Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La Nato lancia la campagna acquisti

La Nato lancia la campagna acquisti

di Carlo Benedetti - 26/11/2006

L’Alleanza Atlantica, per gli Usa, è di nuovo stretta. E così Bush lancia l’operazione “Partenariato speciale” che avrà come obiettivo quello di estendere la Nato a cinque paesi: due europei (Svezia e Finlandia), due asiatici (Giappone e Corea del Sud) ed uno del Pacifico (Australia). Le convocazioni sono già state rese note ai governi interessati e l’appuntamento è fissato a Riga, capitale della Lettonia, per martedì 28 novembre. Si tratterà di un vero e proprio vertice Nato che avrà come tema centrale quello relativo all’invito ad entrare nel campo dei “Global Partners”. Sarà, con tutta probabilità, lo stesso presidente americano ad illustrare le proposte di “partenariato”. La sede lettone, comunque, sarà anche una sfida a Mosca dal momento che un vertice Nato si tiene, ora, proprio in prossimità dei confini russi.

Intanto, a Washington, il “numero tre” del Diparti¬mento di Stato, Nicholas Burns, si è affrettato a spiegare che ai paesi convocati sarà offerta la possibilità di effettuare “esercitazioni militari” prendendo parte anche ad altre attività della Nato. E per addolcire la pillola ha fatto poi notare che nessuno insiste per far entrare i paesi nella Nato stessa… Quindi: una sola adesione di collaborazione.

Burns non è nuovo a simili sortite. Ma è ben nota la sua reale posizione nel campo della geopolitica. E’ stato lui, più volte, a sottolineare che gli Stati Uniti vogliono continuare a lavorare, attraverso la Nato, in qualità di principale anello di collegamento transatlantico, ma desiderano altresì ampliare ed estendere il mandato della Nato ad Africa, Asia e Medio Oriente. Ed è stato sempre lui a dire: “Abbiamo bisogno di completare il nostro lavoro in Europa, occupandoci di Balcani, Ucraina e Russia… dobbiamo continuare a favorire la democrazia e ad opporci alla repressione in Asia Centrale e nel Caucaso. E, cosa più importante di tutte, gli Stati Uniti e l’Europa devono intensificare i loro sforzi nel Medio Oriente, come pure in Africa ed Asia”.

Alle tesi di Burns fanno eco, dalla Corea del Sud, le prime reazioni. Con i circoli diplomatici di Seoul che, vedendo nella proposta americana un disegno generale di globalizzazione militare, fanno sapere che, al momento, nulla è stato ancora deciso. I coreani mostrano quindi una certa cautela, tenendo conto soprattutto del fatto che dalla fine della guerra di Corea (1953) il Sud del paese ospita decine di migliaia di militari americani e la fascia smilitarizzata con il Nord è ri¬masta l'ultima frontiera della guerra fredda.

Seoul, quindi, non vorrebbe accentuare il fattore militare entrando in contatto diretto con la Nato. Proprio perché negli ultimi anni il Paese - separato dal regime del Nord sulla linea del 38° parallelo - ha pun¬tato su un superamento delle divi¬sioni con una “politica del sorriso” evidenziando pragmatismo e real-politik. Più deciso, invece, l’atteggiamento del Giappone che all'inizio degli anni Ottanta, con il premier Nakasone, proclamò un reale interesse per la Nato.
Ma a parte queste reazioni asiatiche il vertice di Riga servirà agli americani anche per tentare un rilancio della loro politica militare in Afghanistan. Le fonti diplomatiche dei paesi dell’Alleanza fanno notare, infatti, che si attendono precise richieste della Casa Bianca agli alleati della Nato già presenti a Kabul. Tutti verranno “invitati” a partecipare alle operazioni di combattimento, revo¬cando le attuali restrizioni. E Daniel Fried, sottosegretario di Stato Usa per gli affari europei, è più che mai esplicito: “Ogni Paese - dice - deve partecipare ai com¬battimenti”. E per rafforzare la posizione statunitense fa sapere che un invito particolare viene anche dal Canada che, colpito profondamente con quaranta soldati morti in Afghanistan, chiederà agli alleati europei “una maggiore solidarietà”.

Appuntamento, quindi, a Riga. Dove, comunque, si potrebbe registrare anche un momento di difficoltà per gli stessi Usa che si presenteranno, probabilmente, con una delegazione senza testa: Rumsfeld non ci sarà, perché è stato cacciato ed incerta è poi la presenza del suo successore Robert Gates, che entrerà effettivamente in carica il mese prossimo. E già questo fatto dice tutta la realtà della crisi: la superpotenza che ha voluto la Nato e che vi è egemone, si presenta a ranghi ridotti. Sarà forse proprio per questo che i delegati americani, in ogni caso, chiederanno agli alleati europei di “sobbarcarsi sforzi maggiori” nella sciagurata “guerra infinita al terrorismo” che vede la forza anglo-americana alle corde.