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La scuola italiana sembra assistere inerte alla propria esautorazione

di gildains - 09/12/2006

Fonte: gildains.it




“E’ l’emergenza della nuova scuola che pone a propria norma-valore
il successo e l’indulto…”
La scuola italiana sembra assistere inerte alla propria
esautorazione.
La grande sfida di civiltà degli anni sessanta e settanta – passare
dalla scuola d’élite alla scuola di tutti – rischia di essere persa.
La cultura pedagogica e sociologica, che ha accompagnato e sorretto
questa storica trasformazione, si è progressivamente accentrata intorno
a due norme-valori dominanti: l’indulto e il successo.
L’indulto, inteso come mancato riconoscimento di responsabilità,
legato ad un certo ipersociologismo della scuola, che di fatto azzera
responsabilità e “colpe” individuali, è divenuto da lungo tempo legge di
fatto e molti studenti, quasi sempre con il convinto sostegno delle loro
famiglie, ne “beneficiano” in modo diffuso e permanente.
Il diritto al successo scolastico, o “formativo”, come recita il
regolamento dell’autonomia scolastica, è invece legge scritta: tutti
possono – devono essere promossi.
Una legge scritta che, per la sua completa applicazione, necessita
però di essere ancora richiamata. A questo scopo la Finanziaria 2007
prevede “interventi finalizzati alla prevenzione e al contrasto degli
insuccessi scolastici attraverso la flessibilità e l’individualizzazione
della didattica, anche al fine di ridurre il numero delle ripetenze” (art.
66). Questi interventi devono essere ‘idonei’, cioè tali da permettere
“una riduzione del 10% del numero dei ripetenti dei primi due anni di
corso della scuola secondaria… per una minore spesa di euro 56 milioni a
decorrere dall’anno 2008, ed euro 18,6 milioni per l’anno 2007”
(collegato alla Finanziaria).
Un elemento accomuna gli assiomi portanti della nuova scuola: la
negazione dell’essere del “bambino – ragazzo – adolescente ”: se questi
non si comporta bene o fa addirittura qualcosa di grave, la
responsabilità viene genericamente attribuita al contesto sociale, se questi non
ottiene buoni risultati di profitto la responsabilità viene fatta risalire
al docente o ancora al contesto in cui lo studente cresce.
C’è qualcosa di devastante, ci dice Roberta de Monticelli, in questa
pedagogia.
Posta la proposizione: “Tu sei libero, tu esisti, ciò che fai ha
conseguenze”, appare evidente che il fatto di annullare conseguenze e
responsabilità significa non riconoscere l’esistenza dell’altro.
E’ la pedagogia dell’inesistenza.
La pedagogia dell’inesistenza produce nel bambino – ragazzo –
adolescente quella disperata richiesta di riconoscimento che si manifesta in
forme di giorno in giorno più estreme e violente, fuori e dentro la
scuola.
Ad esse la scuola non risponde. Né lo può fare.
L’indebolimento del codice normativo, dovuto anche alla quasi totale
assenza nella scuola della figura maschile (Paolo Ferliga), ed i
messaggi implicitamente ed esplicitamente persecutori nei confronti dei
docenti – chi dà valutazioni negative non sa insegnare – inevitabilmente
rafforzano le due norme-valori dell’indulto e del diritto al successo.
Noi tutti chiediamo che:
- venga cassata la norma della Finanziaria che si pone l’obiettivo
di “far cassa con le promozioni coatte” e che esautora totalmente la
funzione docente;
- venga concesso diritto di voce e di ascolto a tutti coloro –
dall’intellettuale al più semplice insegnante – che non danno ancora per
persa la grande sfida di civiltà della scuola di tutti. Poiché la scuola
non può essere – non deve essere – il luogo dell’ignoranza e
dell’inciviltà.
DOCENTI, GENITORI E ALUNNI SONO INVITATI AD ESPRIMERE IL LORO PARERE:
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http://www.gildains.it/docaltri/200611/2711appelloped.php