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Come muore un uomo

di Gianfranco La Grassa - 04/01/2007

 
Due parole sull’esecuzione di Saddam, uno degli avvenimenti più disgustosi degli ultimi tempi. Vorrei tuttavia esimermi da troppi commenti. Al di là di ogni giudizio, è ovvio che è morto un uomo, e non un quaquaraqua od ominicchio (secondo la ben nota distinzione sciasciana degli esseri umani) come quelli che siamo abituati a vedere tutti i giorni sullo schermo televisivo in questo povero nostro Occidente, che si dà tante arie di civiltà. Mi consento di citare, a mo’ di epitaffio, non giornali come “Il Manifesto” o “Liberazione” o altri del genere, ma nientepopodimeno che l’editoriale del “Giornale”: “Non so voi che leggete. Io sono stato molto impressionato dalla dignità e dal coraggio di Saddam Hussein mentre gli veniva calata sul collo la corda fatale”. Fra i commenti da citare in negativo, per la loro rozzezza e infamia, il premio va ai leghisti (ignoranti bestioni come al loro solito) e, per una sola incollatura, a Fiamma Nirenstein e Sgarbi.

Quel che si è visto perché ripreso di nascosto dal famoso cellulare non fa che ribadire il giudizio sul coraggio dell’uomo e sulla lucidità mantenuta sino alla fine. Si era tentato di accreditare che Saddam avesse lasciato un semplice messaggio finale di “messa in guardia nei confronti dell’Iran” (sembrava quasi un ultimo servigio reso agli americani dopo quelli degli anni ’80), mentre invece egli maledice energicamente i traditori iracheni (certo soprattutto sciiti) e proprio gli USA.

E’ difficile comprendere la razionalità di una simile esecuzione che non sembra affatto politicamente “intelligente”; tuttavia, a mio avviso, una razionalità esiste: rinfocolare l’odio tra le due parti del popolo iracheno. Visto che il paese è ormai ingovernabile e gli americani ci rimettono solo ingenti risorse e le vite dei loro soldati, l’unica mossa da tentare è quella di creare un solco profondo, una ferita difficile da rimarginare, tra sunniti e sciiti; la solita “tecnica” ben nota, che non serve a stabilire alcuna reale egemonia ma a creare comunque debolezza e caos nel fronte avverso. Si tratta di “tecnica” che tuttavia può anche rivelarsi un boomerang; e speriamo che in questo caso sia così, pur se non immediatamente.

Ricordo ancora che Saddam è stato tenuto in carcere sotto sorveglianza di truppe americane, tanto poco ci si fidava di lasciarlo in custodia a coloro che dovevano impiccarlo. Ci vuol tanto a capire chi è il vero mandante del processo e del resto? Sono gli stessi che ci hanno comandato di aggredire la Jugoslavia, di accompagnarli in Irak, di restare in Afghanistan, di inviare truppe in Libano, ecc. (magari, fra un po’, ci imporranno di “aiutarli” anche in Somalia).
Non ritengo vergognosi soltanto quelli che hanno espresso bestiale approvazione per l’esecuzione di Saddam, ma anche quelli che si scandalizzano della pena di morte “in sé”, e approfittano del fatto “increscioso” per fare bella figura – presso tutti i cretini e buonisti “di sinistra” – presentando all’ONU richiesta di moratoria circa tale pena. Il problema di fondo non è quest’ultima, ma il fatto che i vincitori – assassini massacratori di milioni di persone dalla seconda guerra mondiale (inclusa) in poi; senza dimenticare che quella nazione è nata da un genocidio, fatto passare per eroica epopea e, da allora, non ha fatto altro che promuovere guerre e sanguinose imprese coloniali – si permettano di mandare a morte i vinti, che magari hanno commesso eccidi del tutto inferiori e assai più “localizzati” (e legati spesso a guerre civili, insurrezioni, ecc. dove è spesso assai difficile giudicare i torti e le ragioni; e comunque, Saddam che aggrediva l’Iran per conto degli USA era nel “giusto”?).
Fino ad epoca storicamente recente, il vincitore magari ammazzava il vinto, ma senza tanta ipocrisia e finzione di processi “legali”. Oggi, questi dominanti imperiali sono veramente il Male Assoluto, e i loro servitori europei sono per certi versi ancora più disgustosi perché ipocriti. Cercano di salvarsi l’anima, condannando la pena di morte, ma dimostrano così di essere solo vili, infami, omuncoli. Non hanno nemmeno il coraggio di perseguire a viso aperto il Male; semplicemente lo servono, strisciando e cercando di lavarsi le mani, che restano tuttavia sporche di sangue tanto quanto quelle dei loro padroni americani.
Ultima notazione: disgusto e disprezzo per quegli ipocriti che inorridivano di fronte alle “selvagge” esecuzioni di Al Qaeda (con sgozzamento, che ammazza in pochi secondi); mentre è evidentemente assai civile l’impiccagione, con il “pietoso accorgimento” (parole di telegiornale; e mi sembra si trattasse del “sinistro” TG3) del foulard attorno alla gola per non procurare troppo male e non provocare escoriazioni. Che sentimenti delicati!

Si è scoperto che i conti pubblici italiani non sono affatto così disastrati come schiamazzava il centrosinistra andato al Governo e che, fin dall’inizio, aveva evidentemente in mente di far approvare una finanziaria pesantissima, composta in prevalenza di entrate (fiscali) e di poca riduzione di spesa pubblica, che per la più gran parte non serve a fornire servizi ai cittadini bensì a mantenere un pletorico personale, assunto (e che fa carriera) in base a criteri largamente clientelari e politici.
I conti pubblici vanno assai meglio di quanto “urlato” ai quattro venti, ma perché c’è stato un non previsto surplus di entrate (come al solito). Ridicolmente, il centrosinistra – che ha s-governato per poco più di metà del 2006 – pretende di avere il merito di questo “sorprendente” risultato (in realtà, lo si sapeva già da tempo, ma tutto era lasciato nella confusione per poter approvare la finanziaria). Difficile dire se il merito spetti al precedente Governo (ne ho molti dubbi), ma sicuramente non spetta a chi è in sella da così poco tempo. Inoltre, fa specie vedere destra e sinistra che fanno a gara per vantarsi di avere aumentato le entrate; e, ancor più, di avere migliorato “i conti”, disinteressandosi completamente dei veri problemi di una economia che si pretenderebbe fosse competitiva “sul piano globale”. Tante chiacchiere a vanvera, mentre l’attenzione è tutta concentrata sul solito Debito pubblico, il rapporto deficit/Pil, ecc., come vogliono i “contabili mondiali” (dal FMI alle autorità monetarie europee alle nefaste società di rating, ecc.). Buffoni e cialtroni della più bell’acqua!
Ancora una volta, la “sinistra” dimostra la sua stoffa intessuta di arroganza e incompetenza, tentando di far dimenticare il centro della questione: non c’era bisogno di una finanziaria così consistente. Erano necessari – pur inseguendo i “grilli” di questi signori relativi ai puri conti – si e no 10-15 miliardi di euro, non i 40 che ci hanno tolto. Tuttavia, non di sola incapacità si tratta; il Governo mentiva perché aveva bisogno di quei soldi per la complessa tramatura fatta di corruzione clientelare e di occupazione di ogni posto di potere, di sistemazione del proprio personale politico e intellettuale, di finanziamento di alcuni “grandi” imprenditori (tipo Montezemolo) affinché recitino la “giusta” (per la sinistra) parte in commedia, per aiutare i propri mandanti (tipo quelli del gruppo Intesa-San Paolo) a compiere – in accordo con, e sotto la direzione di, settori decisivi della grande finanza americana e dei suoi uomini nel sistema bancario e politico italiano – una complessa serie di concentrazioni finanziarie, atte a consolidare il proprio potere implicante il crescente asservimento italiano (utile anche al fine di mantenere quello europeo).

Il soporifero discorso di fine d’anno del presdelarep non è stato molto diverso da quello dei predecessori; semmai diciamo che siamo in progressivo peggioramento, come in ogni altra manifestazione della vita politica di questo disgraziato paese. Interessante comunque la reazione di destra e sinistra, che ci hanno mostrato ancora una volta il loro vero intento truffaldino. Si fanno quasi sempre l’un l’altra la faccia feroce, poi cambiano registro e si dimostrano “preoccupate” di non lacerare il tessuto della subordinazione del popolo alle loro trame, e a quelle dei loro mandanti economico-finanziari (interni ed esteri). Ogni loro azione è guidata dalla necessità di meglio imbrogliare le carte e di truccare i giochi. Adesso, sulla scia del discorso presidenziale, sembra venuto il periodo della “collaborazione”. Difficile che duri molto perché, come indicato da un odioso giornalista a nome Scalfari (che sostiene quanto i potenti gli “suggeriscono” di rivelare per preparare l’opinione pubblica), vi è bisogno di una vaselinosa dittatura alla democristiana (e Prodi che cos’è?), quella più confacente ai settori finanziari già sopra nominati.
La “povera” destra si illude; resterà a lungo fuori del potere sostanziale, perché il suo elettorato principale è proprio quello che la dittatura in questione ha oggi bisogno di bastonare per primo; gli altri – i lavoratori dipendenti – saranno tenuti sotto “la spada di Damocle” delle pensioni ecc., che non verranno al momento mutate; prima occorre rinsaldare la “morbida” dittatura di cui sopra. Intanto, però, gradualmente peggiorano comparti essenziali del sistema sociale; basta considerare l’aumento dei ticket sanitari e l’odioso balzello per il pronto soccorso, a puro arbitrio dei medici, giacché chi si sente male – salvo che non abbia un’unghia incarnata o qualche quisquilia del genere – non è in grado di valutare da che cosa dipende quel malessere per cui deve ricorrere alla suddetta prestazione.
L’unica speranza è che, in tempi medi (e sono già lunghi!), la popolazione manifesti una totale disaffezione per gli attuali schieramenti politici. Sia però chiara una cosa: questi “topi nel formaggio” non se ne andranno in punta di piedi, sommessamente, “gentilmente”. Occorre uno “scossone” di quelli “storici”, una sorta di violento terremoto sociale con “ondata anomala” in grado di sommergere tutti gli apparati dell’attuale politica (e del putrefatto ambiente culturale e massmediatico). Questo l’augurio più sentito per questo 2007; che sia un anno di avvicinamento alla resa dei conti finale, una sorta di O.K. Corral.

P.S.

Penso di dedicare i prossimi giorni al tentativo (non so se riuscirà) di ricostruire il complesso, e ultracontorto, affaire Arcelor-Mittal; non per il fatto in sé ma per gli insegnamenti che può dare circa l’attuale fase storica del capitalismo.