istituito nozze, tribunali ed are, da quando cioè hanno fondato quella civiltà umana che, nelle sue infinite forme, si basa comunque sulle Leggi, sulla pietà, sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sul culto di coloro che ci hanno preceduto e ai quali va la nostra riconoscenza e il nostro rispetto. E' mai possibile che in questo infame paese non esista la possibilità di affermar con pari forza l'una e l'altra di queste due semplici, inscindibili verità? Ma è ovvio che sia così: questo paese è dominato da una "cupola" di poteri imprenditoriali e finanziari forti, che hanno invaso la cosa pubblica occupandola con i loro "executive officiers"; è lacerato dalla lotta tra due opposte cosche di minoranza di tali"executive officiers" (i politici: con alcune accezioni, beninteso) che si spartiscono il potere ma al tempo stesso se lo contendono (come accade ai complici che si odiano); l'opinione pubblica è mantenuta nella disinformazione e nell'ignoranza da una banda di gestori monopolisitici dei mass media; e la stragrande maggioranza del cosidedtto popolo italiano è fatta o da ricchi o comunque da benestanti (percentualmente non molti, e comunque in diminuzione) che pensano ai loro profitti, alle loro speculazioni finanziarie, ai loro conti in banca, ai modi migliori epr evader le tasse); e da una massa di sottoproletari intellettuali regrediti al semianalfabetismo di ritorno che evade anch'essa le tasse se può, pensa ai telefonini, va matta per i "talk shows" tipo "La Pupa e il Secchione", si appassiona a importantissimi problemi come le vacanze dei divi e le goleadas, è patriottica in coincidenza dei campionati di
calcio, sporca i treni, parcheggia in seconda e in terza fila, no ha ancora capito che la raccolta differenziata dei rifiuti è un dovere civico, vive di messaggini e di telefonini portatili, non paga il biglietto in auto e sporca i treni con lo spray, non sa nemmeno chi era Gesù Cristo (molti lo ritengono il fidanzato di Maria Maddalena) ma in cambio è convinta che se un gruppo di disgraziati extracomunitari apre una moschea questo le rubi le radici identitarie (chissà quali...), non legge nulla ma ha preso in mano (o finto di farlo) i libri di Dan Brown e di Oriana Fallaci sui quali, come si dice, fatta una cultura. Quel che accade nella scuola, con un'iuniversità diventata parcheggio di nullafacenti e fabbrica di disoccupati e una scuola media dove ormai violenza e ignoranza stanno arrivando ai livelli delle peggiori scuole pubbliche degli "slums" statunitensi e dove insegnanti e genitori cominciano dad aver paura dei loro figli minorenni, è la cartina di tornasole del livello cui siamo arrivati. Il mondo rischia di volare in pezzi: il mondo è carico d'una violenza e d'un'ingiustizia come mai
forse porima si erano date, e che certamente ormai sono sotto gli occhi di tutti perchè i mezzi d'informazione, per scorrettamente usati che siano, ce le fanno conoscere. Il mondo è pieno di gente che muore di fame, di malattia, di disperazione; e di pescicani, di faccendieri, di parassiti che si riempiono le tasche. Il mondo sostiene parecchie migliaia di privati con el piscine olimpioniche in giardino, mentre in Africa si sta morendo di sete. Questi argomenti dovrebbero coinvolgerci, appassiuonarci, indignarci. Ma gli italiani penasano ai dreammi d'amore e d'incompatibilità dell' "Isola dei Famosi", sognano la Maserati, non vanno più dal confessore ma vomitano le loro più segrete miserie pur s'essere intervistati da maria de Filippi e andar il TV. Diciamolo chiaro: è uno schifo intollerabile, bisogna svegliarci prima che sia troppo tardi. Ai primi del secolo, Giuliotti diceva di augurar all'Italia un tiranno. Io le auguro di aver finalmente quel che tra Sei e Novecento hanno avuto l'Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia, la Russia: un trauma di tale forza da rinnovare moralmente gli italiani, da far loro ritrovare il senso della realtà e della storia, da strapparli alla prigionia della "vanitas" in cui sono caduti, da far loro capire di nuovo - quanto meno per quanche altro anno - le cose che contano. Chi leggerà questo messaggio e la pensa come me, lo sottoscriva: facciamone la base per un manifesto morale.