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Il doppio orrore di Erba

di Massimo Fini - 23/01/2007

 
L'orrore è arrivato dopo. E' arrivato domenica scorsa quando una folla allegramente festiva, di uomini, di donne, di coppie, di famiglie, di ragazzi, di ragazze si è riversata nella corte della mattanza di Erba la cui cancellata, in assenza di ogni controllo era stata aperta ai "visitatori". C'è la ragazza che, attaccata al cellulare, chiama le amiche che stan facendo la 'vasca' in centro: "Sbrigatevi, vi dico che hanno aperto, si vede tutto, anche il passeggino di Youssef, è una figata". Ci sono due distinti signori venuti dalla vicina Desio che, come racconta Marco Imarisio nella sua splendida e atroce cronaca sul Corriere, si guardano attorno rapiti: "Siamo fortunati. Non ci speravamo, ma è andata bene. Sarebbe stato un peccato essere venuti da Desio per niente". Un altro, col cellulare, chiama un amico o un'amica: "Vieni nella casa dell'orrore. E' troppo bello".C'è suor Domitilla che, appoggiata al tetto di una macchina, fa da guida a un gruppetto: "Dunque quello è il garage di Olindo, quindi, la stanza di sopra deve essere la cucina di Raffaella. Così si capisce tutto..." Ma c'è anche una ragazza che ha attaccato all'ingresso della corte un biglietto "per l'angelo Youssef volato in cielo". E' la stessa che grida 'stronza, puttana' a una signora, coinquilina del Romano e dei Castagna, Claudia si chiama, che è scesa di casa per pregare la gente di andare via. Gli altri, attorno, approvano , inviperiti con chi vuole privarli di questo spettacolino fuori ordinanza.

Chi è quella folla indecente ? Siamo noi. E' la stessa folla che, solo un pò più imboscata, ha guardato Matrix, dove veniva esibito Azouz Marzouk, il padre del piccolo Youssef, regalando alla trasmissione di Enrico Mentana uno share del 53%, il più alto della sua storia e forse di tutti i tempi. E' la stessa folla che appena accade una tragedia, come quella del piccolo Tommaso Onofri, si precipita in massa a portare fiori, bigliettini strappalacrime, si fa intervistare dalle Tv scatenate ("è come se fosse morto mio figlio"), ma che cova in cuore gli stessi oscuri sentimenti degli uomini, delle donne, delle coppie, delle famigliole, dei ragazzi, delle ragazze che facevano ressa nella corte di Erba e che i carabinieri han fatto fatica a disperdere. La folla che si commuove per la propria commozione. Che vuole sentirsi buona, monda, pura, tanto diversa dagli Olindo e dalle Rosa Romano. E invece è uguale. Anzi peggio. Perchè non ha nemmeno quel bestiale coraggio. La sua ferocia è tutta nascosta. Il suo marciume è mascherato. E' la folla che porta fiori e bigliettini svenevoli, che invoca la forca per gli assassini, ma che quando una ragazza viene stuprata nel pieno centro di una città gira la testa dall'altra parte e fa finta di nulla. E' una folla di voyeurs, morbosi e vigliacchi, che credono di essere perbene e hanno il cuore nero come la pece. Che se appena potessero, se fossero sicuri di non essere scoperti, se ne avessero il coraggio e la forza, farebbero più o meno le stesse cose che han fatto Olindo e Rosa Romano che del resto, prima di palesarsi, erano esattamente come loro, dei bravi, buoni, onesti cittadini italiani. E' la gente normale, che usa il cellulare, che guida la macchina, che guarda la Tv, che ha il compact, il Cd, il Dvd, che 'chatta' su Internet, che scrive nei blog, che spende lacrimucce per le telenovela e le soap opera. Siamo noi.

Negli anni Cinquanta, quando ero ragazzo, non eravamo così. Non eravamo un popolo di schifosi guardoni. Di gente che si commuove a comando se c'è l' 'evento'. Eravamo più sobri. Più pudichi. I sentimenti ce li tenevamo per noi. E le rare volte che li manifestavano, vergognandocene un poco, erano sinceri. E' stato il benessere a ridurci in questo stato? Non lo so. Vedo solo ciò che siamo diventati: orribili. Ma probabilmente il fenomeno non è specificamente italiano. Riguarda tutte le società cosiddette sviluppate. E forse aveva ragione Eraclito, il più profondo dei pensatori greci, quando affermava che il genere umano, nel suo progredire, non è destinato a migliorare, ma a peggiorare costantemente.