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Confesso che non riesco proprio a capire questa storia dei Pacs e delle copie di fatto

di Massimo Fini - 14/12/2006

Confesso che non riesco proprio a capire questa storia dei Pacs e delle copie di fatto. Mi sembra una di quelle classiche impuntature astratte della sinistra. Se due persone di sesso diverso stanno insieme senza sposarsi è perchè, evidentemente, vogliono essere sciolte dai vincoli, dai diritti e dai doveri che il matrimonio comporta. Vogliono vivere liberamente il loro rapporto senza che lo Stato ci metta sopra il suo cappello. E allora che senso ha reintrodurre surrettizziamente quei vincoli, quei diritti, quei doveri con i Pacs? Che senso ha istituire una sorta di 'matrimonio parallelo' che ha gli stessi vincoli, gli stessi reciproci diritti-doveri, gli stessi effetti all'esterno del matrimonio civile? Se due persone vogliono essere legate con gli stessi, identici, vincoli del matrimonio civile allora che si sposino, come ha detto giustamente la senatrice Binetti, e non rompano più i marroni.

Per accedere a quei diritti-doveri esiste in Italia un apposito istituto giuridico che si chiama, appunto, matrimonio civile, che non attenta minimamente, come invece equivoca Furio Colombo in un'articolessa pubblicata sull'Unità (in cui mette insieme due questioni diversissime come il 'caso Welby' e le coppie di fatto) alle convinzioni morali e ideologiche di nessuno dato che, a differenza di un tempo, si è liberi di sposarsi fuori dalla Chiesa. "Con che diritto" piagnucola Colombo "io posso dire a qualcuno ti devi sposare?" Che è come se uno dicesse: con che diritto lo Stato richiede il certificato di nascita o di morte? Lo Stato dice semplicemente a una coppia che chiede di essere tutelata in quanto coppia: per questo ho già un istituto, il matrimonio civile, perchè me ne chiedi un altro che ha lo stesso contenuto?Senza contare che i Pacs giuridicizzando in maniera approssimativa una materia che il matrimonio, istituto secolare, regola in modo preciso, si prestano a una serie di equivoci e anche di discriminazioni proprio fra le coppie di fatto. I Pacs prevedono la convivenza, nella stessa casa, da almeno tre anni. Ma se io vivo a Milano e lei a Firenze, siamo legati sentimentalmente, ci vediamo quando possiamo, non siamo per questo una coppia di fatto? E se invece io convivo in casa con una domestica o con una badante, magari da vent'anni, costei sarà autorizzata ad avvalersi dei Pacs ledendo, per esempio, i diritti ereditari dei miei figli, sia che essi siano nati dentro o fuori un matrimonio? Chi è che stabilisce che il rapporto con quella domestica non era anche sentimentale? Il matrimonio civile ha il vantaggio di rendere esplicita la volontà della coppia. I Pacs fanno entrare i rapporti fra due persone di sesso diverso in una nebulosa in cui è possibile qualsiasi strumentalizzazione.

Diverso è il discorso per le coppie gay. Perchè costoro, a differenza di quelle etero, non hanno la possibilità di giuridicizzare i loro rapporti, di godere reciprocamente di diritti e doveri, sposandosi. Per loro, e solo per loro, i Pacs avrebbero un senso. Ma allora la cosa più semplice è legalizzare le nozze omosessuali, invece di istituire per tutti un isituto ibrido quando ce n'è già uno che è perfettamente adatto a esaudire le esigenze di una coppia che invece di vivere liberamente la sua unione vuole instaurare, ad uso interno ed esterno, vincoli, diritti e doveri, propri del matrimonio.

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