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Nigeria: è un affare mungere quel delta

di marina forti - 09/12/2006

E' un affare mungere quel delta  
Dal petrolio 17 miliardi di dollari l'anno, ma alla gente non resta nulla

Non è difficile capire perché le compagnie petrolifere siano l'obiettivo di proteste, attacchi e sequestri a scopo di estorsione: i loro terminal ben protetti da filo spinato e militari sono circondati da milioni di persone che vivono in miseria. Nel sentimento comune, le compagnie petrolifere non danno nulla in cambio della ricchezza che estraggono. Peggio: sono complici della repressione, che in quella regione è stata e resta brutale. La Nigeria, uno dei grandi produttori mondiali di petrolio, esporta circa 1,9 milioni di barili di greggio al giorno (ne produce 2,1 milioni), quasi tutto estratto dagli acquitrini del delta del Niger. Dal suo petrolio la Nigeria ha incassato 17 miliardi di dollari nel 2002, il 90 per cento del reddito dovuto all'export (dati del Dipartimento per l'energia del governo degli Stati uniti, 2003).

La gran parte della popolazione del delta però non ne ha tratto alcun beneficio. La ricchezza del petrolio gli è scivolata accanto. Solo una piccola élite si è arricchita. Anzi: per decenni pozzi e oleodotti hanno disseminato bitume, stazioni di pompaggio difettose hanno sversato liquido nerastro nelle lagune e sui campi. Pesca e agricoltura ne sono devastate. Spesso le perdite di oleodotti sono «cannibalizzate» dagli abitanti che si procurano così qualche tanica di benzina gratis: il governo ha incaricato una task force speciale di polizia di reprimere questo «vandalismo». Intanto però basta una scintilla per provocare esplosioni e incendi in cui periscono decine, a volte centinaia di persone. Poi ci sono i soffioni, gas flarings: il delta del Niger custodisce grandi riserve di gas naturale, ma per mancanza di infrastrutture tre quarti di quello prodotto brucia in fiammate perenni che inquinano l'aria di Lagos e di tutto il delta.

Il governo federale ha messo all'ordine del giorno la condivisione dei proventi del petrolio con le regioni produttrici. La Costituzione approvata nel 1999, alla fine della dittatura militare, assegna il 13% del reddito derivato dagli idrocarburi agli stati che li producono. E' stata creata la Niger delta development commission, per pianificare interventi per lo sviluppo della regione. La Banca Mondiale e le compagnie petrolifere vi contribuiscono, oltre al governo centrale. Ma le risorse arrivate sono servite forse a rafforzare alcuni notabili, non a far uscire il delta dalla miseria.

Così conflitti e proteste si moltiplicano. Le occupazioni di installazioni petrolifere, i sequestri di imbarcazioni appartenenti alle compagnie, i piccoli sabotaggi, sono eventi di routine. A volte i protagonisti sono gruppi semi-criminali (non di rado sono le bande di questo o quel notabile o ex militare che vuole controllare i benefici spremuti dall'industria petrolifera). A volte sono gruppi di giovani politicamente motivati. A volte, ancora, le tensioni sfociano in conflitti tra gruppi etnici, magari fomentati dalle bande o milizie di politici e notabili locali. A volte simili conflitti nascondono la lotta per il controllo del commercio illegale di petrolio greggio (tra 100mila e 300mila barili al giorno sono esportati fuori dai canali ufficiali), un affare che coinvolge notabili e potenti, locali e non.

Quanto alle compagnie petrolifere, tutte ormai finanziano le «comunità produttrici» con piccoli interventi sociali nei villaggi, finanziano in qualche modo le autorità o i gruppi di interesse locali, distribuiscono posti di lavoro - li chiamano ghost jobs, lavori fantasma. Tutte pagano per tenere tranquille le gang più violente.