Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / I capricci del clima, i funghi della Sila e il pianeta che verrà

I capricci del clima, i funghi della Sila e il pianeta che verrà

di Sandro Marano - 19/01/2007

 
 
Quest’estate non ho potuto assaggiare i porcini, una delle carnose prelibatezze della Sila. “Sono due mesi che non piove!”, si lamentavano sconsolati albergatori e ristoratori. Ed anche i torrenti che accompagnano l’escursionista nelle sue passeggiate non “cantavano”, non avevano cioè la solita portata. E questo vale pure per i famosi laghi dell’asta silana l’Arvo, il Cecita e l’Ampollino. Qualcosa di analogo è accaduto nel Nord dove il Po ha fatto registrare preoccupanti minimi. Una “bizzarria” del clima ha, dunque, determinato pesanti ricadute economiche e turistiche.
Ma, ai primi rovesci autunnali, la cronaca quotidiana in Italia (e non solo!) ha registrato frane, smottamenti, interruzione di linee ferroviarie e di strade, allagamenti e danneggiamenti, eccetera. E tutto per qualche pioggia, si dice.  E no! Troppo semplice! Se il dissesto idrogeologico del Bel Paese non viene affatto contrastato, se la cementificazione - non soltanto quella abusiva - non viene arrestata, se si continua imperterriti - certo, nel mondo intero - a bruciare petrolio e a tagliare foreste, ci sono precise responsabilità politiche. Non curarsene, del mutamento climatico in atto col suo corteo di siccità ed alluvioni, far finta che il problema non ci sia o minimizzarlo, lamentarsene solo nelle emergenze, significa aver fatto già una scelta. Purtroppo una scelta miope, sbagliata, suicida.
A questo proposito non so quanti abbiano letto e, magari, meditato l’articolo a firma di Antonio Cianciullo apparso su Repubblica del 27 settembre 2006 col titolo fin troppo emblematico “Clima, sale la febbre del pianeta mai così caldo da un milione di anni”. C’è davvero da fa tremare le vene e i polsi, da far passare notti insonni. E penso, invece, di contro, ai governanti che hanno in mano le sorti della nostra Terra e che magari si gingillano con indici e statistiche economiche, con misure volte esclusivamente alla crescita, al mercato, al PIL.
Questa volta a lanciare l’ennesimo allarme sul riscaldamento globale e a mettere sotto accusa lo stile di vita delle società industrializzate è uno dei più quotati scienziati della Nasa (l’agenzia spaziale americana), il climatologo James Hansen.  Hansen va giù duro: siamo al picco nell’ultimo milione di anni! E prosegue:“l’ultima volta che la Terra è stata così calda, nel Pliocene, tre milioni di anni fa, il livello degli oceani era 25 metri sopra l’altezza attuale. Non tutti gli esseri umani hanno ancora colto la portata dell’evento che si prepara. Ma molti animali sì: nel corso della seconda metà del ventesimo secolo 1.700 specie animali e vegetali hanno migrato verso i Poli per fuggire dal caldo”.
Ancora qualche altro dato: le temperature sono aumentate maggiormente, attorno ai 2 gradi centigradi, dove sono concentrate le società industrializzate o in fase di vertiginosa crescita industriale come la Cina (il cui modello di recente ha ricevuto l’improvvido plauso del nostro Presidente del Consiglio!). In Italia l’aumento della temperatura è dell’ordine di 1 grado centigrado. Tra il 2001 e il 2005 l’aumento delle temperature è stato maggiore rispetto alla media degli ultimi trent’anni. E, ciliegina sulla torta, c’è la notizia apparsa con grande evidenza sul The Guardian circa le accuse mosse dalla Royal Society alla compagnia petrolifera Esso di aver distribuito 2,9 milioni di dollari alle lobby antiambientaliste per minimizzare i rischi legati al cambiamento del clima.
Scrive, dunque, allarmato e a ragione Cianciullo: “alla vigilia della conferenza sul clima di Nairobi cresce dunque la pressione della comunità scientifica, sempre più a disagio per la mancanza di risposte politiche alla minaccia del riscaldamento globale.”
Mi viene in mente l’ammonimento di Nietzsche: “siate fedeli alla Terra!”  No, non m’illudo che i politicanti possano prestare ascolto ai filosofi o agli scienziati. Nietzsche, gli scienziati, gli ambientalisti sono voci che gridano nel deserto. Forse solo i danni materiali che questo insensato modello di sviluppo comporta potrebbero indurre ad un ripensamento, a promuovere la decrescita. Ne sanno qualcosa gli stati maggiori delle Assicurazioni, che i danni dovuti al cambiamento del clima hanno dovuto necessariamente prendere in considerazione. In caso contrario i nostri figli “abiteranno” con difficoltà un pianeta assai diverso da quello che conosciamo e amiamo.